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Situazioni della probabilità e incertezza non misurabile secondo Knight

Hide details for Possibilità della conoscenza e natura della probabilitàPossibilità della conoscenza e natura della probabilità

(...) La principale fra le semplificazioni della realtà richieste per il raggiungimento della concorrenza perfetta è, come fu continuamente rilevato, l'assunzione di una pratica onniscienza da parte di ogni membro del sistema della concorrenza perfetta. (...) Poiché il profitto proviene dal fatto che gli imprenditori contrattano i servizi produttivi a saggi fissati in anticipo e si rimborsano per mezzo della vendita sul mercato del prodotto finito, la concorrenza per i servizi produttivi è basata sull'anticipazione. (...) Se tutti i mutamenti avvenissero secondo leggi invariabili ed universalmente conosciute, essi sarebbero previsti molto tempo prima della loro occorrenza, non sconvolgerebbero la perfetta ripartizione dei valori del prodotto tra le forze contribuenti e non si avrebbe profitto (né perdita). E' quindi la nostra imperfetta conoscenza del futuro che è una conseguenza del mutamento, e non il mutamento come tale, quella che costituisce il punto cruciale per la comprensione del nostro problema. (...)

Quello in cui viviamo è un mondo di mutamenti e un mondo di incertezza. Noi viviamo solo conoscendo qualche cosa del futuro; mentre i problemi della vita o almeno della condotta derivano dal fatto che noi ne conosciamo troppo poco. Questo è altrettanto vero degli affari come delle altre sfere dell'attività, L'essenza della situazione sta nell'azione derivante dall'opinione, più o meno fondata e valida, che non vi è ignoranza assoluta, né completa e perfetta informazione, ma conoscenza parziale. Se vogliamo comprendere il funzionamento del sistema economico, dobbiamo dunque esaminare il significato e l'importanza dell'incertezza. (...)

La differenza fondamentale, nel caso della vita animale o cosciente, è che questa può reagire ad una situazione prima che questa si concreti, essa può "vedere le cose future". (...).

Quello che la coscienza, come tale, deve fare, è un mistero che rimarrà sicuramente imperscrutabile. E' un fatto assolutamente ovvio che ovunque troviamo degli adattamenti complicati, troviamo pure la coscienza o almeno siamo costretti ad inferirla. (...) Ora, secondo la nostra personale esperienza, sappiamo che non si reagisce ad uno stimolo passato, ma all'"immagine" di un futuro stato di affari; secondo il comune buon senso poi la coscienza, e cioè l'"immagine", è presente ed operante ovunque gli adattamenti sono dissociati da uno stimolo immediato; sono cioè "spontanei" e preventivi. (...) Il ruolo della coscienza è di dare all'organismo questa "conoscenza" del futuro. (...)

La forma universale del comportamento consapevole è perciò l'azione intrapresa per mutare una situazione futura dedotta da una presente. Essa implica percezione e in aggiunta una duplice inferenza. Noi dobbiamo inferire quale sarebbe stata la situazione futura senza la nostra interferenza e quale mutamento sarà provocato dalla nostra azione. Fortunatamente o sfortunatamente, nessuno di questi processi è infallibile o veramente accurato e completo. Noi non percepiamo il presente come esso è e nella sua totalità, non inferiamo il futuro dal presente con un alto grado di sicurezza e non conosciamo neppure accuratamente le conseguenze delle nostre stesse azioni. In aggiunta si deve tenere conto di una quarta fonte di errore perché non realizziamo le nostre azioni nella precisa forma in cui esse sono immaginate e volute. La presenza dell'errore in questo procedimento (...) sembra essere una garanzia del carattere non meccanico [dei procedimenti stessi], poiché le macchine, genericamente parlando, non commettono errori. (...)

E' chiaro che per vivere con intelligenza nel mondo - vale a dire, adattare la nostra condotta agli eventi futuri - dobbiamo usare il principio che cose simili sotto qualche aspetto si comporteranno similmente sotto certi altri aspetti anche se esse sono molto differenti in ulteriori aspetti. Noi non possiamo fare una classificazione esauriente delle cose, ma dobbiamo prendere raggruppamenti vari ed instabili, secondo lo scopo od il problema prospettato, comparando le cose ora sulla base di una comune proprietà (modo di comportarsi) ora sulla base di un'altra. (...).

La maggior parte degli individui resta probabilmente sorpresa la prima volta che considera seriamente quale piccola parte della nostra condotta possa pretendere di basarsi sull'accurata ed esauriente conoscenza delle cose che ci concernono.

