Sat 29 Sep 2007, 10.06 - Stampa
La manovra per il 2008 approvata dal Consiglio dei ministri di venerdì 28/9 (vedi articolo del Sole 24 ore e le slide del governo) introduce diverse novità in materia di fiscalità d'impresa, che riprendono le raccomandazioni della Commissione Biasco. La novità più eclatante è la riduzione dell'aliquota Ires dal 33% al 27,5%, e di quella Irap dal 4,25% al 3,9%. Sull'altro piatto della bilancia, il Governo ha messo una serie di misure intese ad allargare la base imponibile: dovrebbero essere eliminati gli ammortamenti anticipati, aumentata la durata minima dei contratti di leasing, applicata l'indeducibilità degli interessi passivi eccedenti il 30% del risultato operativo (a fronte dell'abolizione della thin capitalization, che penalizzava l'eccessivo debito verso i soli soci); si applicano limiti annui alla detrazione di crediti di imposta per investimenti.
L’abbassamento dell'aliquota Ires si accompagna a una rimodulazione del prelievo su dividendi, redditi da partecipazione, e plusvalenze relative a soci persone fisiche con partecipazioni non qualificate: viene aumentata al 18,5 per cento l'imposta sostituiva che era al 12,5. Per le persone fisiche con partecipazioni qualificate viene elevata la quota tassata di questi redditi. A vantaggio delle società di capitali viene ripristinata la participation exemption, ovvero la detassazione del 95% delle plusvalenze eleggibili (era stata ridotta all'84%), allineando la tassazione di dividendi e plusvalenze.
Le ditte individuali e le società di persone potranno optare per una tassazione proporzionale Ires, con l'applicazione della nuova aliquota del 27,5% (ma solo per gli utili non prelevati), in luogo del prelievo progressivo Irpef in capo ai soci o al titolare.
Le modifiche sono tante, e meritano commenti più circostanziati. Preferisco aspettare l'approvazione della manovra per fissarne i dettagli, là dove potrebbe "nascondersi il diavolo" (pensiamo soltanto alle regole e alle eccezioni sulle soglie di indeduciblità degli interessi). Come prima impressione, apprezzo il tentativo di ridurre le interferenze fiscali nelle scelte di investimento e di indebitamento, e anche la chance offerta alle piccole imprese (individuali e società di persone) per tirare una linea tra la fiscalità (e quindi la finanza) dell'impresa e la ricchezza personale. Nel contempo, si introduce un regime semplificato per le microimprese, che prevede esclusivamente il pagamento di un'imposta sostitutiva sul reddito pari al 20%. La misura riguarda chi ha un giro d'affari inferiore a 30 mila euro lordi l'anno, non ha fatto investimenti superiori ai 15 mila euro nel triennio e non ha dipendenti. Per quanti aderiscono al regime semplificato scattano la franchigia dall'iva e dalla relativa documentazione, l'esenzione dall'irap e un solo adempimento per l'irpef. Il reddito imponibile si calcola sottraendo dal valore del giro d'affari annuale, quello dei costi sostenuti per l'impresa. Sulla differenza si calcola infine il 20 per cento.Questo può aiutare a trattare diversamente, e opportunamente, le imprese strutturate e le attuali partite IVA dietro le quali sta un'attività di prestazione di lavoro, senza un patrimonio autonomo.
Certamente ci sarà molto lavoro per i consulenti aziendali e, una volta tanto, conterà di più la finanza del fisco. Sarà meno vantaggioso il troppo debito perché a fronte di un minor scudo fiscale, farà peggiorare il rating e il costo del debito (se Basilea 2 non rimane una teoria). Forse le imprese si ricapitalizzeranno, anche ricorrendo al private equity. Sul piano logico, il ragionamento fila. Bisogna vedere se lo sconto di aliquota sposterà le soglie di convenienza, e se si adegueranno la cultura e i comportamenti delle imprese e dei loro finanziatori. Gli effetti saranno molto differenziati in relazione a: dimensioni, potere contrattuale verso i fornitori, grado di internazionalizzazione della filiera produttiva e della finanza, accesso al mercato azionario, ecc.
Occorre un monitoraggio attento degli effetti reali di questo provvedimento.
Luca
Sat 29 Sep 2007, 09.17 - Stampa
Dopo Fitch (vedi questo blog), Banca d'Italia con questa comunicazione ha riconosciuto come ECAI Moody's Investors Service per tutti i comparti previsti nell'ambito del metodo standardizzato (Titolo II, Capitolo 1, Parte Prima) e per le posizioni verso cartolarizzazioni (Titolo II, Capitolo 2, Parte Seconda). Il riconoscimento viene rilasciato per le sole valutazioni solicited, ad eccezione del comparto "finanza pubblica" (amministrazioni centrali e banche centrali, enti del settore pubblico, enti del settore territoriale, banche multilaterali di sviluppo) per il quale sono riconosciuti anche i rating unsolicited.
