Sat 28 Feb 2009, 05:32 PM - Stampa
Da una news ANSA
(ANSA) - MILANO, 27 FEB - Marcegaglia chiede di introdurre un mediatore del credito sul modello francese, che controlli che le banche diano i soldi alle imprese. 'Chiediamo alle banche di accettare di emettere i Tremonti Bond', ha detto la presidente di Confindustria sottolineando che 'bisogna fare in modo che il credito arrivi alle imprese'. Proprio con questa intenzione si inserisce la proposta di inserire un funzionario della Banca d'Italia a livello locale, che vigili sull'effettiva trasmissione del credito.
La Presidente degli industriali indica come un esempio da seguire il modello francese del mediateur du crédit. Il decreto sui Tremonti bond parla di un osservatorio presso le prefetture, che potrebbe evolvere appunto in una struttura analoga a quella francese, che pure coinvolge le filiali territoriali della Banque de France.
Nel nostro piccolo qui a Trento stiamo partendo con il business point. Ho un primo caso da seguire. Sto imparando tantissimo. Entro marzo lanceremo pubblicamente l'iniziativa.
A proposito, il liquidity day promosso dal Governo si terrà giovedì 5 marzo, secondo Marcegaglia.
Luca
Fri 27 Feb 2009, 22.20 - Stampa
Dal Sole 24 ore:
Un sondaggio uscito stamattina, condotto dal sito specializzato eFinancialCareers.com, rivela che nonostante tutto i banchieri non hanno alcuna intenzione di rinunciare a bonus e salari elevati. Secondo il sondaggio il 49% dei banchieri lascerebbe il Paese se fossero imposti limiti ai bonus in contanti. La percentuale sale al 71% nel caso di banchieri con un'esperienza di 6-10 anni. Sarebbe quindi un vero e proprio esodo delle migliori "menti" del settore. Il problema però è che questi banchieri pronti a lasciare la Gran Bretagna non hanno molti posti alternativi dove andare in questa crisi ormai globale.
Alcune congetture sulle mete dei banchieri "non ci meritate":
  • i paradisi fiscali del canale della Manica;
  • un'isola greca come nel film Mamma mia a vivere dei bonus degli anni passati;
  • boutique finanziarie e hedge funds;
  • financial advisor del narcotraffico, per progettare contromisure al legal standard del Ministro Tremonti;
  • le piazze finanziarie emergenti di Cina, India, Russia, Brasile;
  • risk controller di un confidi 107;
  • task force permanente sulla Baseleggibilità delle garanzie 106 su un'isola greca, con distacco di amministratori di confidi che vogliono finalmente capirlo;
  • una rete di microcredito.
Qualunque sia la loro meta, auguro che trovino qualcosa che vale di più di quello che lasciano.

Luca
Fri 27 Feb 2009, 22.07 - Stampa
Dal Sole 24 ore, il rilancio di un progetto di cui parlai qui:
«Oggi ho firmato il decreto per far ripartire il progetto della banca per il sud». Sono le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenuto al congresso del Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo. «Al Sud - ha proseguito Tremonti - non c'è più una banca e quelle che ci sono, sono lì per portare via i soldi e non per reinvestire. Non è possibile che il Mezzogiorno non abbia una banca e che quelle che sono rimaste abbiano un flusso al contrario» dal Mezzogiorno verso il Nord del Paese. «Non c'è sviluppo economico - ha detto ancora il ministro - se non c'è una banca propria, è necessario crearla o creare una rete di banche per il Sud».
La banca avrà 5 milioni di capitale e vertici rinnovati rispetto al passato. Lo statuto dovrà prevedere che la Banca abbia necessariamente sede in una regione del Mezzogiorno d'Italia e che la composizione dell'azionariato sia in maggioranza privato e aperto all'azionariato popolare diffuso. Dovrà essere riconosciuta la funzione di soci fondatori allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni, alle camere di commercio e agli altri enti e organismi pubblici, aventi sede nelle regioni meridionali, che conferiscono una quota di capitale sociale. «Entro cinque anni dall'inizio dell'operatività della Banca - è scritto nel decreto - l'importo (i 5 milioni forniti dallo Stato, ndr) è restituito allo Stato, il quale cede alla Banca stessa tutte le azioni ad esso intestate ad eccezione di una».
5 milioni di capitale sono un viatico non determinante per una banca interregionale, per fare un progetto che non faccia sorridere la Banca d'Italia ce ne vorranno almento cinque volte tanti. Di questa nuova apprezzabile idea il mio 50% settentrionale pensa "Sperèmm".

Luca
Fri 27 Feb 2009, 10:12 AM - Stampa
Sto scrivendo il mio contributo alla ricerca sui confidi al Sud coordinata da ASR Mezzogiorno. Sono alle prese con le politiche di aggregazione, un vero rompicapo. Ad esempio, cercando su denaro.it la conferma di alcune notizie raccolte con interviste a direttori di confidi campani, mi sono imbattuto in due annunci, il primo è del 14 gennaio
E' partito da Napoli il roadshow di Fin.Promo.Ter per illustrare il piano realizzato dall'advisor Kmpg che punta alla trasformazione, nel 2010, in organismo vigilato della Banca d'Italia. Il confidi di secondo grado di Confcommercio ha tra i soci anche Confidi Pmi Campania presieduto da Lucio Donadio il quale ha organizzato la prima tappa dell'iniziativa di promozione delle attività e delle strategie future della finanziaria, pronta a raccogliere le importanti sfide imposte dalla trasformazione delle strutture che operano nel mercato del credito. A fare gli onori di casa e ad accogliere il presidente Giovanni Da Pozzo, il quale ha illustrato i traguardi del 2008 e gli obiettivi a medio e lungo termine della struttura, c'era il vicepresidente nazionale di Confcommercio con delega al Mezzogiorno Maurizio Maddaloni
Dunque, Confcommercio nazionale intende trasformare l'attuale confidi nazionale di 2°/3° grado, FinPromoTer, in un confidi 107 di secondo grado, al quale aderiranno i confidi affiliati all'associazione (come Confidi PMI di Napoli), molti dei quali rimarranno 106.
Ma ecco che il 13 febbraio esce un altra notizia:
Nasce il primo superconfidi regionale, composto da dodici consorzi locali, per "porre in essere, unitariamente, tutte quelle attività funzionali alla costituzione del Confidi Campania", consorzio di secondo grado previsto dalla legge regionale 40/2008. Lo si legge nell'atto di costituzione del raggruppamento temporaneo di imprese firmato a Napoli lo scorso 19 gennaio davanti al notaio Luigi Di Persia. L'obiettivo è quello di favorire lo sviluppo delle Pmi in un'epoca di crisi attraverso un più agevole accesso al credito, cosa possibile attraverso un irrobustimento del frammentato sistema dei consorzi fidi locali. I dodici soggetti sono espressione di oltre 11mila soci e insieme detengono un patrimonio netto di circa 20 milioni di euro e garanzie rilasciate per 130 milioni. Con questi numeri il superconfidi regionale può diventare intermediario finanziario vigilato dalla Banca d'Italia, ai sensi dell'articolo 107 del Testo unico bancario, qualifica particolarmente utile ai fini di Basilea 2. L'organismo, per il quale il Confidi Pmi Campania presieduto da Lucio Donadio ha il ruolo di capofila, intende promuovere la crescita ampliando la compagine sociale del superconfidi, sviluppando attività di controgaranzia ai soci e attività diretta in cogaranzia e svolgendo eventualmente un'attività diretta. "Quando ognuno fa la propria parte, le cose si muovono e il territorio può beneficiarne. La Regione Campania ha messo sul piatto 5 milioni di euro e noi ci siamo mossi.[...]
Leggo prima "raggruppamento temporaneo di imprese" e poi "con questi numeri il superconfidi regionale può diventare intermediario finanziario vigilato". Allora, il presente parla di una ATI - mi pare che si chiami RTS - per gestire una dotazione di fondi regionali. Il futuro potrebbe portare a un confidi di 2° grado regionale aperto a enti di ogni settore e dimensione. I 12 promotori formano una lista arcobaleno: Confidi Napoli, Creditart, Confcredito, Confidi Salerno, Confidi Pmi Campania, Impresa Confidi, Cidec, Artigiancredito, Agriconfidi, Consorzio Api Campania Fidi, Ascom Fidi Caserta, Campania Credito e Cooperfidi. In Campania i confidi sono 42, e molti soggetti importanti non hanno aderito. Come esperienza simile rammento ATI Prisma (Umbria) coordinata dalla finanziaria regionale Gepafin, ma lì l'adesione è stata pressoché totalitaria (buon vecchio centralismo democratico).
Cosa accomuna i due progetti? Il driver strategico è in entrambi i casi la disponibilità di fondi pubblici (legge Bersani sul commercio nel caso di FinPromoTer, legge 40/2008 della Regione Campania nel caso di RTS). Questo asset, prezioso oggi più di ieri, sarà rinforzato da un piano industriale solido e condiviso dagli aderenti? Ho seri dubbi, se i confidi di 1° grado applicano (come pare) la teoria dei due forni, servendosi da chi ha più farina.
Si può fare di più (senza essere eroi).

Luca
Fri 27 Feb 2009, 09:38 AM - Stampa
Cito dal denaro.it (quotidiano web della Campania molto presente sul tema del credito) la notizia dell'apertura della sede di Salerno del confidi Gafi sud (sito impraticabile per colpa di una micidiale animazione flash), promosso dall'Unione Industriali di Caserta, ma operante anche nelle province di Avellino, Benevento e Salerno, appunto.
Gafi Sud è una società consortile cooperativa a responsabilità limitata. Ha una base associativa di oltre mille soci, che contano complessivamente 15 mila 211 dipendenti e, in termini di fatturato, circa 2 miliardi 500 milioni di euro. Dal punto di vista strettamente operativo vanta un mediato "fidi in essere" per 120 milioni, con "garanzie in essere" per oltre 60 milioni. Una capacità operativa che può ancora essere moltiplicata per cinque, dal momento che Gafi Sud registra un rapporto garanzie nette-patrimonio pari al 16,66, a fronte di un accantonamento patrimoniale previsto dalla norme di vigilanza pari ad almeno il 6% dei rischi assunti.
Allora: garanzie nette / patrimonio = 16,66 volte => patrimonio/garanzie nette = 1/16,66 = 6%
Non è la prima volta che i media (vedi Corriere) riportano un'affermazione criptica sulla leva delle garanzie confidi. Cosa significa moltiplicare per cinque la capacità operativa? E aggiungo: anche senza moltiplicare per cinque l'operatività, un confidi può operare al Sud con un coefficiente di solvibilità a pelo sopra il minimo del 6%? A proposito, a Salerno opera il Confidi Salerno, sempre di emanazione Confindustria. Viva la concorrenza.

Luca
Fri 27 Feb 2009, 07:19 AM - Stampa
A pag. 27 del Sole 24 ore di oggi ho letto con interesse un articolo di Marco Bellinazzo, "Il corto circuito civilistico-fiscale rende difficile scaricare i mancati incassi". Le perdite attese su crediti possono essere dedotte entro un massimo dello 0,5% annuo del valore nominale fino ad una consistenza del fondo svalutazione non superiore al 5% (le stesse percentuali di quando ho fatto l'esame di scienza delle finanze nel 1977!). Queste le regole generali, derogabili nel caso di crediti già deteriorati, ma soltanto se si rispettano congiuntamente i criteri allo scopo definiti dal codice civile e dal testo unico sulle imposte. E' probabile che molte imprese debbano pagare tasse su ricavi non ancora incassati e che non lo saranno mai.
L'articolo però dice anche della possibilità di farsi finanziare dell'Erario sospendendo il versamento delle imposte e riparando nel giugno 2010 con il ravvedimento operoso: l'Agenzia delle Entrate è in questo caso una banca che fa pagare il 6% di tasso, comprese le sanzioni. Per molte Pmi è un buon tasso.
Con la crisi le imprese chiedono ai consulenti più aiuto sulla finanza, ma pur sempre condita di fiscalità.