E' soltanto quando il nostro interesse viene ristretto ad un limitatissimo aspetto del comportamento di un oggetto, dipendente dai suoi attributi fisici di situazione (...), che si rende teoricamente possibile una sua esatta determinazione; ed è soltanto con una raffinata tecnica di laboratorio che si può realmente effettuare la determinazione. Le ordinarie decisioni della vita sono prese sulla base di "stime" di carattere rudimentale e superficiale. (...)

Le operazioni mentali per mezzo delle quali si prendono ordinariamente le decisioni pratiche sono molto oscure ed è sorprendente il fatto che né logici né psicologi abbiano dimostrato loro molto interesse. Forse (lo scrivente è di questa opinione) ciò deriva dalla circostanza che sull'argomento vi è realmente assai poco da dire. La profezia sembra essere molto simile alla memoria su cui essa è basata. (...) In genere noi "deduciamo" largamente dalla nostra esperienza complessiva del passato, quasi allo stesso modo con cui trattiamo problemi intrinsecamente semplici (non analizzabili) quali le stime di distanze, di pesi, o di altre grandezze fisiche, quando non si dispone di strumenti di misurazione (nota: A.Marshall nota che le decisioni dei dirigenti d'azienda sono guidate dall'"istinto allenato" piuttosto che dalla conoscenza). (...)

La precedente discussione sul ragionamento si riferisce all'inferenza ideale e completa basata sull'uniformità associativa dei predicati e formulabile in proposizioni universali. (...) Ma poiché vi sono grandi classi di casi in cui questo non si può realizzare scientificamente, le rudimentali operazioni del pensiero quotidiano non scientifico utilizzano comunemente quella forma (...) di "qualche X è Y" [;] tali generalizzazioni sono molto insoddisfacenti per una mente scientifica e praticamente senza utilità, a meno di non considerarle come un punto di partenza per ulteriori indagini. (...) Questo si ottiene accertando la proporzione numerica dei casi in cui X è associato ad Y, proporzione che genera il comune giudizio di probabilità. Se, ad esempio, il 90% di X è Y - se cioè quella frazione di oggetti caratterizzati dalla proprietà X rivela pure la proprietà Y - rispetto alla condotta il fatto può avere pressoché lo stesso significato che avrebbe se l'associazione fosse universale. (...)

Inoltre, il fatto può essere significativo anche se la proporzione non è approssimativamente del 100%, anche se è soltanto della metà o meno (...) la condotta in rapporto alla situazione relativa può essere intelligentemente ordinata. (...) Così nell'esempio riportato da von Mangoldt, lo scoppio delle bottiglie non introduce un'incertezza od un rischio nelle aziende produttrici di champagne; poiché, se durante le operazioni di ogni produttore scoppia una proporzione di bottiglie praticamente nota e costante, non ha particolare importanza se la proporzione è grande o piccola. La perdita diventa un costo industriale fisso ed è trasferita al consumatore (...). Anche se un singolo produttore non tratta (in un periodo sufficientemente breve di tempo) un numero abbastanza grande di casi da assicurargli una costanza di effetti, lo stesso risultato può essere facilmente realizzato attraverso un'organizzazione comprendente un elevato numero di produttori. Questo è evidentemente il principio dell'assicurazione (...). [C]ome è risaputo, lo scopo dell'assicurazione è quello di estendere questa base fino ad abbracciare le operazioni di un gran numero di persone e convertire la eventualità in un costo fisso. (...)

E' chiaro che le difficoltà pratiche di ordinare intelligentemente la condotta sono enormemente accresciute quando la inferenza è contingente invece di essere assoluta. (...) Dove il nesso [fra predicati] è occasionale, la dimostrazione della sua attendibilità è molto più difficile, senza contare che si aggiunge qui il problema di accertare la precisa proporzione dei casi in cui il nesso occorre. (...) Dobbiamo stimare non solo i fattori dati di una situazione, ma anche la probabilità che ognuno di essi, se presente nel grado assunto, induca una particolare conseguenza.