La comunicazione ribadisce anche il riconoscimento di Fitch Ratings con identica specificazione.
A questo punto aspettiamo il turno di Standard and Poor's e, perché no, della prima ECAI italiana. Di agenzie di rating domestiche avevamo parlato qui. Accanto ad iniziative della specie chiacchiere (molte) e distintivo (quello di ECAI, usato a sproposito), c'è anche qualche progetto serio. Ci torneremo a breve.

Luca
Wed 26 Sep 2007, 12.44 - Stampa
Buone notizie sui progressi di XBRL in Italia. Un articolo uscito su "Italia Oggi" del 26/9 parla della sperimentazione dell'invio telematico dei bilanci in formato XBRL, limitatamente ai prospetti di Conto economico e Stato patrimoniale. L'iniziativa è promossa, in vista dell'introduzione dell'obbligo di deposito dal 2008, da Assosoftware in collaborazione con Infocamere, e coinvolge numerosi vendor di pacchetti gestionali.
L'articolo inquadra con molta precisione i particolari del progetto e prospetta anche gli sviluppi futuri di XBRL: l’invio telematico, dal 2009, di alcuni prospetti derivati dalla Nota integrativa e del Rendiconto finanziario; in collaborazione con l’Istat, l’invio dei dati presenti nei questionari SCI-Istat, il cui obbligo di compilazione riguarda oggi circa 120 mila soggetti; l’invio dei dati da utilizzare per le elaborazione degli indici richiesti per l'ammissione al MAC (Mercato alternativo dei capitali), il sistema di scambi organizzati per le imprese emergenti gestito da Borsa Italiana.
Sono molto contento del fatto che XBRL sia entrato nella pipeline dei progetti operativi dei software vendor. Un plauso ad Assosoftware, e alla sua direttrice Mary Leggio, che ha saputo proporre XBRL alle imprese associate con competenza e convinzione, coordinandosi al meglio con Infocamere (un plauso anche agli amici di Padova).

Luca
Wed 26 Sep 2007, 05.43 - Stampa
Da osservatore, noto un grande fermento nel settore dei confidi in Sicilia. Su aleablog, ce ne parla spesso nei suoi interventi Bartolo Mililli, Presidente del Confeserfidi di Scicli (Ragusa), una realtà molto dinamica. Ce lo conferma questa notizia, ripresa dalle agenzie di stampa:
Messina, 25 set. (Apcom) - Nasce Fidimpresa-Confidi di Sicilia, dalla fusione delle strutture di garanzia fidi di Siracusa e Ragusa e dell'ex Confidi Catania. Fidimpresa avrà al suo attivo oltre 150 milioni di euro di finanziamenti garantiti con oltre 12 milioni di euro di patrimonio netto e sportelli in ogni provincia. [...]
Prevista da Fidimpresa nel proprio Statuto anche l'ipotesi di accorpamento con altre strutture, "in modo che a ciascun confidi siciliano che vorrà unirsi al Confidi di Sicilia sarà garantita, per cooptazione, un'adeguata rappresentanza anche con l'istituzione di comitati tecnici di filiale atti a mantenere l'autonomia dei confidi incorporandi".
In Sicilia si sta affermando un modello di confidi multisettoriale con proiezione sull'intera regione. Dietro questa dinamica stanno le politiche di incentivazione della Regione Autonoma, e una situazione di mercato che vede in diverse zone piccole realtà locali che lasciano insoddisfatta una larga parte della domanda. Nel caso citato nella notizia il polo di aggregazione è l'ex Confidi Catania, di matrice industriale. Il nuovo nome, Fidimpresa, identifica in molte altre regioni gli enti della rete CNA, non so se la scelta sia casuale o deliberata.
Tra i confidi siciliani più strutturati si sta giocando una partita a tutto campo per affermarsi come leader regionali.

Luca
Tue 25 Sep 2007, 17.48 - Stampa
Nel numero di giugno 2007 del Journal of Accountancy Online è uscito l'articolo "ROI on XBRL" di John Stantial, responsabile del reporting finanziario per la United Technologies Corporation. L'articolo sdrammatizza i costi presunti di XBRL portando la testimonianza di una società che ha aderito al programma di segnalazione volontaria alla SEC di report periodici in XBRL. Eccone i passaggi conclusivi:
So, there isn’t a cost barrier, the tools are available, technical knowledge of XML is not required, the resource commitment need not be extensive, and there are a number of reasons to begin participating now. But this is all reactive information. The benefits to XBRL come in the future when tagged information is readily available from all companies and can be accessed electronically for analysis, benchmarking, reporting uses and financial modeling. Not only can XBRL enhance external financial reporting, but it can also be applied internally for cost accounting, performance measurement, analysis and decision-making purposes. [...]