Luca
Fri 27 Feb 2009, 06.20 - Stampa
Come riferisce il Sole 24 ore di oggi (articolo di Morya Longo in prima), gli investitori stanno correndo a investire in corporate bond. E' clamoroso l'importo emesso da Roche, gruppo farmaceutico svizzero, (vedi Bloomberg): $31md, per finanziare una parte della scalata ostile alla Genentech di San Francisco da $42,1md. La domanda dei nuovi bonds - $50md - ha ampiamente superato l'offerta.
Sul secondario, lo spread sul tasso dei treasuries chiesto dagli investitori per i bonds Roche scadenza 2013 si è ridotto di 30,5 basis points a 249. Lo stesso spread sui bonds 2016 bonds è sceso di 19,8 basis points a 279 mentre per le notes scadenza 2021 si è ristretto di 22,6 basis points a 338 ieri. Sono scesi anche gli spread sui credit default swap Roche, che ha un rating AA1 Moody's e AA- S&P.
Sento puzza di bolla settoriale, gonfiata da chi scommette sulla discesa dei credit spread rispetto ai livelli da panico di fine 2008 (i farmaci sono non cyclical consumer goods, meno esposti alla recessione). Però le azioni della società farmaceutica non andavano altrettanto bene, tanto che nei giorni delle maxi-emissioni hanno perso quasi il 10%. Strano. Allora è probabile che ci siano anche forti arbitraggi sulla sottovalutazione relativa dei bonds (e dei CDS) rispetto alle azioni: compro il credito e copro il rischio di impresa vendendo le azioni. Sono ancora loro, gli spigolatori dell'absolute return, erano 300, giovani e forti; i sopravvissuti sono tornati a cercare gloria. Forse mi sbaglio, ma la finanza pesudo-scientifica degli hedge funds muove ancora tanti quattrini. Mandiamoli tutti su un'isola greca a mungere le capre e disintossicarsi. "Ma cosa dici? Il loro contributo alla liquidità, la correzione delle imperfezioni del mercato, bla bla bla ..." Mi dispiace, non ci credo più.
Buona accoglienza anche per il bond Generali che sarà prezzato oggi (il mercato stima "solo" €750mn a uno spread sui tassi IRS dell'1,95% per rating A+). Sul secondario, i bond Finmeccanica emessi in dicembre con spread sull'IRS di 4,75% oggi sono trattati a 3,60%.
Cerchiamo di leggere anche un dato positivo nel calo degli spread sul rischio di credito delle imprese, segno non soltanto di correnti di trading, ma anche di una visione selettiva degli investitori stabili, preoccupati dell'ondata di emissioni da banche non ancora sanate e governi che le stanno generosamente aiutando.

Luca
Thu 26 Feb 2009, 06:13 PM - Stampa
Nassim Taleb vorrebbe una penale retroattiva per chi si è arricchito gonfiando la bolla. Il Presidente Obama si accontenta di aumentare il prelievo fiscale su chi, nonostante la crisi, guadagna tanto da finire negli scaglioni più alti di imponibile.
Feb. 26 (Bloomberg) -- President Barack Obama proposed almost $1 trillion in higher taxes on the 2.6 million highest-earning Americans, Wall Street financiers, U.S.-based multinational corporations, and oil companies, to pay for permanent breaks for lower earners.
The president’s 2010 budget proposal, released today, would reinstate the top two Clinton-era tax rates of 36 percent and 39.6 percent in 2011, up from the 33 percent and 35 percent that the wealthiest Americans currently pay. It would also raise taxes on capital gains and dividends to 20 percent for top earners, up from the 15 percent established by former President George W. Bush in 2003.
La mia aliquota marginale è più alta del 39,6%. Sono lusingato, anche se farebbe piacere che la compagnia degli highest-earning Italians (per il fisco) fosse in proporzione numerosa come quella degli highest-earning Americans.

Luca
Thu 26 Feb 2009, 11:14 AM - Stampa
Una circolare di Unioncamere del 24 febbraio conferma quanto anticipato qui:
Il CNIPA ha comunicato al Ministero dello Sviluppo Economico il sito internet sul quale sono pubblicate e rese accessibili, a partire dal giorno 16 febbraio 2009, le specifiche tecniche del formato XBRL nella versione italiana che è il seguente:
http://www.cnipa.gov.it/site/it-IT/Normativa/Tassonomia_XBRL/
Di conseguenza, l'obbligo di adottare le modalità di presentazione nel nuovo formato elettronico si applicherà ai bilanci relativi agli esercizi che si chiuderanno successivamente a tale data e, quindi, solo a partire dalla seconda metà dell'anno in corso.
Si fa presente che l'associazione "XBRL Italia" ha in corso di preparazione altre tassonomie, tra le quali quella relativa alla nota integrativa, che saranno rese disponibili una volta conclusa la fase di analisi e di valutazione da parte dei soggetti interessati.
L'obbligo quindi slitta, per le aziende che chiudono il bilancio al 31/12, al prossimo anno. C'è tempo per prepararsi, e anche per oliare i processi di comunicazione tra i molteplici attori che, in via ufficiale o ufficiosa, approvano, convalidano, notificano, promulgano e pubblicano su web la tassonomia XBRL. A proposito, la versione che il CNIPA ha pubblicato sulla pagina suddetta non è aggiornata all'ultima versione approvata dall'OIC. Spero che si provveda ad aggiornarla quanto prima, e ad ufficializzare il passo, ma soprattutto spero che a regime la tassonomia stia anche su un sito tecnico dell'Associazione (sito che è ancora da sviluppare), insieme con le versioni in fase di sviluppo e tanti altri materiali utili alla comunità degli utenti di XBRL. Nell'era del web 2.0 è quantomeno inattuale gestire un progetto informatico (tale è la tassonomia XBRL) con una pagina statica messa in un sito istituzionale.
Letto a posteriori, l'iter di approvazione del formato XBRL sembra pensato come una prova a staffetta di Giochi senza frontiere: un percorso su piste saponate, pareti da arrampicata, tunnel bui, scansando oggetti lanciati da personaggi variopinti. Ci voleva anche qui un Gennaro Olivieri a dirimere gli intoppi (o almeno un Guido Pancaldi).

Luca
Thu 26 Feb 2009, 06:00 AM - Stampa
Il Financial Times di ieri ospita un articolo di Nassim Taleb, How bank bonuses let us all down, da cui cito le conclusioni:
Indeed, the incentive system put in place by financial companies has produced the worst possible economic system mankind can imagine: capitalism for the profits and socialism for the losses.
Finally, I was involved in trading for 21 years and I can testify that traders consciously play the free option game. On the other hand, I worked (in my other job as risk adviser) with various military organisations and people watching over our safety. We trust military and homeland security people with our lives, yet they do not get a bonus. They get promotions, the honour of a job well done and the disincentive of shame if they fail. Roman soldiers signed a sacramentum accepting punishment in the event of failure. This is prompting me to call for the nationalisation of the utility part of banking as the only solution in which society does not grant individuals free options to look after its risks.
No incentive without disincentive. And never trust with your money anyone making a potential bonus.
Luca
Wed 25 Feb 2009, 03:36 PM - Stampa
La Financial Services Authority, supervisore unico del settore finanziario e assicurativo in UK, fatica a trovare il passo nello scenario post crisi. Prima applaudita, e poi aspramente criticata, per il "tocco lieve" dei suoi controlli, la FSA intende oggi consentire alle banche inglesi di operare con solvency ratios appena sopra i minimi di Basilea: 4% di core tier 1 e 6-7% di tier 1. In questo modo si eviterebbe la raccolta di mezzi freschi in una situazione di mercato in cui gli investitori fuggono dal rischio azionario delle banche inglesi. Sarebbe quindi una doverosa correzione anticiclica.
Il mercato la pensa diversamente, specie quando gli arrivano notizie come questa: il gruppo Lloyds espone nel bilancio 2008 perdite per £10md. Il requisito di tier 1 che il mercato chiede con quest'aria è almeno il 10%.
Qualche tempo fa il Presidente della FSA, Adair Turner, aveva invocato un inasprimento dei requisiti per il rischio di mercato (vedi news di Risk) buoni per l'epoca in cui nei portafogli c'erano solo titoli di Stato e derivati plain vanilla, ma oggi troppo bassi.
E' dura progettare politiche di disaster recovery quando il disaster è già avvenuto.

Luca
Wed 25 Feb 2009, 02:59 PM - Stampa
Da una news ASCA
(ASCA) - Roma, 19 feb - Il 2 e 3 marzo prossimi si terra' al ministero dell'Economia il 'Credit and liquidity day' per discutere e analizzare con gli operatori il flusso di credito e le loro esigenze. Lo ha annunciato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a margine della presentazione del libro di Massimo Gaggi, 'La valanga'.
All'appuntamento sono invitati ''banche, industrie grandi e piccole, artigiani, commercianti. Presenteremo i dati che stiamo raccogliendo in questi giorni sul credito e sentiremo gli operatori. Tremonti ha anche annunciato ''sorprese'' nelle presenze.
Il responsabile dell'Economia ha sottolineato le due finalita' che persegue il governo: ''La coesione sociale, attraverso adeguati ammortizzatori sociali, la tenuta del sistema produttivo''.
Se il Ministro voleva stuzzicare la curiosità, ci è riuscito perfettamente.
Luca
PS 28/2: Il liquidity è stato spostato al 5 marzo
Wed 25 Feb 2009, 12:57 PM - Stampa
In seconda del Sole di oggi c'è un'intervista a Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi, ripresa da questa news:
ROMA (MF-DJ)--"Ben vengano i Tremonti bond, se sono uno strumento efficace per aumentare la liquidita' nel sistema bancario e ridurre il costo del credito".
Ad affermarlo e' Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi, il quale specifica, in un'intervista al "Sole 24 Ore", la necessita' che essi soddisfino due requisti: "la riservatezza su chi utilizza questo strumento", in quanto gli istituti che ne fanno uso potrebbero essere penalizzati da un' "informazione fuorviante", e inoltre "il ricorso ai fondi pubblici non deve voler dire l'ingresso della politica nelle banche e magari cambi di management".
Bellotti denuncia, in merito all'iniezione di liquidita' promessa dal Governo sui Confidi, che "sui 450 mln di euro che dovevano rafforzare il Fondo di garanzia ne sono arrivati pochi. Ai Confidi industriali, solo 71 mln di euro: una cifra che ci permette di essere operativi fino alla meta' dell'anno".
Il presidente di Federconfidi specifica inoltre che e' stato registrato un aumento della domanda, e auspica interventi maggiori da parte del Governo, incluso il varo, previsto nel decreto, della "ponderazione zero, cioe' la garanzia in ultima istanza da parte dello Stato".
Nell'intervista Bellotti precisa che su €950md di credito alle imprese, la parte garantita dai confidi supera di poco €20md, ma è appunto in forte aumento.

