Gli uffici legali delle banche stanno lavorando pesantemente sulle convenzioni confidi. Non ce ne meravigliamo, con tutto quello che è successo e sta succedendo nel mercato del credito e della garanzia.
Come gruppo Smefin, con l'aiuto di Nicola e Gabriele Iuvinale, vorremmo avviare uno studio a 360° sul processo di revisione delle convenzioni. L'esigenza di rinnovamento nasce da due fatti principali (diamo per scontato il problema di adeguarsi a Basilea 2): (a) la disponibilità di controgaranzie del Fondo centrale a ponderazione zero, limitatamente alle garanzie confidi a prima richiesta; (b) l'avvio dell'operatività dei confidi 107 nell'erogazione di garanzie personali.
Abbiamo già parlato delle
linee guida ABI - Federconfidi del dicembre 2009, che assumono uno scenario di trasformazione dell’attuale operatività basata prevalentemente sull’utilizzo di fondi monetari in una basata:
- sul rilascio di garanzie personali, in particolare per i confidi “107”;
- sulla strutturazione di operazioni segmentate c.d. tranched cover con riferimento ai confidi sia “106” sia “107”.
Che cosa si sta facendo? C'è una priorità concreta, che è quella di rendere le garanzie confidi eleggibili per la controgaranzia statale a ponderazione zero; da notare qui il tentativo di adeguare anche le convenzioni con i 106, in modo da dotarle inequivocabilmente dei requisiti di escutibilità diretta, ovviamente se e soltanto se poi il Fondo centrale dà l'OK (e si assume la quota preponderante del rischio).
C'è poi la tendenza delle banche a distinguere con maggiore precisione che in passato le convenzioni con cap da quelle con garanzia personale piena e incondizionata.
Va benissimo occuparsi del nuovo, ma senza dimenticarsi di gestire con ordine l'interim tra il vecchio e il nuovo. Sono in essere molte convenzioni su garanzie sussidiarie appoggiate a fondi monetari (di solito, ma non sempre, cappate su detti fondi). Ora, queste convenzioni prevedono un cash collateral non segregato per banca, ma condiviso tra banche nell'ambito di classi di finanziamenti. Si tratta di una soluzione per massimizzare il moltiplicatore assumendo che il confidi sia sempre in grado di ripristinare un livello adeguato di fondi monetari. Cosa facile prima della crisi, ma certo non oggi, con tassi di default moltiplicati per x e molto differenziati tra banche e settori. In molte situazioni, il rischio di sforare il tetto massimo del moltiplicatore si è materializzato, e comunque i moltiplicatori congrui sono oggi più bassi che tre anni fa.
Ne deriva che la singola banca non riesce a valutare l'efficacia per sé della garanzia cappata, dato che non conosce il portafoglio complessivo e i comportamenti delle sue colleghe in caso di situazioni deteriorate. C'è poi il rischio di una corsa delle banche alle revoche/escussioni per essere pagate dal confidi prima che scatti il blocco per insufficienza del collateral.
Non so valutare la diffusione e la portata di queste situazioni, ma nei casi in cui si verificano abbiamo un problema, che andrebbe dipanato e risolto prima di introdurre la nuova contrattualistica. Cosa non facile, essendo coinvolte più banche, con risorse insufficienti a tranquillizzarle tutte. E' un aspetto di cui tenere conto quando si valuta l'impatto reale degli apporti di capitale ai confidi che alcune regioni stanno effettuando: potrebbero in alcuni casi essere consumati da esposizioni già deteriorate, e quindi indennizzare la banca su un contratto che non la tutelava da perdite eccezionali. Si può fare, basta saperlo e non lamentarsi se poi gli apporti non alimentano nuove erogazioni.
C'è però una trappola ancora più evidente: quella di fare un miscuglio nei nuovi schemi di garanzia personale inserendoci anche la copertura reale monetaria. Cioè, la banca chiede, oltre all'impegno del confidi a onorare le richieste di escussione fino all'intero ammontare dei crediti garantiti, senza cap, la costituzione di un pegno o un vincolo su attività finanziarie a proprio favore. Con questa tutela aggiuntiva, in caso di difficoltà del confidi, la banca sarebbe creditrice privilegiata. Ma se questa prassi si generalizza, il patrimonio disponibile per la copertura delle garanzie personali si svuota, e diventa impossibile dare un rating
unsecured al confidi.
Non a caso, la disciplina dell'adeguatezza patrimoniale prevede che le garanzie cappate (tranched cover) generino un requisito distinto pari alla perdita massima, che può essere coperto con fondi dedicati o dedotto al 100% dal patrimonio. Una logica di segregazione tra le due nature di garanzia, quindi.
Non mi meraviglio di queste convenzioni bicefale: del resto siamo il paese del diritto, o dei d(i)ritti, dove ci si affanna a costruire difese legali individualmente forti (sulla carta), ma sistemicamente fragili e foriere di litigiosità (nella realtà).
Non cediamo però alla tentazione delle garanzie-paciugo.
Penso che il collega Paolo Parini, doppiamente esperto (di confidi e di cose genovesi), sarà d'accordo con me.
Se la pensa diversamente, riceverò con interesse i suoi commenti, così come i vostri.
Luca