Sul Sole 24 ore dell'8 novembre è uscito un
articolo di Aldo Bonomi sui problemi di accesso al credito in agricoltura e sul ruolo dei confidi in quel settore. Bonomi osserva come le aziende agricole abbiano prima di tutto il problema di gestire la loro economicità, i rapporti con le banche e l'equilibrio finanziario, in un quadro nel quale le protezioni vengono meno.
Forse non sapete che il credito agrario è stato il mio primo tema di ricerca (anni 1981-1986). Aveva molto in comune con i confidi: interferenze delle politiche pubbliche, tanti attori dei più disparati (banche, istituti e sezioni di credito agrario, consorzi agrari, ecc.), forte voce in capitolo delle associazioni di settore. Di riforma del credito agrario si è discusso per varie legislature finché il TUB (DL 385/1993) ha fatto sì che gli istituti di credito speciale venissero dissolti nelle strutture di gruppo bancario. Il credito speciale agrario è desaparecido, e i prestiti alle aziende agricole sono diventati un prodotto tra i tanti, pur mantenendo le forme tecniche della normativa speciale del 1928.
Poche banche conoscevano questo settore. La presenza di un ordinamento speciale non favoriva certo il dinamismo e l'innovazione nei rapporti tra banche e aziende agricole, ma era meglio di niente. Negli anni successivi al 1993 si è dovuto ricominciare da zero, o quasi. Lo sviluppo dei confidi agricoli, e dei servizi di consulenza delle associazioni, sono la risposta, recente, a bisogni a lungo trascurati.
Più fortunati degli istituti speciali agrari, i confidi hanno condotto in porto la riforma del settore nel 2003, ma sappiamo bene quanto c'è voluto per passare dalla stesura all'attuazione, e siamo ancora in mezzo al guado.
Ragionare di confidi in agricoltura può essere una buona occasione per riflettere su errori ed omissioni da non ripetere, nell'uno e nell'altro settore.
Luca