Luca
Wed 25 Feb 2009, 12:40 PM - Stampa
Cito da un articolo di Paolo Savona sul Foglio di oggi
Da una relativamente piccola cosa, i mutui subprime, si è arrivati a una crisi sistemica della finanza e questa si è estesa all’economia reale, che già da tempo manifestava scricchiolii, per le carenze nell’offerta di energia e beni alimentari, che aveva spinto l’inflazione alle stelle, e per l’eccesso di produzione dei beni di consumo durevole (auto, elettrodomestici, high tech, arredi e gadget di ogni tipo), che spingeva verso la deflazione. In queste condizioni fare la media dei saggi di sviluppo o di inflazione non significava un bel nulla e, forse, ha confuso le idee ai governanti e ai governati.
Di conseguenza, il rischio di impresa si è innalzato e le banche non sono più in grado di assorbirlo. Proprio ieri il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha sottolineato che questo è il problema, ma non ha chiarito che esso non consiste nella riscoperta dell’esistenza del rischio dopo l’ubriacatura della finanza facile, quanto nel dilemma di chi lo deve prendere in carico e come. La proposta in corso nei vari summit e nelle scelte finora fatte a livello nazionale è: nazionalizzare le banche e assistere le imprese in difficoltà. La mia opinione è che invece lo strumento da attivare in modo consistente sia la concessione di garanzie statali per la riapertura dei canali del credito a costi accessibili (in breve, un Confidi statale), che le sole riduzioni dei tassi dell’interesse, né tanto meno le esortazioni e le minacce, non sono in condizione di attivare. Ciò consentirebbe di attenuare e forse far svoltare la caduta produttiva, riducendo il rischio di impresa, restituendo serenità alle banche e inducendole a riaprire i canali del credito; si creerebbe così reddito per assorbire almeno un quota delle perdite e si rivitalizzerebbero le quotazioni di Borsa con effetti positivi sul risparmio e sugli investimenti. Tutto ciò costerebbe molto meno allo stato, tenendo lontani gli appetiti politici sulle nazionalizzazioni.

Luca
Tue 24 Feb 2009, 10:26 AM - Stampa
John Waters, editorialista dell'Irish Times, ha scritto per ilsussidiario.net due interventi sulla crisi del suo paese. Cito un passaggio.
Questo è il contesto in cui abbiamo “vissuto oltre i nostri mezzi”: abbiamo perso la relazione tra impegno e ricompensa, tra lavoro e soddisfazione. Non penso che l’avidità sia il problema: avidità è solo un termine peggiorativo, ideologico per il desiderio che non comprende se stesso. Il vero problema è che le nostre economie sono state smontate e rimesse insieme nel modo sbagliato, più al servizio di una economia truccata che come strumenti e condizioni per il lavoro umano. Noi, a nostra volta, siamo rimasti affascinati da questo linguaggio e abbiamo dimenticato il vero significato della vita.

Luca
Tue 24 Feb 2009, 09:57 AM - Stampa
Il mio post sulla crisi della Banca Popolare di garanzia ha attirato una striscia di commenti lunga e animata (per non dire animosa, e troppo spesso anonima). Ho tenuto a precisare che aleablog non è una micro-gogna mediatica per attacchi alle persone che possono avere sbagliato nel definire la strategia della Banca o nel controllarne l'esecuzione. Il problema non si riduce agli errori personali, ma ha radici nel bias, nello sbilanciamento che caratterizza da anni il dibattito sull'evoluzione del sistema della garanzia collettiva (106, 107 confidi, 107 spa, banche di garanzia confidi o popolari, ecc.).
Con rare eccezioni, le persone con responsabilità di rappresentanza nel sistema confidi, al centro e in periferia, esibiscono un nobile disinteresse per la materia tecnica. L'analisi dei costi/benefici e della fattibilità economica è spesso rimpiazzata da affermazioni di principio (sia pro, sia contro il cambiamento), annunci a effetto (pensiamo al piano di maxi-confidi tra Piemonte, Lombardia e Sardegna di due anni fa), difesa di posizioni, richieste di aiuti finanziari pubblici. Il livello politico - lobbistisco ha praticamente silenziato la riflessione tecnica in pubblico (ma spesso anche in privato) sui meriti strategici, gestionali, mutualistici delle diverse scelte.
In un contesto del genere non è una sorpresa che partano dei progetti industriali non sostenibili.

Luca
Sun 22 Feb 2009, 03:04 PM - Stampa
Il blogger senza nome di Finem respice (mia recente scoperta) è molto critico sulla proposta di insigni giuristi USA volta a generalizzare il cram down nelle procedure esecutive contro i mutuatari insolventi. Il cram down è una transazione con la quale si impone una ristrutturazione del debito (con perdita secca per la banca) evitando l'escussione dei beni del debitore. Il procedimento non è vessatorio per il creditore se il giudice dimostra che in caso di liquidazione le perdite sarebbero state maggiori. L'istituto è stato recepito nel nostro concordato preventivo (vedi paper del rimpianto Flavio Aldrighetti, nel senso che non lavora più qui, di salute sta benissimo).
Secondo finem respice questo tipo di soluzione alla crisi si presta a pericolose manipolazioni populistiche e toglie alle banche l'unico punto di appoggio solido della valutazione del rischio di un mutuo (prestito che negli USA è di fatto non recourse, nel senso che la casa è tutto quello su cui la banca può rivalersi).
Anche Roubini in una recente video intervista giudica inattuabile il cram down, ma per motivi opposti: è una procedura giudiziaria farraginosa che può durare anni, per prevenire vendite coattive di massa serve una remissione del debito di massa. A conferma del motto secondo cui un debito pesante è un problema dell'obbligato, ma un debito esagerato è un problema della banca.

Luca
Sun 22 Feb 2009, 02:51 PM - Stampa
Sul sito della BBC trovate delle suggestive grafiche sui grandi numeri della crisi, come questa:
.

Un trillion sono 1.000 miliardi.
Luca
Sun 22 Feb 2009, 07:39 AM - Stampa
Un altro passaggio dall'intervento di cui parlavo qui:
Ma, soprattutto nei sistemi bancari solo marginalmente appesantiti dall’eredità del passato, occorre ricreare le condizioni per lo sviluppo futuro. Si potrebbe considerare, analogamente a quanto in alcuni paesi si prevede per i titoli “tossici” esistenti, l’emissione di garanzie pubbliche sulle senior tranches di insiemi di nuovi crediti: trattenuta sui propri bilanci una parte del rischio, le banche potrebbero più agevolmente collocarli sul mercato, ridando vita a un importante canale di finanziamento oggi inaridito.
Marco Onado in un commento in prima del Sole 24 ore di oggi appoggia la proposta. Fino sei mesi fa, anch'io ero un fervido sostenitore delle cartolarizzazioni coperte da garanzie pubbliche sulla tranche super senior, tant'è che ho proposto al gruppo di lavoro ministeriale sulle garanzie di inserire una protezione del genere nel nuovo fondo centrale per le Pmi. Il mio entusiasmo si è smorzato quando ho visto il settembre scorso crollare AIG, il gruppo assicurativo americano che vendeva protezione sulle CDO tripla A. Ho scritto un libro sui modelli di portafoglio per i crediti, ma con l'incertezza che c'è sul picco futuro dei tassi di default non me la sento di venderli oggi come guida sicura per stimare la tranche di prima perdita "giusta" che rende infinitesimo il rischio della senior. Un portafoglio con rischio senior garantito può diventare una spugna delle esposizioni con rischi estremi di perdita inattesa. Che cosa dice la penultima invocazione del Pater noster?
Meglio che la distribuzione di probabilità delle perdite rimanga integralmente caricata su chi assume il rischio, comprese le code: il rischio di credito sulle banche e su eventuali garanti; il rischio di impresa sulle imprese (vedi iCash), con il supporto di bilanci adeguatamente liquidi e capitalizzati (dopo l'opportuna pulizia). La recessione si combatte alle Termopili, ranghi serrati e spirito di corpo, non con una serie di corridas con i banderilleros, i picadores e Giulio Tremonti nel ruolo di matador.
Per quanto complessi (detesto gli arzigogoli degli strumenti di capitale innovativi, ibridi, convertibili e subordinati), vedo con maggior favore i Tremonti-bond, oggi in prima pagina su tutti i quotidiani. Ne ha parlato anche Draghi al Forex
Ho già detto altrove che l’approccio al rafforzamento patrimoniale delle banche deve essere pragmatico: le banche devono adottare tutte le misure necessarie e cogliere tutte le occasioni opportune. Alcuni gruppi hanno già cominciato ad agire con la dismissione di attività non essenziali, con la destinazione degli utili al rafforzamento del capitale, con il ricorso al mercato.
Saranno presto disponibili, con il perfezionamento dei provvedimenti attuativi, i fondi pubblici previsti dalla legge n. 2 del 2009. Anche in proficuo dialogo con il sistema bancario, gli strumenti offerti dallo Stato sono stati affinati, nei margini concessi dalle regole comunitarie, al fine di offrire una gamma di strumenti adattabile alle esigenze di ciascuna banca o gruppo.
Se i fondi messi a disposizione dallo Stato sono di dimensione adeguata, se le condizioni che accompagnano gli interventi sono ragionevoli e concrete, tese a ottenere l’obiettivo, senza ingerenze amministrative nelle scelte imprenditoriali, non si esiti a utilizzarli.
Senza dimenticare aiuti più spartani (appunto), pure ricordati dal Governatore, come la piena deducibilità fiscale delle rettifiche per default (oltre il limite attuale dello 0,3% dei crediti).

Luca
Sun 22 Feb 2009, 07:16 AM - Stampa
Roubini, alias Mr Doom, è l'economista più conteso dai media dopo la crisi. Tra le nuove idee che sta portando al dibattito sui piani di salvataggio, spicca la proposta di nazionalizzare le banche USA, metterle in ordine e rivenderle, come ha fatto la Svezia negli anni '90. Ne parla in questa intervista al Wall Street Journal e in quest'altra (con video) su Bloomberg.

Luca
Sun 22 Feb 2009, 06:57 AM - Stampa
L'Irlanda, già celtic tiger, paese del miracolo economico, è sull'orlo del doppio default delle sue maggiori banche e dello Stato. Come è potuto succedere? Il Paese è stato letteralmente inondato di raccolta bancaria dall'estero (€1.000md quasi quanto la Spagna che ha una popolazione 10 volte più grande), che ha finanziato il boom immobiliare. Ma a differenza degli USA, i cattivi debitori non sono le famiglie (a Dublino chi non ce la fa con la rata non manda le chiavi di casa alla banca e se ne va, ma tira la cinghia), bensì i costruttori, che hanno catturato banche all'ingrosso come quella di cui parla questo articolo del Wall Street Journal Europe
Anglo Irish Bank Corp. was once the pride of Ireland, the “ builders’ bank” funding much of the construction craze that symbolized the country’s economic emergence. Now, it is a national disgrace that has pushed the government’s approval rating to lows, scarred the reputation of Ireland’s banking system and prompted investigations by two Irish agencies and lawmakers. Seized by the Irish government last month, the Dublin bank has disgorged scandal after scandal, including €87 million ($109.2 million) of undisclosed loans to its chairman, Sean FitzPatrick, that prompted his resignation in December.
Anglo Irish has become Ireland’s favorite soap opera. Friday, the bank will release its annual report and the government will disclose pieces of a confidential PricewaterhouseCoopers report into the state of the bank’s affairs before its nationalization.
The reports are expected to contain details of loans to Mr. FitzPatrick and other directors, as well as transactions between Anglo Irish and another bank that artificially inflated Anglo Irish’s deposits, according to people familiar with the matter. Those transactions last week caused the ouster of the chief executive and two other officials of the second bank, Irish Life & Permanent PLC. But most watched will be what have become known in Ireland as the “golden circle” loans—€300 million Anglo Irish lent to 10 individuals to buy Anglo Irish shares.
The Irish financial regulator said the loans were “nonrecourse.” That means the bank can only lay claim to the collateral backing the loan, not the borrower’s other assets. An Anglo Irish spokeswoman said no bank executives would comment. [...]
Up until last year, Ireland was one of Europe’s biggest success stories. Economic reforms in the 1990s lowered corporate tax rates, and the government wooed big foreign firms with subsidies and touted the low-cost, well-educated, Englishspeaking work force. They came and invested in the manufacturing base. Salaries jumped, and the Irish put their new money in houses, driving a decade-long real-estate bubble. To fund all this, foreign banks pumped money into Ireland; as of Sept. 30, foreign banks had more than $1 trillion of outstanding lending to Ireland, according to data from the Bank for International Settlements. That compares with $1.2 trillion in foreign-bank lending to Spain, which has 10 times Ireland’s population.
Anglo Irish relied heavily on this wholesale borrowing, which ground to a halt when the credit markets seized last fall. That was one of the reasons it got in trouble. The other was that it played vigorously in real estate. With Ireland’s boom came demand for houses and offices. Dense plots of houses bloomed in Dublin’s commuter belt. The city authorized the development of hundreds of thousands of square meters of office space in the once-disused docklands area at the mouth of the River Liffey.
Anglo Irish, with little retail presence, concentrated its real-estate lending on the developers throwing up projects. That left it particularly exposed: Irish personal mortgages are typically recourse loans; unlike in the U.S., Irish homeowners with a mortgage that exceeds the depleted value of the home can’t mail the keys to the bank and walk away. That has kept foreclosure rates relatively low. By contrast, bad loans to developers have mounted.
In its 2008 fiscal year, Anglo Irish took a €724 million charge for loans and advances to customers, compared with €82 million in the prior year. In recent years, Anglo Irish has reported that more than 90% of its loans were secured by real estate. In its filings, the bank said its loans were generally secured by multiple assets, but that was of little help when the value of practically everything was falling at once.

