Fri 30 Jun 2006, 06.24 - Stampa
Con Marco Bee, sto scrivendo per ABI (Bancaria editrice), un volume sui modelli di portafoglio per il rischio di credito, La prima data di consegna ipotizzata era 1/10/2005. L'abbiamo mancata, è partito l'anno accademico, e abbiamo dovuto chiedere una proroga. Contiamo di consegnare il manoscritto ai primi di settembre, sfruttando il mese di agosto per i ritocchi finali.
La materia non è semplice. Marco è una garanzia sulla parte statistica (copule, distribuzioni di Poisson, modelli multifattoriali ecc.). Io farò da ambasciatore della materia per quanti, come me, hanno un background economico-aziendale. Sto affinando le parti introduttive, dove si mostrano le connessioni tra i modelli di portafoglio, la contabilità e i sistemi di rating. Mi occuperò anche delle applicazioni pratiche, cioè di allocazione del capitale, pricing del credito, valutazione delle forme di credit risk transfer.
Mi piacerebbe fare un libro come quello del 1993 sulla valutazione dei titoli obbligazionari, per il Sole 24 ore. Un manuale che spiega la teoria agli operatori e l'operatività ai teorici, un ponte tra i due mondi. Penso che ce ne sia ancora bisogno. Nelle banche, nelle società di software, nei confidi si sta lavorando su questi temi, ma non è facile trovare persone che si occupano di credito e rating controllando tutte le tessere del mosaico.
Speriamo di dare una mano con questo libro a far circolare le conoscenza per la formazione dei giovani.

Luca
Fri 30 Jun 2006, 06.02 - Stampa
Come le stagioni, anche le date di liquidazione degli interessi ritornano puntualmente. E' maturato il frutto del deposito da me costituito nella qualità di membro del consiglio della succursale di Trento della Banca d'Italia. Un evento che merita di essere segnalato, come già avevo fatto in un blog dell'anno scorso, in quanto rivelatore della cultura organizzativa della nostra banca centrale, improntata al rigore fin nei dettagli più minuti.
La somma è triplicata rispetto all'anno scorso. Le modalità di liquidazione sono cambiate: dalla bustina di politene sigillata con punti di pinzatrice siamo passati ad una busta da lettera cartacea. Un piccolo intervento di streamlining delle procedure ispirato dal nuovo Governatore?
Purtroppo, dovrò dimettermi dalla carica in questione, e mi dispiace, perché nel consiglio della succursale di Trento avevo conosciuto persone molto cordiali e professionalmente qualificate. Lo studio sull'andamento dell'economia nel Trentino - Alto Adige nel 2005 presentato nell'ultima riunione è come sempre molto curato, conciso ed efficace.

Luca
Tue 27 Jun 2006, 12.40 - Stampa
Ho elaborato la sbobinatura del mio intervento al convegno di Confidi Servizi Emilia Romagna, tenuto a Riccione l'8 giugno. Potete scaricare il paper che ne è venuto fuori, che sarà pubblicato negli atti. Lì approfondisco il ruolo del confidi come intermediario che gestisce portafogli di rischio credito, che lo espongono a rischi di perdita attesa e inattesa. Ne traggo delle conclusioni sui punti di forza e di debolezza dei confidi, di cui bisogna tenere conto per decidere cosa fare: aggregarsi, trasformarsi in intermediario "107", riorganizzare la filiera consulenza - rete distributiva - assunzione di rischio.
Ho incluso qualche grafico. Non sono riuscito a includere gli spuntini (non ancora supportati dal formato pdf).
Luca
Thu 22 Jun 2006, 05.33 - Stampa
Torniamo a divagare sul tema donne, confidi e management dopo la prima puntata.
Nel gruppo di progetto sui confidi umbri ho conosciuto Maria Bruna Fabbri, che dirige i due confidi artigiani della rete CNA, Fidimpresa Perugia e Fidimpresa Terni. In tutto, più di venti persone, con una forte presenza femminile. Sarà per questo che si respira un'atmosfera di attività febbrile, di dinamismo. Negli ambienti a predominanza maschile i capi tendono a mostrarsi "cool". Sono loro a comandare, hanno la situazione sotto controllo. "Signorina, mi porti la copia dell'ultimo bilancio...". "Dica di chiamare più tardi". Quando a dirigere è una donna, è più facile che traspaia il coinvolgimento e l'entusiasmo (o la trepidazione). La realtà entra con immediatezza nello spazio di attenzione, e suscita risposte pronte.