But the benefit needn’t stop there. If other users of financial information, such as the IRS, the Bureau of Economic Affairs and the Department of Labor, were to accept XBRL files, comparable benefits could be realized as the necessary filing documents could be generated and transmitted from the same tagged database—in our case HFM.
XBRL is not a fad; it is here to stay. It is already mandated by the FDIC for the filing of all U.S. bank call reports and is in use in other countries around the world. The tools are available, the resources are there to assist, and the potential benefits are tremendous. With the flexibility and generally open-ended nature of the SEC’s VFP, now is the ideal time to begin.
Trovate qui il testo.

Luca
Tue 25 Sep 2007, 08.40 - Stampa
Da domani 26/9 fino a venerdì si terrà a Sampieri (località sulla costa ragusana sotto Scicli) la consueta convention annuale per gli amministratori e i dirigenti dei confidi del settore artigiano che aderiscono a Fedart Fidi.
Sarà l'occasione per fare il punto sulle numerose iniziative che l'Associazione ha intrapreso per affrontare i cambiamenti del quadro normativo e strategico dei confidi: ridisegno della struttura organizzativa e di governance, sistemi di rating, procedure di recupero crediti, contabilità IAS.
Parteciperanno Antonio Lo Monaco e Claudio D'Auria della Banca d'Italia, dai quali è naturale attendersi un aggiornamento sui tempi e sui contenuti delle Disposizioni attuative della legge quadro che il Ministero dell'economia e la Banca d'Italia sono in procinto di pubblicare.
Auguri di buon lavoro al Presidente Villa e tutti i partecipanti.

Luca
Mon 24 Sep 2007, 17.19 - Stampa
Tra i moduli del progetto smefin tengo molto a quello che si occupa dell'assistenza finanziaria e consulenziale alle imprese in crisi. Per la conoscenza diretta che ho del fenomeno, sono convinto che in situazioni del genere si potrebbe aiutare molto l'impresa , ma che in pratica si fa molto poco. Molte crisi avvengono per colpa dei proprietari che depauperano il capitale dell'impresa e, quando la crisi si manifesta, la tirano in lungo per non perdere il controllo e salvare quanto possibile dalle pretese dei creditori. In altri casi, invece, l'imprenditore è in buona fede e sconta errori e omissioni compiuti nelle scelte di business o (più spesso) di finanziamento. Qui si può fare qualcosa, ed è giusto non lasciare solo il capo-azienda, che altrimenti tira avanti spremendo liquidità finché può e "gettando soldi buoni dietro soldi cattivi", senza un disegno preciso.
Molte banche si ritirano dalla relazione personale con l'impresa quando il credito passa a sofferenza. L'esposizione passa sotto le cure del servizio contenzioso o di una società di recupero crediti. E' difficile su queste basi che i "recuperanti" si facciano carico del groviglio di problemi delicati e complessi che una crisi aziendale porta con sé: le procedure si trascinano, senza prospettive di risanamento né di ordinata e tempestiva liquidazione.
Quanto potrebbe aiutare, in questi frangenti, un soggetto che si affianca all'impresa, cerca di mettere ordine nei suoi conti e nei suoi piani, e la conduce verso un percorso di liquidazione o di risanamento, secondo la migliore convenienza! Soltanto chiacchiere e buoni sentimenti, direte voi. Io non sottovaluterei l'utilità anche della sola consulenza. L'intervento che auspico avrebbe peraltro ben altra forza se ad attuarlo fosse un soggetto che, oltre a consigliare, sostenesse finanziariamente l'impresa: un confidi, perché no?.
All'evento di default, i confidi che erogano garanzie personali a prima richiesta assumono il credito problematico. Possono essere loro i soggetti di buona volontà che cercano di dipanare con l'impresa la matassa dello stato di crisi. Questi interventi sarebbero in piena sintonia con la missione solidaristica dei confidi. Il confidi potrebbe intervenire al momento del default anche su esposizioni che prima non garantiva, fornendo alle banche coperture su prestiti ristrutturati nell'ambito di piani costruiti sotto la sua attiva supervisione. Questa attività potrebbe abbattere la loss given default dei crediti così garantiti. Se il modello si rivelasse più efficiente rispetto ai percorsi soliti gestiti da società di recupero crediti, il confidi potrebbe trarre da questi interventi una fonte di reddito sotto forma di success fee riconosciute dalle banche in caso di risanamento riuscito.