Luca
Sat 21 Feb 2009, 12:14 PM - Stampa
La qualità del credito bancario sta risentendo della recessione. Dal terzo trimestre dell’anno scorso il flusso di nuove sofferenze è in rapido aumento. Il rapporto tra nuove sofferenze e impieghi si è portato nell’ultimo trimestre dell’anno sul valore più alto dal 1999, se si esclude il picco toccato nello stesso periodo del 2003 a seguito del fallimento di Parmalat. Il deterioramento è continuato nel gennaio di quest’anno, quando il valore complessivo del debito della clientela entrata in sofferenza è risultato superiore del 70 per cento rispetto a un anno prima.
Vi è un importante elemento di robustezza del sistema: in Italia l’indebitamento privato è considerevolmente inferiore a quello di altri paesi. Per le imprese, il rapporto fra debiti finanziari e prodotto è pari al 75 per cento; la media europea è più elevata di circa 12 punti. Il leverage delle imprese italiane è oggi di sette punti più basso che all’inizio degli anni novanta, alla vigilia della precedente recessione; è maggiore rispetto ad allora il grado di copertura degli oneri finanziari con le fonti interne di finanziamento. Per le famiglie, i debiti finanziari, benché cresciuti rispetto al passato, sono il 49 per cento del reddito disponibile, contro oltre il 90 dell’area dell’euro, il 150 circa del Regno Unito e degli Stati Uniti. [...]
Mantenere un’offerta adeguata di credito preservando al tempo stesso criteri sani e prudenti di erogazione dei prestiti: questa è la sfida per il sistema bancario nel 2009.
Potete scaricare l'intero discorso qui.

Luca
Fri 20 Feb 2009, 07:19 AM - Stampa
A pag. 29 del Sole 24 ore di oggi trovate un lungo articolo-intervista con Alessandro Castellano, AD di SACE, gruppo che assicura crediti all'export posseduto al 100% dal Tesoro. Tempo fa ne abbiamo parlato qui, ricordando che gli interventi SACE a favore delle imprese esportatrici sono coperti dalla garanzia di ultima istanza dello Stato. Nell'articolo di oggi, Castellano propone di ampliare gli interventi della SACE: garantire i crediti della case automobilistiche verso i concessionari auto italiani, smobilizzo dei crediti verso la PA o fidejussioni alle imprese che li vantano, fino ad arrivare ai finanziamenti per cassa alle imprese. Per l'AD di SACE le risorse ci sono. Il gruppo ha girato al Tesoro negli ultimi quattro anni €1,4md di dividendi (non sarà facile ripeterlo con questa economia, aggiunge).
Seguirò con interesse gli sviluppi di questa strategia ambiziosa. Mi domando che cosa ne pensa l'azionista di controllo, molto cauto nello spendere la propria garanzia sul altre partite.

Luca
Fri 20 Feb 2009, 06:47 AM - Stampa
Dal Sole 24 ore
Le imprese non riescono facilmente a ottenere liquidità dalle banche. Così la presidente degli industriali Emma Marcegaglia, da Foggia, propone di bloccare per un anno in azienda i versamenti per i Tfr, i trattamenti di fine rapporto. «Si potrebbe - ha detto Marcegaglia - arrivare alla decisione che per un anno i flussi di Tfr non vadano all'Inps, ma vengano tenuti all'interno delle imprese». Oppure i flussi del Tfr potrebbero servire a «creare un fondo di garanzia che aiuti il sistema del credito alle piccole e medie imprese». È una delle proposte lanciate dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, per superare la crisi economica in Italia.
La proposta ha raccolto qualche perplessità di Tremonti, mentre piace ai sindacati. Alcuni fondi di categoria sarebbero disponibili a destinare gli apporti a crediti verso le imprese o fondi di garanzia.
Sulle destinazioni prese dal TFR (fondi pensione, fondo INPS, ritenzione in azienda) e sulla sfida tra i rendimenti del TFR e dei fondi pensione leggete questo articolo di Marco Lo Conte. Coi mercati finanziari che ci ritroviamo dalla crisi in poi, il TFR vince, ahimé. Tra gli sconquassi della crisi temo che si arriverà a ridiscutere i meriti della previdenza integrativa privata.
Sulla proposta di Confindustria mi permetto di dire questo: c'è già abbastanza confusione. Sappiamo che i debiti per TFR verso i dipendenti sono garantiti in caso di fallimento del datore di lavoro da un fondo INPS. Se servono delle risorse garantite dallo Stato per sostenere la liquidità delle imprese è meglio che arrivino per via diretta, senza creare giri intricati tra imprese, fondo INPS di raccolta TFR, fondi pensione.
Le risorse saranno comunque poche, e non risolutive.

Luca
Thu 19 Feb 2009, 08:33 AM - Stampa
Su MF di ieri si parla di un incontro presso la Banca d'Italia di Venezia nel quale si è discusso della situazione non rosea della Banca popolare di garanzia, l'intermediario nato dalla trasformazione di Interconfidi Nordest, il confidi padovano di area Confindustria. Il CdA dell'istituto, presieduto da Rosario Bonavoglia, ex dirigente della Banca d'Italia, ha ritirato le deleghe all'Amministratore delegato Giampalo Molon, già direttore generale di Interconfidi NE. La gestione 2007 aveva chiuso con una perdita di €3,4mn, che è aumentata nel 2008.
I nuovi vertici avranno il compito di traghettare la Banca verso un assetto più stabile in questa difficile situazione di mercato. La Popolare di garanzia era partita con un piano strategico molto ambizioso: quello di affermarsi come "banca di firma" a livello nazionale, cambiando decisamente rotta rispetto al suo passato di ente di garanzia collettiva. Probabilmente qualcosa non ha funzionato, vuoi la stima del potenziale di mercato, l'eccessiva incidenza dei costi di struttura e forse anche la qualità del credito.
Spero che l'istituto, nel quale conosco diverse persone giovani e brave, trovi presto la strada per il rilancio.

Luca
PS 20/2 Riprendo un mio commento da un precedente post in cui si discuteva del rischio insolvenza dei confidi; un commentatore misterioso (Antonio) citava il caso di Padova come emblematico dei problemi di rischio credito che altri confidi potrebbero avere. Penso che il caso della Popolare di garanzia sia atipico: è un intermediario che nasce del mondo confidi, ma molti dei suoi problemi sono nati dalla scelta strategica di differenziarsi verso un modello di banca di firma che non era chiaro e immediatamente praticabile, e che richiedeva una massa critica non facile da raggiungere. Problemi quindi di break-even prima che di sofferenze (non escludo che la pressione a fare volume abbia fatto abbassare la guardia sulla qualità del credito). Il caso della banca padovana è però un monito per i confidi che stanno affrontando la trasformazione in 107: su scala più ridotta, e con costi di struttura più bassi, potrebbe innescarsi un meccanismo analogo. Con l'aggravante di coinvolgere un maggior numero di intermediari, con impatti sistemici.
Tue 17 Feb 2009, 04:37 PM - Stampa
Il CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) ha finalmente pubblicato la tassonomia dei bilanci XBRL delle società non quotate sul proprio sito web. Era uno degli adempimenti previsti dal Decreto emanato sul filo di lana a fine 2008 per rendere operativo l'obbligo di deposito dei bilanci in formato elettronico. L'art.3, comma 1 del Decreto specifica che "L'obbligo di adottare le modalità di presentazione nel formato elettronico elaborabile si applica ai bilanci e ai relativi allegati riferiti all'esercizio in corso al 31 marzo 2008 per le imprese che chiudano l'esercizio successivamente alla pubblicazione sul sito XBRL delle specifiche di cui all'art. 5, comma 1." Ora, nel mio precedente post pensavo che tale obbligo fosse stato assolto con la pubblicazione sul sito XBRL Italia. In realtà il Decreto stesso prevedeva, all'art. 5, comma 6, che "Le date di cui al comma 4 [la data di pubblicazione sul sito delle specifiche] sono comunicate dal CNIPA al Ministero dello sviluppo economico, il quale provvede a renderle pubbliche mediante apposito avviso da inserire nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana." Ora, il CNIPA ha ri-pubblicato la tassonomia sul proprio sito (non riconoscendo efficace - presumo - la precedente pubblicazione sul sito XBRL Italia). Dovrebbe, a questo punto, risultare assolto il passaggio della pubblicazione in data odierna. Però ciò è avvenuto dopo il 31/12/2008, quindi, ai sensi del citato art. 5, comma 1, l'obbligo di deposito in XBRL non scatta per i bilanci chiusi a tale data canonica. Nel 2009, pertanto, l'obbligo dovrebbe riguardare un numero relativamente basso di aziende con esercizio contabile non standard, chiuso successivamente al 17 febbraio 2009.
Il processo di introduzione normativa del bilancio XBRL è più complesso di un adventure game per la Playstation. Urge un pronunciamento del soggetto isitituzionale capofila (sì, ma qual è?) per fissare un punto di approdo che chiuda la storia infinita di questo provvedimento.

Luca
Mon 16 Feb 2009, 07:38 AM - Stampa
Riprendo dall'art. 8 del Dl n.5 del 10/2/2009:
2. Conseguentemente all'utilizzo delle risorse provenienti dalle revoche disposto dal comma 1, lettera a) del presente articolo, il rifinanziamento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266, previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è assicurato con gli importi di 80,5 milioni di euro e di 95,9 milioni di euro riassegnati, rispettivamente, negli anni 2010 e 2012 ai sensi del comma 1, lettera a), ultimo periodo, nonché con le ulteriori disponibilità accertate a seguito di revoche disposte dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fermo restando il limite complessivo di 450 milioni di euro previsto dal predetto articolo 11 compatibilmente con gli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto.
Arriveranno quindi, nel 2010 e 2012, quasi €180mn di nuove risorse per il rifinanziamento del Fondo centrale Pmi dallo svincolo dei fondi ex L.488, come previsto dal primo decreto anti-crisi (Dl 185/2008). Non ci sono dettagli, invece, sulle modalità di attribuzione della garanzia statale di ultima istanza pure introdotta dallo stesso decreto.