I confidi guidati da donne sono i più aperti allo sviluppo della consulenza alle imprese, che è appunto un servizio di problem solving. Non è un caso.
Nell'intervista a Maria Bruna, ho dovuto scalare verso l'alto la marcia dell'attenzione e della velocità di scrittura. Gli appunti dell'intervista si sono sviluppati come una rete stellare, con continui rimandi e voli pindarici. Non la solita teoria di risposte a domande in sequenza. Alla fine il quadro era chiaro e completo.

"Men see things in a box, and women see them in a round room" (quote from Elizabethtown).

Luca
Wed 21 Jun 2006, 01.14 - Stampa
Mi capita spesso di viaggiare sull'asse Trento - Perugia per i nostri progetti. L'ultima volta le tappe evocavano i molti e diversi modi di fare il pane senza il forno. A Modena, distretto manifatturiero per eccellenza, con una doppia padella di ghisa a scomparti ti sparano tigelle con efficienza tayloristica. In Romagna ci accoglie la familiarità della piada, che scendendo un po' (Urbino, Gubbio) diventa crescia. A Perugia troviamo la mitica torta al testo, un impasto di acqua, farina e sale (e olio o strutto, ma non sempre), cotta su un coccio rovente. Proprio l'antipodo culinario del Trentino, bassa Val di Non, dove con i salumi si mangia il tortel de patate, patate grattuggiate grossolanamente, un bicchiere di latte e un cucchiaio di farina, il tutto fritto o passato in forno.
Di tigelle potete mangiarne venti senza problemi, di piade, cresce o torte al testo anche cinque (beh, se non ci accompagnate una teglia di coniglio alla cacciatora). Il consumo di tortel di patate fritto sopra le tre unità vi assicura una notte agitata, ma forse sono io che non sono allenato.
E "il" gnocco fritto? Da solo, un buon motivo per rimettersi in viaggio.
Siamo molto fortunati a essere di queste parti.
Luca
Wed 21 Jun 2006, 00.30 - Stampa
Nel breve blog sulla presentazione di Centro Fidi Terziario, mi è sfuggito un dettaglio, fattomi poi notare dal collega Lorenzo Gai: il nuovo intermediario di garanzia è sostenuto da nove dei dieci confidi toscani del sistema Confcommercio più, ho letto su web, quello di Terni. Il Cofidi di Firenze, tra i primi del sistema per dimensioni, ha intrapreso una strada autonoma, dato che da solo ha i numeri per passare a intermediario ex art.107 TUB. Pare che altri confidi toscani dell'artigianato e del commercio stiano a loro volta preparando la trasformazione. Si compete nella caccia alle persone che hanno seguito i primi progetti, dato che le competenze sono rare.
Un bel movimento, non c'è che dire. Nel mio paper sul futuro dei confidi avevo (facilmente) pronosticato vita difficile a progetti di aggregazione "cartesiani": tutti i confidi di un dato settore, di una data regione sotto un unico ombrello. L'eterogeneità pesa sulla convenienza ad integrarsi. Antiche rivalità territoriali e dissidi tra personaggi chiave fanno il resto. Ci vuole una ricca dose di carisma, diplomazia, risorse finanziarie per tenere insieme un'alleanza tra associazioni di categoria locali in un progetto confidi.
Gli enti di garanzia hanno una dinamica di crescita che li spinge a rendersi autonomi dalle associazioni di un dato territorio: giocano in tal senso la ricerca di maggiori dimensioni e di diversificazione dei rischi, la concorrenza dei confidi di altre aree o settori, l'iniziativa dei loro sviluppatori.
Forse mi sbaglio, ma avverto che i fattori commerciali siano dominanti in questo quadro magmatico: c'è movimento attorno ai confidi perché sono leve di sviluppo interessanti per le banche e per le associazioni. Ci sarà uguale tensione verso l'efficienza delle nuove strutture messe sul mercato? Me lo auguro. Solo il tempo darà la risposta.