Per l'accuratezza logica ed al fine di comprendere i differenti generi di situazioni e i modi di trattarli in pratica, si deve tracciare un'ulteriore distinzione(...). Vi sono due modi fondamentalmente differenti per giungere al giudizio di probabilità della forma che fattori X siano pure fattori Y in una data proporzione numerica. Il primo metodo è quello del calcolo a priori ed è applicabile ed usato nei giochi di fortuna [esempio del dado perfetto] (...). Esso deve essere decisamente contrapposto al differentissimo tipo di problema in cui il calcolo è impossibile e la soluzione è raggiunta mediante il metodo empirico di applicare la statistica a casi specifici. (...) [I]l primo tipo di probabilità, matematico o a priori, praticamente non si incontra negli affari, mentre il secondo è estremamente comune. (...)

La differenza pratica fra la probabilità a priori e la probabilità statistica sembra dipendere dall'accuratezza della classificazione degli esempi raggruppati insieme. Nel caso dei dadi i lanci successivi sono assunti come "simili" ad un livello e in un senso che non si possono applicare ai differenti fabbricati esposti al pericolo del fuoco. In questo caso assistiamo indubbiamente ad uno sforzo costante da parte dell'attuario di rendere le sue classificazioni molto esatte e di ottenere, dividendo i gruppi in sottogruppi, la più grande omogeneità possibile, ma possiamo difficilmente concepire che questo procedimento possa essere spinto tanto lontano da rendere l'idea della probabilità effettiva applicabile ad un esempio particolare. (...) Il paradosso, che ci porta subito al centro del problema logica della probabilità, è che se noi avessimo gruppi assolutamente omogenei, dovremmo avere uniformità e non probabilità nel risultato, od anche che dobbiamo ripudiare il dogma della definitiva uniformità della natura, della persistenza cioè dell'identità delle cose. (...) [D]adi uguali ed egualmente lanciati cadranno in modo uguale. (..) Se fosse possibile misurare con assoluta certezza tutte le circostanze determinanti di un dato caso, saremmo forse in grado di predire il risultato di un caso singolo, ma è purtroppo evidente che molte volte non possiamo farlo (...) nelle tipiche situazioni assicurative, nelle probabilità cioè di morte o di incendio, e forse neanche nel caso delle scommesse. (...) La dottrina della probabilità, per essere valida, deve verosimilmente poggiare sulla naturale non-conoscibilità dei fattori e non semplicemente sul fatto dell'ignoranza [in nota: Il prof. Irving Fisher insiste particolarmente sulla interpretazione della probabilità come dovuta unicamente all'ignoranza]. (...) Ogniqualvolta si incontra una "deviazione" nei risultati, una divergenza cioè dalle previsioni fatte sulla base della teoria della probabilità, si assume la presenza di qualche causa [non conosciuta] non indifferente (...).

[anticipato da par.successivo] [L]a dottrina dell'ignoranza o della ragione insufficiente non può essere accettata da un'intelligenza normale. Noi non ci limitiamo ad avvertire di non conoscere la ragione per cui la moneta cade di testa o di croce; noi sappiamo in modo positivo che in merito non vi è nessuna ragione e soltanto per questo motivo riponiamo qualche fiducia nel giudizio di probabilità. (...) L'intera scienza delle probabilità è basata sull'assunto dogmatico che le alternative finali hanno realmente uguale probabilità, ciò che per lo scrivente importa indeterminatezza vera e propria. [fine anticipo]

E' interessante notare che le comuni applicazioni della probabilità ai giochi di fortuna importano qualche azione dello stesso organismo umano, l'estrarre, ad esempio, una carta dal mazzo o una pallina da un'urna dopo manipolazioni casuali (...), fatti questi che suggeriscono una connessione con quell'altro antico soggetto di discussione che è la libertà del volere. Se vi è realmente indeterminatezza e se la sua sede definitiva va ricercata nelle attività della macchina umana (o forse organica) si apre, in certo modo, la porta ad una concezione della libertà della condotta. Quando poi consideriamo il mistero del ruolo della coscienza nel comportamento e la ripugnanza che il buon senso prova per la teoria epifenomenica, ci sentiamo giustificati a discutere ulteriormente perlomeno la possibilità che la "mente" possa in qualche imperscrutabile modo promuovere l'azione. (...) Indubbiamente non si può provare che l'esatta distribuzione di tutti i coups delle ruote della roulette di Montecarlo non fosse potenzialmente presente in qualche luogo della nebulosa primitiva; in definitiva dobbiamo fare appello all'"intrinseca ragionevolezza", all'inveterata e necessaria preferenza, cioè, dell'intelligenza per la più semplice delle formulazioni che si conformi ai fatti. In merito possono certo esistere differenze di opinioni e a ciò non si può porre rimedio.

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Fonte [[Knight21:43-68]]

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