Luca
Mon 16 Feb 2009, 07:14 AM - Stampa
Sono sempre più convinto che la battaglia contro la crisi, soprattutto da noi, si deve combattere con la finanza d'impresa, non con la finanza pubblica. Dopo la peculiare proposta sulla fiscalità di distretto, riprendo (dal commento approfondito a pag. 25 del Sole 24 ore di oggi) il bonus aggregazioni, previsto dal decreto incentivi (Dl 5 del 10/2/2009) all'art. 4. Questa misura si applica in caso di fusioni, scissioni e conferimenti di azienda che avvengono tra società di capitali. L'incorporante, la beneficiaria della scissione o la conferitaria potranno dedurre gli ammortamenti sul maggior valore contabilizzato del capitale netto rispetto al valore di libro, da imputarsi a immobilizzazioni materiali e immateriali. Il vantaggio consiste nell'esenzione dall'imposta sostitutiva del 12%. Il beneficio è consentito su maggiori valori (da disavanzo di fusione o simili) fino a €5mn.
Il nostro sistema produttivo è organizzato in filiere, lo sappiamo bene. Per competere nel mondo, e per resistere meglio alle tensioni finanziarie (problema del giorno), i legami di supply chain si sono rinsaldati attorno a imprese leader, o a forme di collaborazione stabile (consorzi o altre strutture che accentrano le funzioni di commercializzazione, gestione di progetto, ricerca). In queste filiere dinamiche, anche i rapporti di fornitura si sono rinsaldati. La fusione senza se e senza ma è a questo punto un passo naturale. Le forme di aggregazione soft tra imprese lo affrontano per semplificare l'intreccio tra le rispettive catene del valore, e soprattutto per condividere i rischi e il pool di liquidità e capacità di finanziamento (e ovviamente per condividere il miglior valore creato). Ben vengano quindi gli incentivi, come il bonus aggregazioni, che vanno in questa direzione.

Luca
Sun 15 Feb 2009, 05:22 PM - Stampa
Una news ASCA riporta le dichiarazioni del portavoce dei confidi siciliani, Mario Filippello
[...] In questi giorni i maggiori istituti di credito dell'isola stanno avviando una rinegoziazione a tappeto delle convenzioni con i Confidi regionali. Al centro della questione si pone prevalentemente la questione dell'aumento dei costi applicati ai consorzi fidi per le operazioni di finanziamento che varia da caso a caso e da una tipologia all'altra di finanziamento ma che comunque si puo' sintetizzare in uno spread rispetto al tasso Interbancario oscillante tra lo 0,75 e l'1,75%.
Rispetto alle mutate situazioni dei mercati finanziari internazionali che hanno visto sia l'abbassamento dell'Euribor che il raffreddamento dell'attivita' interbancaria, le banche adesso sono molto guardinghe e puntano decisamente verso un innalzamento dei costi applicati ai Confidi. ''Cio' evidentemente'', afferma il presidente di Assoconfidi Sicilia, Mario Filippello, ''ha comportato un rallentamento di tutta l'operativita' in attesa della rimodulazione delle convenzioni''. Una rimodulazione che, secondo le prime indiscrezioni, dovrebbe essere in dirittura d'arrivo per la maggior parte degli istituti bancari. Ma questa situazione ha comunque comportato uno stallo che, per la Sicilia, e' stato ulteriormente aggravato dalla riorganizzazione bancaria delle grandi reti. [...] in questa situazione di crisi, le banche sono diventate inoltre piu' selettive nei profili di rischio e anche con le istruttorie dei Confidi entrano nel merito dell'operazione. Senza contare che anche le operazioni di ristrutturazione di debito delle aziende sono rimaste al palo per una maggiore prudenza degli istituti verso questo tipo dei operazioni
Non è un fatto confinato alla Sicilia, penso che descriva una tendenza generale. Le banche hanno filtrato per qualche mese il rialzo degli spread sul funding, ma adesso si è passati alla revisione dei listini, complice un atteggiamento molto prudente (eufemismo) nella concessione del credito. In questo quadro, conclude Filippello
aumenta il lavoro dei Confidi e quindi il ruolo dei consorzi fidi e' destinato ad assumere un rilievo sempre piu' alto nel sistema del credito siciliano
Attenti, amici, perché le forze che spingono in su gli spread bancari (le PD attese in testa) impatteranno presto sulle commissioni dei confidi. Ci sarà più domanda, ma non saranno tutte pratiche bancabili o "confidabili", e i clienti accettati pagheranno spread effettivi (il famoso SAEG) più salati.

Luca
Sun 15 Feb 2009, 04:41 PM - Stampa
Cito da una news Apcom il passaggio sul credito di una recente dichiarazione di Emma Marcegaglia
Il credit crunch ("è una situazione grave, uno dei problemi più forti da affrontare". E "una prima risposta può arrivare dai debiti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione. La Cdp può essere lo strumento giusto"), un fondo di garanzia come si sta facendo in Germania. "Se manca il credito - ha proseguito - il sistema si incepppa". A questo proposito, Marcegaglia ha fatto notare che per quanto riguarda i confidi ("di cui noi siamo fautori") non si può andare "oltre un certo limite".
La Presidente di Confindustria si è espressa con franchezza. Servono infatti interventi massicci, che rialimentino il flusso di liquidità nelle filiere produttive. I confidi, pur meritevoli, non bastano per raggiungere tutte le aziende, a cominciare dalle medio-grandi. Gli arretrati delle pubbliche amministrazioni verso le imprese (circa €70md) pesano tre volte il credito confidi. Per sbloccarli si auspica un intervento appoggiato sulla Cassa Depositi e Prestiti (anch'io nel mio paper su iCash e iCredit auspicavo qualcosa di simile, forse).
Sono andato sul sito di Confindustria a cercare la dichiarazione della Marcegaglia, ma dopo aver letto un comunicato stampa del 13/2 molto stringato, sono rimbalzato tra pagine ad accesso riservato. Avevo promesso franchezza per il 2009, amici visitatori, e non voglio mancare alla promessa.
O Confindustria, tu che sei la più rappresentativa e influente tra le associazioni di impresa italiane, proprietaria di un eccellente quotidiano economico e di una radio tra le più avvincenti, fino a quando ci farai ancora aspettare? Parlaci di te, anche via web, in maniera più aperta, approfondita, simpatica!

Luca
Sun 15 Feb 2009, 03:56 PM - Stampa
Il Corriere del 12 febbraio ha pubblicato un articolo del Ministro Tremonti "Patologie del mercato e piano di Obama". Sarà pubblicato su Italianieuropei, la rivista diretta da Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Il pezzo mi era sfuggito, e me l'ha opportunamente segnalato Dario Boilini. Ci trovate gli spunti portati dallo stesso Ministro al G-7 di questi giorni, primo fra tutti la priorità del legal standard, ovvero della drastica limitazione delle zone franche cui si sono approdati i portafogli di trading con gli hedge fund e le partecipazioni di controllo con i fondi di private equity, facendo shopping tra paradisi fiscali e giurisdizioni compiacenti. Tremonti, prima di entrare in politica, ha seguito questi sviluppi da professore e avvocato tributarista. Ha quindi visto le cose come andavano, e non come venivano ingenuamente dipinte dai retori dei mercati finanziari completi (per lo più economisti persi per la matematica e indifferenti alla storia).
Cito dall'articolo due metafore:
Il capitalismo, e dentro il capitalismo lo strumento principe della società per azioni, si basano tra l'altro sul criterio della partita doppia. E questo è, come dire, un tributo che va pagato a un antico francescano, a fra' Luca Pacioli. Il criterio della partita doppia si organizza fondamentalmente e essenzialmente sulla distinzione tra conto patrimoniale e conto economico. Non esiste l'uno senza l'altro e non esiste l'altro senza l'uno. Diversamente, l'ultimo capitalismo si è liberato dal vincolo della partita doppia. Si è spostato solo sul conto economico, abbandonando la base del conto patrimoniale. Questo non è stato solo un passaggio contabile, è stato soprattutto un passaggio politico e morale. Il conto patrimoniale è infatti il mondo dei valori. Il conto economico è invece il mondo dei prezzi. Il conto patrimoniale è un mondo in cui vedi la struttura, la storia, l'origine, il presente e il futuro di una società, e anche la sua missione industriale e morale. Il conto economico è invece un'altra cosa. Se tutto il capitalismo vira sul conto economico e cessa di essere orientato nella logica della lunga durata, come è invece tipico e proprio del conto patrimoniale, se diventa corto e breve, perché così è la logica del conto economico, se non conta più la durata della società, ma l'anno sociale, questo a sua volta diviso in semestri, in trimestri, in fixing giornalieri, allora è chiaro che quasi tutto cambia. [...]
Se il male è il debito — un eccesso di debito — la cura non è data da altro debito addizionale, privato o pubblico che sia. Salvare tutto è missione divina. Se si pensa di salvare tutto, con l'ultima istanza dei governi, con i debiti pubblici, finisce che non si salva niente e si perdono alla fine anche i bilanci pubblici.
Salvare il possibile è invece missione politica. La forma di pensiero da applicare in questa prospettiva è nuovissima e, anzi, vecchissima, è insieme secolare e sapienziale. È quella biblica: sabbatica o giubilare. E consiste nel separare il bene dal male. Salvare le famiglie, le industrie, la parte delle banche autenticamente funzionale per lo sviluppo. Separare il resto, immettendolo in veicoli ad hoc, stabilire una moratoria di tassi e di tempi, sterilizzare i relativi valori nei bilanci. Il nome tecnico può cambiare: bad bank o chapter 11, ma la sostanza è la stessa, chiusa in una formula di radicale separazione del bene dal male, del funzionale dallo speculativo. Il futuro non può in ogni caso essere il seguito o la proiezione del passato. I secoli passati sono stati, nelle relazioni economiche internazionali, soprattutto i secoli del gold standard. Il nuovo secolo deve, può essere il secolo del legal standard. Fatto da regole non limitate alla finanza, ma estese alla struttura sostanziale del capitalismo, come è degenerata negli ultimi anni. Senza nuove regole il superamento di questa crisi, fatto con i vari piani di salvataggio o con la bad bank, sarebbe infatti solo la preparazione della nuova.
I commenti italiani non sfigurano per niente nel forum globale sulla crisi, anzi (oltre ai politici, anche gli accademici, come Zingales). Siamo un paese di gente sveglia, aborriamo le affermazioni di principio che girano intorno alla questione, andiamo a prendere il toro per le corna. Abbiamo una missione storica in questa crisi. Ragionando, proponendo, ma soprattutto mostrando i passi da fare, piccoli e concreti.