Luca
Mon 19 Jun 2006, 08.06 - Stampa
Il Comitato di Basilea in una newsletter del marzo 2006 si esprime su un problema che stanno affrontando le banche aspiranti IRB, cioè quelle che hanno in corso di validazione i loro modelli di rating interno. Il punto riguarda le componenti del sistema di rating acquistate da vendor. I fornitori di database di bilanci, o di informazioni sul credito, spesso vendono anche sistemi di scoring i cui algoritmi non sono divulgati per ragioni di tutela della proprietà intellettuale. Le banche utenti di questi servizi non possono verificarne l’affidabilità su dataset di prova o su dati storici. In proposito il Comitato di Basilea ritiene che non basti la parola del vendor (o i test fatti da lui) per accettare un modello come valido per la banca che lo applica. Quest’ultima deve cercare di ricostruire il funzionamento della procedura di classificazione con modelli di confronto sviluppati al proprio interno. Non basta nemmeno la "prova del budino", cara a Edward Altman, che di queste cose se ne intende: non basta (as)saggiare il modello e accertare che è buono, cioè che funziona. Bisogna risalire alla ricetta, che lo chef non è disposto a rivelarci.
A quanto ho registrato dal mio campione di osservazione, in Italia gli atteggiamenti delle banche sono differenziati. C’è chi opta per sistemi proprietari di scoring – rating, c’è chi invece preferisce incorporare punteggi prodotti da piattaforme esterne (ad esempio, gli score del sistema Centrale dei bilanci). La scelta make or buy cambia in funzione delle dimensioni, ma non sempre: ci sono banche medio-piccole che si fanno in casa i modelli di classificazione, e grandi gruppi che si orientano su componenti acquistate.
La posizione del Comitato è sensata. Una banca IRB non può applicare un sistema a scatola chiusa. La metodologia di rating deve essere assimilata consapevolmente nel processo del credito. Questo ha implicazioni pesanti. Una banca aspirante IRB difficilmente riesce farsi validare se non ha capacità di sviluppo e calibrazione autonoma dei sistemi di valutazione applicati.
Qualsiasi banca dovrebbe però capire come funziona l’ingranaggio che muove le sue decisioni di affidamento, a prescindere dalla validazione del sistema. Non si può delegare la scelta all’outsourcer informatico: non stiamo parlando di procedure di back-office.

Luca
Thu 15 Jun 2006, 10.27 - Stampa
Giovedì 15 giugno si è tenuta in ABI la riunione dei soci fondatori della giurisdizione XBRL Italia. L'Associazione XBRL Italia dovrebbe essere costituita entro metà luglio. I promotori sono attualmente istituzioni e associazioni di categoria. Quando la notizia è circolata, si sono fatte avanti numerose entità private interessate ad esserci fin dalla costituzione. L'orientamento emerso è di ammetterli, riservando però la rappresentanza negli organi direttivi ai soggetti istituzionali, almeno nella fase iniziale. L'ammissione di nuovi soci ordinari, sostenitori e accademici sarà più agevole dopo l'avvio dell'attività.
Nella stessa riunione, sono state presentate due esperienze XBRL condotte in Italia finora: quella di Borsa Italiana e la sperimentazione di Infocamere e Ordini dei commercialisti e dei ragionieri (con la nostra collaborazione), riguardante il deposito dei bilanci presso il Registro imprese.
Si procede, quindi.

Luca
Wed 14 Jun 2006, 07.10 - Stampa
Nei progetti che sto seguendo su confidi e garanzie pubbliche, tra le possibili soluzioni, si guarda con interesse alla cartolarizzazione dei prestiti alle PMI nelle sue tre versioni: tradizionale (vendita dei prestiti a una società veicolo che emette titoli di diversa seniority); sintetica (acquisto di protezione sui prestiti, di solito con un credit default swap, ed emissione di titoli credit-linked di diversa seniority che incorporano le tranche "basse" del contratto di protezione, più un'eventuale copertura del rischio senior con un bank CDS), e virtuale, o tranched cover (garanzia dei rischi di prima perdita su un pool, e calcolo del rating del rischio residuo che non viene trasferito ma solo sottoposto a rating esterno o interno).
