Oggi mi sono preso un'oretta per ascoltare
Muhammad Yunus videoregistrato durante l'incontro pubblico con il presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, tenuto a Milano il 2 marzo. Come tutti sanno Yunus, premio Nobel per la pace, ha fondato nel 1977 la Grameen Bank (la banca «del villaggio») per sostenere i poveri più poveri del Bengala, in particolare le donne, attraverso il microcredito senza garanzie. La Grameen, oggi diffusa in 57 Paesi, è diventata anche perno di un gruppo che va dalle telecomunicazioni alla sanità.
Yunus ha parlato del suo concetto di Social business: fare impresa per rispondere ai bisogni delle persone e rendere il mondo migliore.
Con gli occhiali del social business le cose si vedono (e si producono) diversamente. Non c’è obiettivo di profitto, ma si minimizzano i costi in modo che il prodotto o il servizio sia alla portata di chi ha poco da spendere in fuffa (confezione, pubblicità). I costi ritornano e una somma può essere spesa più volte, a differenza della beneficienza. C’è accountability. La tecnologia che abbiamo può risolvere i nostri problemi. Oggi è usata solo per fare soldi da imprese orientate al profitto. Questo limita quello che si può fare con le risorse e la creatività che abbiamo. Usiamola per rispondere ai bisogni in modo giusto al costo più basso senza esternalità negative (come esempio ha citato il progetto Grameen-Danone, dove ha spronato il colosso francese a confezionare lo yogurt arricchito di integratori nutritivi in materiale commestibile, come un cono gelato).
Basarsi sull’altruismo piuttosto che sull’egoismo, due forze entrambe presenti nell’uomo con la stessa forza, anzi: è la prima la più tenace e sorprendente. Yunus è un genio, perché da economista ha avuto il coraggio non solo di affermarlo (con la teoria dei giochi ripetuti o tristezze simili), ma di verificarlo personalmente. Il movimento del microcredito non è l'eden in terra, ha luci ed ombre, produce imitazioni sbiadite, ma è un'esperienza lì da vedere con ammirazione, che scuote molte certezze sullo sviluppo e dà motivi di speranza.
"Un mondo senza povertà" è il titolo del suo ultimo libro, il suo sogno. Sembrerebbe in contraddizione con il detto evangelico "I poveri li avrete sempre con voi", ma non è così. L'affezione dell'uomo per Gesù, che è il vero richiamo di quelle parole, non giustifica certo indifferenza per gli altri uomini, anzi, infiamma ancora di più il desiderio di bene dell'uomo, che è un bisogno incolmabile. Siamo tutti poveri in questo senso, lo saremo fino all'ultimo su questa terra. Da questo nasce l'operosità gratuita per rispondere al bisogno del prossimo, perché desideriamo un bene infinito, e perché lo riconosciamo reale, presente, ci fa, ci chiama, tutti, ogni momento. E' questo che ci unisce, rendendo naturale il gesto gratuito nei confronti dell'altro. Quando la cosa diventa consapevole e reciproca per molti la società, il mondo vanno davvero alla grande.
Perché parlo di questo? Perché ragionando sull'avvio del
business point, mi convinco sempre di più che la partenza deve essere totalmente gratuita. Potrà sfociare in attività professionali, ma non ci si deve muovere per fare business. Sarebbe facile approfittarsi del bisogno delle imprese in difficoltà, della diffusa ignoranza, o dei voucher pubblici che si potrebbero incassare. Ma così faremmo una cosa senza passione, senza creatività, senza musica.
Se i problemi delle persone non ci toccano, com-muovono, come potremmo vederli, non dico risolverli?
Luca