Luca
Sun 15 Feb 2009, 09:20 AM - Stampa
Il maxi-piano di salvataggio del sistema finanziario americano messo in campo dall'amministrazione Obama prevede lo sgombero dei toxic assets dai bilanci bancari verso fondi di investimento co-finanziati dal Tesoro e dai privati. In prima pagina del Sole 24 ore di oggi Pietro Veronesi e Luigi Zingales, professori di finanza a Chicago, si chiedono come farà il segretario al Tesoro Geithner ad attrarre gli investitori privati. Costoro potrebbero già oggi farsi avanti e offrire un prezzo di realizzo. Il problema è che quel prezzo le banche metterebbero a libro perdite da farle schiantare. Per indurre gli investitori a pagare prezzi non troppo inferiori agli attuali valori di libro, Geithner probabilmente riproporrà schemi simili a quelli da lui stesso ispirati (da Direttore della Fed di New York) per puntellare Citigroup (ne parlavo qui). In sostanza, i fondi sarebbero strutturati come delle cartolarizzazioni, nelle quali gli attori pubblici (il Tesoro, la Federal Deposit Insurance Corporation e la Fed) si assumerebbero tranche di rischio mezzanine e senior, ovvero il rischio di perdite superiori a livelli soglia. L'impegno sarebbe in denaro (per la parte mezzanine) e di firma (per la parte senior). L'uscita immediata sarebbe quindi contenuta: nel caso della garanzia su crediti immobiliari data a Citigroup il Tesoro ha allocato $5md di fondi TARP per garantire un pool di $306md di crediti immobiliari. Veronesi e Zingales dimostrano che il costo per il contribuente è molto più alto dell'uscita cash, essendo pari al fair value di un senior CDS sul pool trasferito (lo stesso tipo di assicurazione anti-catastrofe che ha portato AIG al fallimento). Come gli stessi autori evidenziano in un paper di novembre 2008, dal titolo evocativo Paulson's Gift, aiuti del genere trasferiscono ricchezza dal contribuente ai detentori di passività non garantite delle banche (gli azionisti chiudono in pareggio). Data la macchinosità delle strutture e la difficoltà di valutarne gi effetti, si rischia una distruzione netta di valore, cioè lo Stato spende più di quanto recuperano gli obbligazionisti delle banche.
C'è un impasse: nemmeno gli USA possono permettersi un piano di pulizia degli asset tossici, costerebbe una cifra impossibile da finanziare ($4.500md, 4,5 trilioni). Garantirne le perdite estreme costerebbe di meno, oggi, ma potrebbe portare il Tesoro USA al default se le sofferenze su mutui dovessero esplodere.
I creditori e i garanti di Lehman Brothers hanno perso 92 centesimi per dollaro quando la banca è fallita. Forse sarebbe il caso di proporre una ristrutturazione preventiva del debito delle altre banche USA in modo che un sacrificio meno grave consenta di assorbire la gran parte delle perdite nascoste. Come proponeva Ferguson, si potrebbe anche rimettere parte del debito ai mutuatari che non sono ancora inadempienti, ma che potrebbero diventarlo preso con le clausole trappola di adjustable rate e negative amortization. E una cura del genere serve anche a diversi gruppi bancari europei che hanno gli attivi pieni di queste stesse esposizioni, o di roba non meno indigesta.
Ma esiste al mondo una leadership capace di un'impresa del genere?

Luca
Sat 14 Feb 2009, 09:36 PM - Stampa
Cito da una news ASCA
(ASCA) - Firenze, 9 feb - Dal prossimo 12 febbraio le imprese toscane che hanno bisogno di ottenere crediti dalle banche potranno contare sulle garanzie fornite dalla Regione Toscana. E' stato infatti definito l'intervento annunciato nelle scorse settimane per fronteggiare il rischio di 'credit crunch' e che prevede la costituzione di un fondo da 48 milioni di euro che la Regione mette a disposizione della propria finanziaria 'Fidi Toscana' e che servira' a garantire almeno 480 milioni di euro di finanziamenti. Assieme alle garanzie, gratuite, la Regione, ha spiegato il presidente Claudio Martini, e' riuscita a contenere dalle banche anche tassi convenienti. Sul suo rispetto vigilera' un osservatorio regionale. L'accordo e' stato finora firmato da 22 istituti che hanno sportelli in Toscana, oltre alla Federazione delle Banche di credito cooperativo che ricomprende a sua volta circa altre quaranta banche.
Ad una prima lettura, avevo inteso che le garanzie fossero queste di qui parla questa sezione del sito di Fiditoscana: mi pareva che la finanziaria regionale fosse semplice soggetto gestore di un fondo sotto la linea; in tal caso l'intervento non sarebbe Basel-compliant, ma in compenso la Regione (e FidiToscana) limiterebbero la loro perdita massima. Poi ho letto il commento del dott. Geroni della regione Toscana che rettifica la mia affermazione dicendo che si tratta di garanzie di cui FidiToscana risponde col suo patrimonio, e quindi Basel compliant essendo la finanziaria un intermediario 107. Ho trovato sul sito della Regione questo comunicato. Si parla di assegnazione di fondi pubblici a "Fidi" in diverse tranche, alcune alimentate da fondi europei. Cercherò di assumere informazioni più precise.
Quello che è sicuro è che la garanzia regionale è gratuita. Il regime opera con un moltiplicatore target di 1 a 10. A fronte di essa le banche applicano spread vantaggiosi (rispetto ai veri livelli di adesso) e poco differenziati: su finanziamenti a 5 anni per il sostegno alla liquidità si va da un minimo di 0,9% per rating ottimo, a 1,3% per rating discreto a 1,7% (il massimo) per un rating mediocre (le aziende beneficiarie devono essere valutate finanziariamente sane da FidiToscana e dalla banca erogatrice).

Luca PS 16/2: dopo il commento del dott. Geroni della Regione ho rettiiccato alcune affermazioni scritte in precedenza. Ho chiesto lumi sulla natura dell'apporto regionale.
Fri 13 Feb 2009, 02:03 PM - Stampa
Sono fuori città fino a domenica per un impegno, e ho poco tempo per postare, ma il dibattito su aleablog ferve: andate a leggere, se non l'avete fatto, i commenti a questo recente blog sul Fondo regionale del Piemonte.

Luca
Wed 11 Feb 2009, 01.13 - Stampa
«La nostra strategia - ha detto oggi il Segretario al tesoro USA Geithner - costerà molti soldi per i contribuenti, comporterà diversi rischi». La seconda tranche dei 700 miliardi del Tarp (Trouble Asset Relief Plan) sarà collocata con criteri più severi. Ma è pronto al lancio un nuovo vettore balistico, il Financial Stability Plan, forte di una dote di almeno 1.500 miliardi di dollari destinati ad acquisto di asset tossici (tramite un fondo pubblico-privato con sussidi statali), ricapitalizzazione delle banche (previo rigoroso stress test) e finanziamenti ad imprese e cittadini, soprattutto attraverso la facilitazioni creditizie della Fed. Maggiori dettagli sul Sole 24 ore di oggi (vedi commento di Marco Onado in prima pagina)e dei prossimi giorni.

Luca
Tue 10 Feb 2009, 12:01 PM - Stampa
Da una news ASCA:
Grazie a una dotazione di 40 milioni di euro viene costituito un fondo di riassicurazione (10 milioni ad Artigiancassa per le imprese artigiane e 30 milioni a Finpiemonte per il resto delle pmo). L'attivazione avverra' nei prossimi giorni sulla base di un regolamento in fase di definizione con i confidi e con gli istituti bancari. ''La riassicurazione che verra' effettuata dalla Regione al sistema dei confidi, che a sua volta permettera' un innalzamento delle garanzie al sistema finanziario - ha dichiarato il vicepresidente e assessore all'Artigianato, Paolo Peveraro - consentira' alle piccole e medie imprese di poter accedere piu' agevolmente al credito a condizioni migliori e in tempi certi.[...]
''La Regione - ha precisato l'assessore all'Industria, Andrea Bairati - si e' mossa fin da subito, quando ancora gli effetti della crisi erano difficili da prevedere. Con il provvedimento approvato oggi dalla Giunta sosteniamo il sistema delle imprese, favorendone la stabilizzazione finanziaria e consentendo ai Confidi di migliorarne le condizioni di accesso al credito, attraverso la possibilita' di offrire una garanzia maggiorata, fino all'80%, sostenuta da una consistente riassicurazione fino al 70%''.

Luca
Mon 9 Feb 2009, 03:08 PM - Stampa
Domani sarà presentato alla Camera dei Deputati il terzo rapporto della collana "Sussidiarietà e...", dedicato alle Piccole e medie imprese, a cura della Fondazione per la sussidiarietà (edizioni Mondadori Università). L'evento di presentazione, introdotto dal presidente della Fondazione Giorgio Vittadini, prevede una tavola rotonda con Gianni Alemanno, Massimo D'Alema, Enrico Letta e Maurizio Sacconi, e le conclusioni di Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere. E lo stesso Scholz firma le conclusioni del Rapporto,da cui riprendo un passaggio:
Il principio di sussidiarietà si basa di fatto sulla capacità e la volontà della persona di assumersi la responsabilità di affrontare in un modo costruttivo i problemi che la vita stessa pone, mettendosi insieme ove possibile o necessario con altri, lavorando insieme per raggiungere obiettivi comuni e condivisi.
Laddove questa responsabilità viene meno, intervengono inevitabilmente all’interno della società regolamenti dettati “dall’alto” che riducono gli spazi di libertà. Dove invece il senso di libertà è vivo le persone sono più creative e cercano attraverso le proprie forze e idee di contribuire al bene comune. Non si tratta di idealizzare il principio, ma di cogliere una dinamica umana di fondo che si esprime in misure e modalità differenti. Ed è la stessa dinamica che si ripercuote analogicamente anche all’interno delle imprese stesse, dove l’imprenditore o il dirigente tratta le persone come semplici esecutori è difficile che possa emergere una vera corresponsabilità basata sulla libertà di ognuno.
Del rapporto si parla oggi sul Sole 24 ore in un articolo di Marco Biscella, Ricetta anti-crisi delle Pmi: Più libertà e più alleanze.

Luca
Mon 9 Feb 2009, 10:07 AM - Stampa
Guardate in questo grafico l'andamento della percentuale netta delle banche che all'indagine sul credito della Banca d'Italia hanno dihciarato di aver irrigidito le condizioni di offerta del credito alle imprese:

La percentuale netta si ottiene come differenza tra la percentuale delle risposte che indicano una variazione di un dato segno (un irrigidimento dei criteri) e la percentuale di quelle che indicano una variazione di segno opposto (un allentamento dei criteri). Tra ottobre e dicembre 2008 la stretta si è accentuata, più per le grandi imprese che per le Pmi e più per il lungo che per il breve termine. Dalla stessa indagine si desume che la restrizione ha riguardato la quantità di credito accordato e lo spread per il rischio (specie sulle classi di rating peggiore), e meno la richiesta di garanzie. Inoltre, il motivo di preoccupazione indicato da tutte nell'ultima survey è il peggioramento del quadro economico generale.

Luca
Mon 9 Feb 2009, 06:56 AM - Stampa
Dal Sole 24 ore del 6 febbraio:
Con il decreto legge per riattivare i consumi, che ha varato gli incentivi per auto, moto, arredamento ed elettromestici, arriva anche la tassazione unificata opzionale per le imprese appartenenti a distretti produttivi ai fini dell'applicazione dell'Ires. Tra le misure contenute nell'articolo 3 del decreto su "distretti produttivi e reti di imprese", viene previsto che il reddito imponibile del distretto comprende quello delle imprese che vi appartengono e che hanno scelto la strada della tassazione unitaria. La determinazione dello stesso reddito unitario imponibile potrà avvenire preventivamente su base concordataria e in modo vincolante con l'Agenzia delle Entrate per almeno un triennio, mentre i criteri generali di quanto dovuto in base al concordato saranno determinati dagli Enti locali interessati. La ripartizione del carico tributario tra le varie imprese è rimessa al distretto. La misura non dovrà costare più di 10 milioni per quest'anno e oltre 50 milioni a partire dal 2010.
Il Governo rilancia una proposta della Finanziaria per il 2006 (ne avevamo parlato qui). Distretti, filiere e catene di fornitura vengono riconosciute come organizzazioni produttive (non solo) ma anche entità amministrative. Di conseguenza, si concedono i benefici della compensazione tra profitti e perdite tra imprese (come nel caso del consolidato fiscale di gruppo) e in più la possibilità di una tassazione concordata con le agenzie fiscali, che garantisca una stabilità del gettito (immagino). Il provvedimento ha un plafond di costo, come tutte le misure anti-crisi nate in Italy (nun ce sta nient'a fa'). Può avere effetti importanti, però, come primo passo verso una gestione consapevole della financial value chain delle filiere produttive. Si comincia dalla fiscalità (sempre in cima ai pensieri dei direttori amministrativi), ma da lì si può arrivare a circuiti di regolamento e finanziamento come quelli che immaginavo nel paper su iCash (che avete snobbato, cari visitatori, perchè?).
Lavorare per riorganizzarsi sotto i colpi della recessione: un'impresa da coraggiosi. Chi ci sta a mettersi in marcia per le Termopili?
Trovate maggiori dettagli sulla fiscalità di distretto a pag. 2 del Sole 24 ore di oggi. Le vere implicazioni potremo apprezzarle quando il Governo deciderà come attuare questo regime.