L'impianto di valutazione nei tre casi è simile, e si basa sui modelli di rating delle strutture di tranching, che hanno rischio legato alla distribuzione delle perdite del pool sottostante che, come un budino, viene fatto a fette e ripartito tra i portatori delle tranche: chi sottoscrive la tranche junior di first loss di prende la fetta alta e centrale intorno alle perdite attese, chi assume i rischi mezzanine ha le fette a destra via via meno alte e più larghe, chi copre il rischio senior si prende la coda. Le fette vengono tagliate e servite man mano che le perdite si producono, anche se i meccanismi sono complessi perché le operazioni durano diversi anni e prevedono la distribuzione di interessi e i rimborsi secondo un ordine di priorità dei pagamenti (waterfall)che può tutelare con varia forza i diritti senior. Quando junior ha mangiato tutta la sua razione, si passa a servire mezzanine 1, poi mezzanine 2, ecc. Senior assiste allo spettacolo e sta tranquillo, perché sa che la sua fettina bassa e schiacciata gli arriverà soltanto in uno scenario catastrofico. Naturalmente a nessuno piace il sapore del budino quando la fetta viene servita.
Il cuore del modello è la distribuzione delle perdite previste. Questa è più stabile quando il portafoglio è ampio e frazionato (legge dei grandi numeri) e ben diversificato per settori, e i settori non sono troppo ciclici. In questo modo la dispersione delle perdite si contiene e si stima meglio, quindi si possono fisssare in modo robusto le percentuali di subordinazione (gli importi delle tranche subsenior) che rendono l'esposizione senior una vera tripla A.
Ne deriva che la tecnica si presta tanto meglio quanto più ampio e diversificato è il portafoglio. Se quest'ultimo proviene da una sola banca originator, è meno facile avere grossi numeri, solo una grande banca ci riesce. La tecnica diventa accessibile alle banche medio-piccole nel caso multi-originator. Qui però sorgono altri problemi di fiducia e moral hazard: ogni partecipante vuole assicurarsi che i suoi partner non mettano nel pool comune le peggiori schifezze che in breve tempo vadano a mangiarsi la tranche equity, squalificando l'intera operazione. Per scoraggiare questi comportamenti, si possono applicare dei meccanismi dinamici che penalizzino i partecipanti che mettono sub-pool con perdite ex post molto maggiori di quelle attese, ma in questo modo l'efficacia della garanzia, che deve essere incondizionata, va a farsi benedire. In alternativa, si può prevedere una segmentazione delle tranche emesse per sub-pool: come un'annata di vino imbottigliata per cru, il venditore di protezione compra tranche di rischio doc, quello originato dalla banca X piuttosto che dalla banca Y, o Z. In questo modo però perdiamo i benefici della dimensione e diversificazione del portafoglio: se la % di tranche junior è il 4%, è molto più probabile che venga superata dalle perdite su un sub-pool di 10 milioni di euro che sull'intero pool di 100 milioni, quindi occorre una percentuale di subordinazione più alta per arrivare a tranche senior tripla A.
Il rimedio è uno solo (oltre alla correttezza): occorre una valutazione indipendente, omogenea, competente e informata del rating sulle singole posizioni, opponibile a quella dell'originator. E' per questo che nei programmi di questo genere che coinvolgano confidi o agenzie pubbliche deve essere presente un livello di gestione diretta delle relazioni con le imprese beneficiarie, che si può ottenere legando l'intervento garanzia ad un servizio di consulenza finanziaria continuativa (sì, proprio quello, il business office).
Quindi occorrono investimenti formidabili sull'infrastruttura, sia sulla rete di assistenza alle PMI, sia sulla filiera di trasferimento del rischio. Sarebbe bene che regioni e confidi si consorziassero a livello nazionale (almeno) per portare avanti un disegno comune. E' un'idea che sto avanzando con discrezione nei progetti a cui collaboro, contro la tentazione di rivendere 10 volte la stessa soluzione parziale.

Luca
Mon 12 Jun 2006, 09.17 - Stampa
Nel piacevolissimo convegno sui confidi di Riccione di cui ho già riferito, il dott. Arzarello, commercialista in Bologna e consulente esperto della materia, ha riportato la risposta dell’UIC a un quesito da lui rivolto in merito alla competenza dei confidi non vigilati a gestire fondi pubblici di agevolazione. Come è noto la legge quadro del 2003 riserva tale attività ai confidi 107, pur riconoscendo un periodo transitorio di tre anni nel quale è ammessa anche per i 106. Bisogna però ragionare in prospettiva, per sapere cosa accadrà al termine dei tre anni (che però non è chiaro da quando decorrono e quando scadranno). L'UIC nella risposta al quesito precisa che l’attività in oggetto è da considerarsi attività riservata alle banche e agli intermediari vigilati nei casi in cui i fondi pubblici vengono assegnati e gestiti come fondi di terzi, con delega all’intermediario di funzioni di valutazione del merito dei soggetti beneficiari inerenti il possesso di requisiti di affidabilità o, a maggior ragione, di rispondenza degli interventi richiesti a finalità di interesse pubblico. Sarebbe invece attività non riservata, quindi ammessa senza preclusioni per i confidi 106, la gestione di fondi (come gli apporti a fondi rischi) assegnati a titolo definitivo, o la concessione di contributi in conto interessi limitatamente alle imprese socie già beneficiarie della garanzia, a condizione che l’attribuzione del contributo da parte del confidi segua un mero controllo formale di possesso dei requisiti stabiliti dall’ente pubblico, e non anche valutazioni di merito.
I confidi attuali svolgono attività di istruttoria per contributi pubblici agli investimenti che implicano una valutazione nel merito. Quanto ai fondi pubblici di garanzia, sono diversi i casi in cui gli stessi sono gestiti come fondi di terzi con contabilità separata. E' quindi evidente che l'applicazione della riserva prevista dalla legge quadro "morde". Cosa succederà in concreto, nelle more della trasformazione in intermediari vigilati? Si andrà avanti in regime di prorogatio? Le Regioni invocheranno la loro competenza primaria sulla disciplina dei contributi alle imprese e continueranno ad affidare queste attività, benché riservate, ai confidi 106? Chi ha informazioni o pareri in merito li può "postare" qui.
Mon 12 Jun 2006, 09.05 - Stampa
Davide Panizzolo ha aggiornato lo "storico" paper introduttivo su XBRL del maggio 2004, che per molto tempo è stato l'unico lavoro di un certo respiro disponibile sull'argomento in italiano. Trovate qui la nuova versione. Stiamo lavorando a nuovi documenti sulla tassonomia di bilancio GAAP Italia e sull'uso di XBRL nella consulenza finanziaria. Dovrebbero essere pubblicati dopo l'estate.

Luca
Sat 10 Jun 2006, 09.19 - Stampa
“Vicini come prima, più grandi e forti, per sostenerti di più”: con questo slogan si presenta agli imprenditori del centro Italia Centro Fidi Terziario. E' quindi operativo il progetto del quale avevo saputo in occasione del corso di formazione per i confidi del sistema Confcommercio Toscana. Si tratta di un intermediario iscritto all'elenco ex art. 107 TUB, ma è una SpA, non un confidi "mutualistico". Al capitale (oltre 10 milioni di euro di patrimonio netto, di cui 7 milioni di capitale sociale) partecipano i consorzi fidi provinciali di Confcommercio e undici istituti di credito. E' partita una campagna di informazione che attraverso una massiccia presenza su quotidiani e televisioni farà conoscere questo nuovo soggetto. Sulla base delle informazioni raccolte, Centrofidi Terziario si affianca ai confidi provinciali di primo livello, offrendo garanzie personali eleggibili, in prospettiva, per Basilea 2.
L’amministratore delegato di Centro Fidi Terziario è Franco Marinoni. Le banche partecipanti sono Banca Etruria, Gruppo Mps -Monte dei Paschi di Siena e Banca Toscana-, Cassa di Risparmio di Firenze, Cassa di Risparmio Pistoia e Pescia, Gruppo Bpi -CariLucca, CariLivorno e CariPisa-, Cassa di Risparmio di San Miniato, Cassa di Risparmio di Prato e Federazione regionale del Credito Cooperativo.