Luca
PS 15/2: Dal mondo imprenditoriale piovono critiche sulla proposta della fiscalità di distretto, giudicata di difficile attuabilità: le raccogli il Sole 24 ore di oggi a pag. 5.
Sun 8 Feb 2009, 10:48 AM - Stampa
Dopo aver scoperto il sito di Niall Ferguson, lo storico scozzese che insegna ad Harvard, mi sto gustando alcune sue analisi ispirate come questa del 15 gennaio 2009, dal titolo The Age of Obligation. Commenta le vie d'uscita dalla crisi negli Stati Uniti, dove la guerra si combatte usando insieme l'armamento monetarista (lanci di moneta dall'elicottero della Fed) e keynesiano (spesa pubblica finanziata con la suddetta moneta, ma soprattutto con debito pubblico). Si rischia così di spostare il problema dell'eccesso di debito sullo Stato e da lì sulle generazioni future (che ripagheranno il debito) o su altri paesi (con svalutazioni competitive) o sul risparmio (con il default o l'inflazione). C'è una via più saggia: la suggerisce il Levitico (25), dove Dio comanda ai figli di Israele un giubileo ogni cinquant'anni. Un anno di pacificazione, nel quale i debitori hanno rimessi i loro debiti dai creditori, perché nessuno ha la proprietà esclusiva di pezzi di realtà, a tutti i beni sono donati. Il gioco della forza, dell'abilità e della fortuna distribuisce ricchezza in misura ineguale, ma ogni mezzo secolo ci si ferma a ricordare che cosa vale veramente, e si creano le condizioni affinché tutti ripartano.
Mi sono sorpreso nel leggere la proposta perché anche e me era venuta in mente un'idea simile, che non è nuova, anche Bono e Jovanotti la propugnavano a Sanremo 2000 per aiutare i paesi indebitati più poveri. Ferguson la declina sul problema specifico dei mutui americani: anziché pompare liquidità e capitale nelle banche con gli occhi semichiusi sulla reale dimensione delle perdite, sarebbe meglio cancellare una parte del debito tossico e abbassarne il tasso a livelli sostenibili. Chi paga? I finanziatori non garantiti delle banche (soci e obbligazionisti) e i detentori dei titoli cartolarizzati. Un'idea interessante, con due ostacoli: (1) mettere d'accordo una moltitudine immensa di creditori e debitori, da far impallidire le class action sul debito argentino, e (2) far fronte ai possibili fallimenti degli investitori che assorbono le perdite da cancellazione, anche per i micidiali meccanismi di leva che sono in piedi nelle CDO a scatole cinesi.
Qui in Italia, possiamo far nostro lo spirito del Giubileo nella gestione del contenzioso. Liberare il debitore onesto dai gravami e lasciargli un adeguato patrimonio personale, e in cambio chiudere la crisi più velocemente mettendosi d'accordo sulla suddivisione delle perdite, senza perdere tempo a farsi lo sgambetto. Pensiamoci, potrebbero guadagnarci tutti.

Luca
Sun 8 Feb 2009, 09:32 AM - Stampa
Dal Sole 24 ore di ieri riprendo il sunto dell'Outlook rilasciato dal Fondo Monetario Internazionale:
Le prospettive a breve termine per l'economia italiana restano comunque «tetre»: i «rischi al ribasso dominano l'outlook» e l'eventuale ripresa sarà «con tutta probabilità lenta e debole» anche a causa delle «rigidità del sistema, della mancanza di concorrenza, e del limitato spazio per una risposta fiscale». A pesare sarà anche l'eccessiva dipendenza dell'Italia dalle esportazioni. «L'Incertezza sulle prospettive è eccezionalmente elevata», aggiunge il Fmi, evidenziando la necessità di adottare «riforme di lungo termine per risolvere la principale sfida italiana: la mancanza cronica di crescita». Il Pil italiano si contrarrà sia nel 2009 sia nel 2010, anno in cui la crescita pur «risalendo modestamente rimarrà decisamente al di sotto del già basso potenziale». E questo anche perchè «l'Italia, rispetto ad altri paesi avanzati, è mal posizionata per lanciare un più aggressivo piano di stimoli fiscali» contro la crisi in atto.
Lo sapevamo già, ma hanno fatto bene a ribadirlo. Vediamo di smentirli, dipende da noi. Siamo un paese speciale, teniamo nascoste le cose, brutte e bellissime. La diagnosi del Fmi in astratto è corretta, le terapie ce le dobbiamo inventare noi.

Luca
Fri 6 Feb 2009, 04:23 PM - Stampa
Non è questo lo spazio per parlare di un fatto così delicato, forse. Dopo aver letto questa intervista a Enzo Jannacci (un artista che seguo da sempre) sul Corriere di oggi, non ho resistito a segnalarvela. Su cosa sia giusto fare rispetto alla vita di Eluana Englaro, chi debba deciderlo, sentiamo tanti discorsi astratti. Jannacci si mette davanti al fatto per quello che è, la sua umanità di fronte al dramma della vita di un'altra persona, e al dolore insostenibile del padre e dei familiari. Prende posizione, ma non in maniera ideologica. Da non credente, dice alla fine la stessa parola, la stessa domanda, che chiude la meditazione di Don Giussani sul sacrificio e sul dolore (il capitolo VIII di questo libro).
Questo mi ha travolto, spazzando via la distrazione della giornata e anche le mie reazioni preconcette alla vicenda di Eluana. Ha fatto nascere in me la stessa domanda.

Luca
Fri 6 Feb 2009, 06:43 AM - Stampa
Ad una cena al World Economic Forum di Davos (vedi pezzo sul New York Times), c'erano diversi tra i profeti della crisi, oggi trattati come saggi venerabili: Niall Ferguson, storico, autore del libro “The Ascent of Money: A Financial History of the World”; Nouriel Roubini, noto come Dr. Doom (lui stesso si presenta così); Nassim N. Taleb, autore del libro “The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable”; Robert Engle, professore di econometria alla New York University e padre dei modelli GARCH, e Daniel Kahneman,psicologo e padre, tra le altre cose, della finanza comportamentale (e anche premio Nobel per l'economia!). Hanno offerto tutti previsioni cupe sull'economia globale. Nassim Taleb si è poi lasciato andare durante la cena sul fallimento di Lehman. ‘I Was Happy Lehman Went Bust’ pare abbia detto, aggiungendo che alla notizia era short sul titolo, e ci ha pure tratto profitto. Ha soggiunto “I hate traders” spiegando che il business dei derivati è tutto e soltanto nel trovare modi per approfittarsi dei clienti.
Di Taleb voglio però raccomandarvi un intervento più ricco e thought provoking. E' un intervista di Bloomberg (qui il video). Taleb parla della Russia e dice che il recente downgrading non dice nulla (non prende sul serio le agenzie di rating), la Russia è un paese solido, robust, meglio attrezzato contro la crisi di molti paesi occidentali, anche grazie al suo regime autocratico che garantisce sicurezza e alla quasi assenza di una classe media che rischia l'impoverimento e può alimentare conflitti sociali. Che il baricentro economico, lo diceva già nel '98, sta spostandosi da New York - Londra - Berlino a Dubai - Mumbay - Shangai. Che le economie emergenti verranno fuori meglio perché non sono governate da economisti che hanno studiato negli USA il Dynamic stochastic general equilibrium, ma sanno di storia e development economics (è per questo che Roubini ha previsto la crisi, Bernanke no). Che la crisi porterà ad uno sviluppo più moderato, infrastruttura finanziaria più semplice e "ridondante". Più liquidità, meno leva. I servizi bancari di base, legati alla moneta e ai pagamenti, dovrebbero diventare servizi di pubblica utilità, e nazionalizzati. La finanza che assume rischi dovrebbe stare in un campo nettamente separato.
Dà anche la lista dei paesi più fragili: gli USA (New York e California per primi), il Regno Unito, la Spagna, l'Irlanda e (pausa di 1,5 secondi) l'Italia. Perché? siamo quelli che rischiano di impoverirsi di più, per motivi diversi. Mi ha messo preoccupazione, ma ho letto molte cose nell'esitazione a dire "Italy" alla fine dell'elenco. Il nostro paese può ancora sbloccarsi e togliersi dal piano inclinato. Ma ci vorrebbe una miracolosa conversione di popolo.
Ma ascoltate l'intervista se volete farvelo spiegare in modo più convincente.

Luca
PS 7/2 Del sopracitato Niall Ferguson il Corriere pubblica oggi un articolo di cui trovate su FT.com la versione inglese, e qui una più estesa.
Thu 5 Feb 2009, 05:25 PM - Stampa
Da Commerfin, Silviano Di Pinto mi aggiorna su una convenzione recentemente stipulata tra Cosvig-Confesercenti e le BCC siciliane, che segue di un mese quella con il gruppo Intesa-San Paolo. In circa 14 mesi di attività nelle Regioni obiettivo 1 (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia), Cosvig ha facilitato l'erogazione di 1.420 finanziamenti per complessivi €140mn, assistiti da garanzia diretta del Fondo centrale Pmi per l'80%. Sono cifre assolutamente cospicue. Auguro di osservare nei prossimi mesi un'incidenza virtuosamente contenuta di posizioni problematiche, sarebbe un'ottima dimostrazione che il filtro operato dalle procedure del Fondo centrale e dalla preselezione di Cosvig funzionano.

Luca
Thu 5 Feb 2009, 06.24 - Stampa
Dal Sole 24 ore
Obama, che aveva definito «una vergogna» i compensi stellari degli alti dirigenti delle società di Wall Street, ha imposto un tetto massimo di 500mila dollari per i salari concessi dagli istituti che riceveranno fondi federali nell'ambito del piano di soccorso anticrisi.
Criticando la «cultura dell'interesse personale e del guadagno a breve termine», il presidente ha spiegato che «per rilanciare il nostro sistema finanziario, dobbiamo ripristinare la fiducia. E per farlo dobbiamo essere certi che le risorse dei contribuenti non si traducano in eccessivi compensi per Wall Street. Tutti dobbiamo assumerci delle responsabilità. E questo include anche i manager delle maggiori società finanziarie che, con il cappello in mano, hanno chiesto aiuto quando erano in difficoltà, pagandosi comunque con bonus eccessivi».
L'annuncio ha provocato sconcerto a Wall Street. I compensi dei top manager (compresi i paracadute d'oro, che Obama vuole "sgonfiare") sono 40 volte tanto. David Vinier di Goldman Sachs ventila la restituzione al Tesoro USA dei $10md ricevuti sul piano TARP per poter operare senza lacci fuori dai riflettori dell'opinione pubblica.
E intanto ferve il dibattito sul prossimo passo dei grandi salvataggi bancari: cosa faranno gli USA? E la Germania, che si avvia a stanziare €500md? Ricapitalizzare o nazionalizzare? Lo Stato è già azionista di maggioranza di RBS in Gran Bretagna e lo sarà presto di Citigroup negli USA. Altro che silent partner per un periodo breve! Spostare gli asset tossici in una bad bank? Una per banca, una per nazione, una sola per l'Europa? A che prezzo rilevare i suddetti asset? Marco Onado in prima pagina (sempre del Sole di oggi) ritrae l'impasse dei governi e dei loro consiglieri. Il boccone avvelenato dei CDO subprime (e non sono le uniche tossicità) è davvero troppo grosso e il cuoco ha usato ingredienti e metodi di cottura adulterati. Abbiamo atteso troppo per la lavanda gastrica. Il paziente è in rianimazione, e non è operabile.
Spero che lassù riescano ad evitare lo scontro tra galassie, ma la speranza vera la pongo nei micro-rimedi.