L'iniziativa coferma due cose:
- il sistema bancario è oggi molto interessato ai confidi come canale di contatto con le Pmi, a fini tanto di sviluppo commerciale quanto di selezione di clientela qualificata; senza l'apporto delle banche, difficilmente la nuova iniziativa avrebbe potuto partire con questa forte base patrimoniale;
- siamo al di fuori della cornice regolamentare posta dalla legge quadro sui confidi; il confidi 107 mutualistico è un modello ancora indefinito (mancano, come più volte ricordato, le norme attuative).

Luca
Fri 9 Jun 2006, 08.47 - Stampa
Ieri, a Riccione, ho tenuto una lezione per Confidi Servizi Emilia Romagna, società promossa da tre confidi di secondo grado della regione. Rispetto alle agende di lavoro di un corso di formazione standard, una goduria: due sessioni al giorno di 2,5 ore ciascuna, entrambe interrotte da un coffee break (anzi un piada break, direttamente dalla piastra, ottima, con prosciutto crudo, scamorza e rucola). Anche la qualità degli interventi era molto buona: oltre a me, hanno parlato lo stesso giorno consulenti di Confidi Servizi sugli aggiornamenti della legge quadro (Arzarello), sul nuovo diritto fallimentare (Giacomelli), sui sistemi di controllo di gestione (Simonini) e di controllo interno (Camanzi).
Platea numerosa, attenta, ma poche domande. C'è molta preoccupazione sul futuro. Il tormentone delle riflessioni e del dibattito è la trasformazione in intermediario vigilato ex art. 107 TUB, che teoricamente sarà obbligatoria per i confidi sopra un limite di esposizioni garantite (da definire nelle istruzioni applicative di Vigilanza, presumibilmente tra i 50 e i 100 milioni di garanzie). Banca d'Italia è molto cauta nel pubblicare le istruzioni, perché sa che molti confidi pur di dimensioni medio-grandi avrebbero grossi problemi ad adeguarsi ai requisiti patrimoniali e organizzativi.
Io mi sono fatto questa idea: le attuali garanzie confidi rimangono efficaci de facto, per le esposizioni small business molto efficaci. Hanno bisogno di qualche intervento di restyling, ad esempio sono state adattate al requisito di “prima richiesta” introducendo anticipi infruttiferi al passaggio a sofferenza e copertura delle spese di recupero.
Con Basilea 2 le garanzie reali a perdita limitata su cartolarizzazioni e tranched cover (anche da 106) sono eleggibili se la struttura ha un rating esterno, per tutte le banche, con maggiori vantaggi per le banche IRB; se la struttura ha un rating interno, sono efficaci per le banche IRB.
Se le garanzie 106 restano valide, il passaggio a intermediario vigilato 107 più che una necessità è una scelta: voluta, perché serve a rafforzare lo standing del confidi nei confronti di banche, agenzie di rating e sponsor pubblici; sostenibile, perché segue (non precede) la crescita dimensionale e organizzativa comunque imposta dalla concorrenza.
Una volta passati a 107, si potranno rilasciare anche le mitiche garanzie personali "a prima richiesta", se ci saranno domanda e portafogli di esposizioni idonee.
Mi sono convinto di un'altra cosa: i confidi potrebbero introdurre molti utilissimi cambiamenti tecnici e organizzativi anche restando 106, ma sono stranamente lenti nel farlo. Il problema sta nella difficoltà di convincere gli stakeholder (associazioni, enti pubblici) a cambiare solo per ragioni di convenienza strategica "interna". La meta del passaggio a 107 ha ben altro impatto politico e d'immagine, e si può anche vendere (con qualche reticenza) che è un obbligo normativo, quindi s'ha da fare, punto e basta. Allora ecco che si riuscirà ad avere l'appoggio, i budget di investimento, le risorse umane, ecc. ecc. Certo, trasformarsi in 107 costa una cifra (almeno 150.000 - 300.000 euro l'anno di costi informatici e di adeguamento organizzativo). Bisogna spendere bene questi soldi, che non finiscano soltanto in compliance, ma anche in adeguamento dei processi e delle competenze.
Basta questa considerazione per auspicare la sollecita pubblicazione delle istruzioni della Banca d'Italia sui confidi, e la conseguente migrazione dei maggiori confidi nel mondo dell'intermediazione vigilata? Meglio prima preparasi con qualche piano industriale realistico e meditato, corredato di un'analisi costi-benefici. Penso che la messa a punto di modelli di confidi 106 adeguati ai tempi, alternativi al 107, sia necessaria per dare più respiro e libertà alle scelte strategiche.Rimango dell'idea che la trasformazione in intermediario vigilato sia on'opzione per pochi, alla quale arrivare con percorso graduale.

Luca
Fri 9 Jun 2006, 07.50 - Stampa
Sono a Perugia, nella hall dell'albergo. Oggi mi vedo con i colleghi di Gepafin, la finanziaria della Regione Umbria, per il progetto confidi. Sono collegato in wireless, è la seconda volta che ci provo ed è davvero comodo. In certi paesi la copertura wireless gratuita è quasi ovunque, e uno può usare il PC al posto del cellulare, o nuovi cellulari con scheda di rete. In Italia la diffusione dell'innovazione procede a fiotti. Dal lato dell'offerta commerciale, si tende a mettere al primo posto quello che trova sbocco sul gigantesco mercato dei privati (pensiamo alla telefonia mobile). La connettività internet, penso di non sbagliare nel dirlo, è più cara in Italia che altrove, sia per i privati sia per le aziende. Non ci sono state rivoluzioni copernicane, tipo ADSL quasi gratis, per forzare i tempi di diffusione dell'uso della rete e creare un'infrastruttura. I margini dei provider (a cominciare da quelli dell'ex monopolista) sono considerati creature delicate, e ricevono cure e attenzioni. Con un po' di coraggio in più, si potrebbero incrementare i redditi riducendo i prezzi e puntando all'aumento drastico dei volumi, ma non è nello spirito nazionale: troppo affannoso, poco signorile. La pubblica amministrazione ha fatto qualcosa, ma niente di "visionario" che stravolgesse gli equilibri spontanei di un mercato poco dinamico.
Comunque, anche da noi la società si sta cablando. Però, che rabbia vedere quanti bravi informatici italiani ci sono, geniali e stimatissimi (basta vedere quanti nomi di casa si trovano sulle pagine dei progetti software open source), e quanta poca innovazione abbiamo trasferito in progetti di business e portato sul mercato internazionale. Sono più bravi a farlo gli americani, ma anche gli scandinavi (pensiamo a Skype), i francesi, gli indiani, i paesi dell'est Europa. Vabbé, non lamentiamoci, vuol dire che la missione del nostro popolo è un'altra.
Vivendo in università, mi sono accorto anche di un'altra possibile causa di questa situazione. Le nostre facoltà di Scienza dell'informazione, danno una formazione teorica rigorosa, ma un po' astratta. Un loro laureato triennale rischia di finire il primo livello di studi avendo studiato i teoremi della complessità computazionale, ma non sa cos'è un sistema ERP, o non conosce XML o altre tecnologie internet. Nella ricerca, i miei colleghi informatici "puri" hanno grande successo nei bandi europei, e producono una mole impressionante di pubblicazioni su riviste internazionali e di convegni. Solo una piccola parte del loro lavoro trova sbocco sul mercato, e riguarda di solito applicazioni ingegneristiche avanzate (visione, telecomunicazioni, automazione industriale, intelligenza artificiale). Penso che negli USA o in Finlandia non sia così.
Si è quindi aperta una distanza tra l'informatica scientifica e l'informatica gestionale. La seconda è una cosa che serve, ma piace poco a chi la sviluppa e a chi la usa, non sfrutta il volano di finanziamento dei fondi pubblici per la ricerca (che in Europa è potente, pensiamo ancora a Skype, che è partito con fondi europei), non attrae investimenti strategici.
Le cose più importanti, in Italia, le abbiamo fatte in presenza di forti sponsor istituzionali: pensiamo ai mercati telematici dei titoli di Stato, esportati in tutto il mondo da MTS, che hanno ricevuto un impulso decisivo dalla Banca d'Italia e dall'ABI. Anche nel campo dell'informatizzazione dei rapporti con il fisco, o con le camere di commercio, siamo competitivi. Morale: per indurci a innovare occorre una pressione normativa di qualche genere, a quel punto i fondi per investire si trovano perché ce li mette un soggetto istituzionale, e l'uso della tecnologia si diffonde perché è obbligatorio, o quasi. Poi, col tempo, si apprezzano i benefici intrinseci (pensiamo al passaggio al deposito in forma elettronica dei documenti presso il registro delle imprese).