Luca
Wed 4 Feb 2009, 02:36 PM - Stampa
Ringrazio Sapio per la puntuale segnalazione di un intervento dell'economista Franco Bruni su La Stampa, "Il ritorno della società degli amici". Nel pezzo si osserva la deriva in atto verso un'economia di relazione, di respiro locale e incline alla domanda di protezione e ai reciproci scambi di favori con la politica. Bruni è preoccupato della crisi di rigetto verso la globalizzazione e l'apertura dei sistemi economici alla concorrenza, verso un sistema di incentivi dove (cito) "il successo dipende .. dalla capacità di produrre in modo innovativo, proponendo a 'tutti' scambi istantaneamente convenienti e continuamente sottoposti alla concorrenza di possibili alternative proposte da altri". Ecco il suo giudizio sulle reazioni agli impatti finanziari della crisi:
La crisi suscita un’economia di relazione anche perché è cominciata e radicata nei mercati finanziari. Infatti la finanza ha fallito proprio nella sua configurazione anonima e globale. Hanno deluso i contratti finanziari scritti, diffusi, prezzati con i computer, con formule e schermi accessibili contemporaneamente da Hong Kong e Reykjavik. Ha deluso e spaventato l’astrattezza e la virtualità di titoli, apolidi e sofisticati al punto che è difficile capire i rapporti di produzione e scambio sottostanti e «sentirne l’odore». La crisi ha dunque rivalutato quella che gli economisti chiamano proprio «finanza di relazione», il credito bancario fornito in forme semplici a imprenditori conosciuti, la gestione del risparmio con prodotti standardizzati, scelti «allo sportello» fra interlocutori che si conoscono e vogliono mantenersi in relazione. È vero che ci sono anche le relazioni truffate di Madoff: ma sono stranezze per milionari cosmopoliti: un’irrilevante eccezione.
Bruni scrive del "Paradiso perduto", ovvero della finanza globale degli ultimi anni, che "non è stata adeguatamente governata". Una finanza anonima e globale, ma innovativa e stimolatrice dell'investimento efficiente, con qualche mela bacata che però è un'eccezione.
Ammiro il suo coraggio nel difendere il mito dei mercati finanziari efficienti dopo che i fuoriclasse della finanza-globale-libera-di-innovare-e-far-crescere-l'economia ne hanno combinate di tutti i colori e adesso non sanno che pesci pigliare. Anche loro, tra Wall Street, la City, il Dipartimento del Tesoro, ecc, sono una "società di amici" che oggi compete con le altre lobby per gli aiuti statali. Madoff, purtroppo, non è un'eccezione: la finanza che ha guidato la galoppata verso il baratro è stata una fucina di schemi alla Ponzi, ha vissuto di bolle da cavalcare, di utili di trading insostenibili gonfiati da maree di liquidità che poi si sono ritirate lasciando relitti incagliati nelle secche. Anche dopo la crisi, tutti costoro sono ancora alla caccia del prossimo rally di mercato, lunghi sullo yen, corti sulla sterlina, comprate i subprime a prezzi da saldo, tutti sui titoli di Stato a breve, a un anno, a cinque, prezzi su, poi giù. E' questa finanza che rimetterà insieme i pezzi e ci farà ripartire? Io non mi fido.

Luca
Tue 3 Feb 2009, 23.14 - Stampa
Mr. Draghi: In the future, there is going to be an unavoidable move toward standardization....With standardization, regardless of whether you have regulation, you will have a powerful push toward transparency, because people would understand and price products with full knowledge of them. It is also of primary importance that we create a centralized clearing and settlement process.
Per leggere altre cose interessanti sui mercati finanziari nel dopo-crisi potete scaricare la bella intervista al nostro Governatore pubblicata il 2 febbraio sul Wall Street Journal (dal sito della Banca d'Italia, e ci trovate anche la traduzione italiana).

Luca
Tue 3 Feb 2009, 05:53 PM - Stampa
La crisi ci costringe ad allargare la visuale per capire le origini e le ripercussioni dei problemi che ci toccano da vicino. In questo spirito, vi segnalo il CGFS report on capital flows and emerging market economies del Committee on the Global Financial System, uno dei comitati promossi dai paesi del G-10 presso la Banca dei regolamenti internazionali (come il più anoi noto Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria).
Nello studio si osservano i nessi tra afflussi di capitale dall'estero e vulnerabilità alle crisi nei paesi emergenti. I forti afflussi, ne abbiamo visti molti esempi, determinano una crescita drogata dell'economia e del valore degli asset, e il conseguente sgonfiamento innesca crisi di varia morfologia (di bilancia dei pagamenti, del cambio, bancarie, di finanza pubblica). Il sistema resiste meglio quando dispone di una rete solida di istituzioni finanziarie domestiche, non troppo dipendente dalla raccolta estera.
E' un problema che ci riguarda, perché i nostri gruppi bancari, non soltanto quelli maggiori (mi viene in mente il caso di Veneto Banca), hanno una presenza forte nell'Europa dell'Est. Questo non per dire che dobbiamo allarmarci perché ci cadranno in testa i problemi di quei paesi, ma per sottolineare la responsabilità nostra verso queste economie giovani, che nello specifico è quella di aiutarle a sviluppare una rete solida di istituzioni finanziarie domestiche.

Luca
PS 4/2: Che coincidenza! Sulle esposizioni dei gruppi italiani nell'Est Europa, è uscito oggi un articolo di Moyra Longo "Banche all'Est: Vigilanza in azione" sul Sole 24 ore a pag. 5. Cita Unicredit, Intesa e Veneto Banca. Tutti rassicurano.
Tue 3 Feb 2009, 12:32 PM - Stampa
Come riferisce il Resto del Carlino, la Regione Marche vara un Fondo di garanzia di secondo livello, co-finanziato dalle Province e dalle Camere di commercio della regione, per €10,55mn. Cito dall'articolo le finalità del programma:
Due i canali di sostegno previsti: garanzie di secondo livello a breve e medio termine per il consolidamento delle passività e garanzie per progetti di ristrutturazione e riconversione aziendale di PMI marchigiane in particolari difficoltà.
La garanzia di II grado sarà concessa in regime di aiuto 'de minimis' per il 70% della garanzia di I grado e per una durata massima di 60 mesi; l’importo massimo del finanziamento garantibile non potrà superare i 500 mila euro per ogni impresa. Il Fondo di garanzia per le imprese risponde del 70% delle perdite relative alle insolvenze garantite dai Confidi. La dotazione del Fondo di garanzia verrà ripartito in sei portafogli: uno per le aree di crisi e uno per ogni provincia.
La segmentazione del portafoglio per province ne previene l'esaurimento in caso di picchi di insolvenza concentrati localmente o nelle aree di crisi (che sono appunto garantite in un pool a parte). Naturalmente, all'avvio dell'intervento il potenziale di attenuazione del rischio di un unico fondo regionale sarebbe stato più alto (per l'effetto di frazionamento e diversificazione) di 4 pool provinciali (5, se consideriamo anche Fermo). Temo che il sub-fondo per le aree di crisi sarà consumato rapidamente.

Luca
Tue 3 Feb 2009, 11:53 AM - Stampa
Il Corriere del Trentino (inserto del Corriere) di oggi riporta un articolo sul nostro progetto ConfidiPAT. E' la prima notizia pubblica dell'iniziativa. Si intervistano il presidente della Cooperativa artigiana Bertolini e il direttore di Cooperfidi Grassi. Li ringrazio per aver ricordato il contributo dell'Università al progetto.
Mi permetto una precisazione benevola. L'articolista, forse per deferenza verso il collega che ha scritto il pezzo sui confidi nel Corriere economia di ieri, ne ripete testualmente la stramberia sulla "leva bloccata, 20 euro di credito per 1 euro di garanzia". Per delucidazioni sulla leva effettiva, sono a disposizione dei bravi giornalisti del Corriere del Trentino e di tutte le testate locali.

Luca
Mon 2 Feb 2009, 03:30 PM - Stampa
Sul Corriere Economia di oggi c'è un articolo (Sapio, grazie per la segnalazione) che farà discutere, a cominciare dal titolo: Confidi, mille presidenti vanno a casa. Del settore parla con l'articolista il dott. Alessandro Carpinella, director di KPMG e da me incontrato più di un anno fa nella sua qualità di coordinatore del progetto di riposizionamento per Fedart. Si elencano alcuni progetti di fusione conclusi o in corso e si parla dei fattori che spingono verso le aggregazioni("Dovranno diventare una quarantina" commenta il pre-titolo). A giudicare dal titolo le fusioni faranno più selezione di una tappa dolomitica, tanto da mandare a casa più presidenti di quanti sono i confidi (una sorta di fissione nucleare). Per la stima che ho del dott. Carpinella, ho seri dubbi che abbia detto questa frase che gli viene attribuita (cito):
La riforma prevede infatti che i nuovi consorzi che rispetteranno l'articolo 107 del Tub, potranno ottenere dalla banca una ponderazione del credito a leva bloccata nel rapporto di 1 a 20. Ovvero a fronte di 1 euro di garanzie ottenere 20 euro di credito. Chi si limiterà a osservare i dettami dell'articolo 106 del Tub avrà dalla banca credito, ma senza effetto leva: a 1 euro di garanzie corrisponderà 1 euro di credito erogato. La differenza non è di poco conto, specie in un momento di crisi.
Garanzie, patrimonio, fondi monetari, di notte tutti i gatti sono grigi. Ed anche il concetto di leva bloccata 1 a 20 costringe ad un non comune sforzo ermeneutico.
Non è facile parlare di questo settore, fatto di numeri contenuti, ma variegato e complicatissimo! C'è già fin troppa confusione su 107, Basilea etc. e una comunicazione di questo genere rischia solo di aggiungere allarmismo.
Nella chiusa, Carpinella accenna alla probabile proroga della scadenza per la domanda di iscrizione dei 107 in Banca d'Italia dal 29 marzo al 31 dicembre 2009. Anche su questo punto un chiarimento ufficiale sarebbe quanto mai rasserenante.

Luca
Sun 1 Feb 2009, 10:44 PM - Stampa
Dopo l'idea del Business Point, in un week-end di lavoro concitato ho abbozzato una proposta anti-crisi eterodossa, che sottopongo alla vostra cortesia. Cito dal riassunto:
Le misure anti-crisi decise dai governi puntano a sostenere il finanziamento esterno delle imprese, e in particolare a contrastare il razionamento del credito. I primi destinatari e i veicoli di queste misure sono le banche. Questa proposta, invece, fa leva sulle imprese e sulle loro fonti interne di finanziamento, e mira a rafforzarne congiuntamente la liquidità e la capitalizzazione. Lo strumento pensato per questo scopo è il circuito iCash, fondato su due pilastri: (a) il conto iCash, una forma di impiego sicuro e redditizio della liquidità aziendale e (b) la piattaforma iCredit per la gestione dei crediti di fornitura e dei regolamenti tra imprese e pubblica amministrazione. La proposta si rivolge principalmente alle piccole e medie imprese a controllo familiare che formano l'ossatura del nostro sistema produttivo.
Trovate qui il paper su iCash da scaricare.

Luca