A questo punto mi viene un'idea balzana: cerchiamo di convincere i provider istituzionali di servizi informatici a essere visionari. Ad esempio, perché non utilizzare l'infrastruttura di rete del Registro imprese per forme di comunicazione di natura volontaria? Perché un'impresa individuale, o una società di persone, che volesse darsi un'immagine di trasparenza, non potrebbe depositare il suo bilancio come una spa? Tecnicamente non ci sono impedimenti a farlo. Nell'ambito del progetto XBRL potremmo mettere a punto i formati elettronici dei bilanci in contabilità semplificata, e dare ai commercialisti e ai centri di servizi contabili gli strumenti per confezionare e inoltrare i documenti. Bisogna dare degli incentivi, ad esempio ridurre o azzerare i diritti di deposito o addirittura fare sconti sugli altri servizi obbligatori. I costi incrementali di elaborazione dati sarebbero contenuti (non penso che avremmo un'adesione di milioni, ma di decine di migliaia di aziende), e sarebbero più che compensati dai ricavi per richieste di visura dei bilanci fatte da banche, fornitori, ecc.
Proviamoci.

Luca
Thu 8 Jun 2006, 14.58 - Stampa
Con Provvedimento del Governatore del 14/2/2006 (v. Bollettino vigilanza, Banca d’Italia, Febbraio 2006, pag. 20) si è chiarito che gli intermediari finanziari soggetti a Vigilanza prudenziale, quelli iscritti all'elenco speciale ex art. 107 TUB, applicheranno i principi contabili internazionali IAS, come sono tenute a fare le banche dall'esercizio 2006. Gli intermediari non vigilati (iscritti all'elenco ex art. 106 TUB) continueranno invece ad applicare le regole oggi vigenti, derivanti dal DL 87/1992 relativo ai bilanci bancari per-IAS. Alle regole del citato DL sono apportate nelle prassi delle integrazioni suggerite dalle associazioni di categoria dei confidi, che tengono conto delle specificità dell'attività di garanzia, in particolare le voci del passivo per la registrazione dei fondi rischi su perdite attese e rettifiche specifiche (Fondo rischi per garanzie prestate) e la Riserva fondi rischi indivisibili, che accoglie invece gli apporti ricevuti da enti pubblici oppure è alimentata con giri da avanzi di gestione o riserve di patrimonio netto.
Nelle ricerche su due sistemi di confidi regionali che stiamo effettuando, abbiamo constatato che non tutti applicano lo schema "bancario" (diversi confidi di piccole dimensioni adottano lo schema di bilancio in forma abbreviata delle imprese non finanziarie). Inoltre, anche nei bilanci conformi al DL 87/92, l'interpretazione delle diverse voci è quanto meno discrezionale: dalla Nota integrativa non è facile risalire alla natura dei fondi rischi (accantonamenti fronte di perdite attese eventuali sulle esposizioni in bonis oppure rettifiche di valore specifiche di poste già in stato problematico?). Non parliamo poi del dettaglio della movimentazione dei fondi e dei conti d'ordine, che manca o è riportata al netto di compensazioni incrociate, il che rende spesso impossibile capire in un anno quanti crediti sono passati a sofferenza, di che origine sono i valori portati a conto economico (se accantonamenti o perdite realizzate), ecc. ecc.
Anche i criteri di imputazione dei ricavi da commissioni anticipate su garanzie pluriennali (per cassa, o mediate risconti per competenza) sono mutevoli nel tempo, con vistosi sbalzi della redditività.
Speriamo che la situazione migliori. Le banche stanno applicando ai confidi i propri modelli di rating interno, e penso che apprezzino bilanci che mettono in chiara luce come sono andate le cose sul fronte dello sviluppo commerciale e della qualità dei rischi. Anche la maturazione delle procedure informatiche in uso nel settore può aiutare ad avere conti più ordinati e leggibili.

Luca