Gentili visitatori con esperienza diretta di questi problemi, che cosa pensate di questa idea?. Troppo complicata e costosa? Però risponde a problemi reali altrimenti lasciati a se stessi: questo è già un argomento forte. E guardiamo in faccia la congiuntura che ci aspetta: le situazioni di crisi saranno (purtroppo) più frequenti, veniamo da cinque anni di qualità del credito ai massimi storici.
Se esistessero soluzioni banali, a che servirebbero i confidi?

Luca
Fri 21 Sep 2007, 06.26 - Stampa
La corsa agli sportelli della Northern Rock, quinta banca per la casa del Regno Unito, è stata uno shock per tutti. Scene del genere non si vedevano dal 1866. L'Economist di questa settimana ne parla in due articoli, uno sulle cause interne alla banca e l'altro sulle responsabilità della Bank of England.
Sotto accusa è la politica di raccolta "estrema" della Northern Rock, che seguiva lo sviluppo esplosivo dei mutui con funding sul mercato della commercial paper e dei depositi interbancari, per poi cartolarizzare. Questo modello di business produce un gap strutturale di raccolta diretta. Può reggere in condizioni di liquidità abbondante, anzi fa guadagnare un sacco di margine di interesse. L'allarme è scattato dopo la crisi dei subprime, quando la sfiducia reciproca tra banche ha prosciugato l'offerta sull'interbancario e ha fatto scappare molti investitori in asset backed commercial paper emesse da veicoli di investimento speculativo. Per far rientrare il panico, il cancelliere dello scacchiere, Alistair Darling, ha dovuto spendere la garanzia del governo, e la Bank of England ha fatto robuste iniezioni di liquidità nel sistema, come nelle scorse settimane avevano fatto la Fed e la Bce.
Il paradosso è che i due organi di controllo britannici, la banca centrale e la FSA (organo di vigilanza sull'intero sistema finanziario) avevano da mesi lanciato avvertimenti sul funding gap della Northern. Nessuno era però intervenuto d'imperio perché il focolaio stava sul crinale tra le sfere di competenza dei due organi: la banca era sì esposta ad un rischio di liquidità, ma presentava per il resto buoni parametri di stabilità finanziaria (equilibrio di repricing dei tassi e ampia dotazione patrimoniale).
Il rischio di liquidità sistemico sfugge ai controlli prudenziali: storicamente è stato compito delle banche centrali prevenirlo con le leve del controllo monetario. Oggi vige una netta separazione di compiti che limita la politica monetaria alla regolazione del binomio inflazione/crescita, e lascia che siano i dispositivi prudenziali a ostacolare la formazione di portafogli squilibrati, imponendo un patrimonio minimo adeguato rispetto alle perdite potenziali. Quando la crisi è di natura sistemica, con i mercati che corrono a vendere a prezzi in picchiata, il cuscinetto patrimoniale si consuma in fretta e non basta più a infondere sicurezza. Ecco allora che la patata bollente torna alle banche centrali, costrette ad intervenire (molti operatori che si erano spinti su posizioni estreme si salvano così, ed è un invito a rifarlo nel prossimo ciclo espansivo).
Sui limiti dei modelli VaR in caso di crisi avevo scritto questo paper nel 1999. Penso che negli ultimi anni abbiamo studiato troppa finanza quantitativa e poca storia monetaria. Nel programma dei corsi di Economia degli intermediari finanziari è stato aggiunto molto su VaR e Basilea 2, ma è quasi scomparso il capitolo sulla gestione della liquidità e della tesoreria delle banche, e sui nessi tra gestione bancaria e politica monetaria: la politica estrema della Northern Rock non è altro che l'approccio del liability management che ha rivoluzionato la tesoreria delle banche USA negli anni 60 dopo lo sviluppo del mercato monetario. Non sarebbe il caso di tornare a parlare ai giovani di queste cose?
Sulla prova di stress a cui è sottoposto il sistema finanziario post-disintermediazione potete leggere questo paper di Moody's.
Luca
Thu 20 Sep 2007, 17.30 - Stampa
Tra i gruppi di lavoro dell'Associazione XBRL Italia ce n'è uno che si occupa degli schemi di bilancio delle società quotate. Il nostro gruppo smefin non partecipa a questo tavolo perché già impegnato sulla tassonomia GAAP Italia per le società non quotate. Alle società non quotate si applica la normativa ex IV direttiva CEE, che definisce schemi obbligatori con un notevole grado di dettaglio. E' stato semplice trovare un accordo sulle voci da prevedere nella tassonomia GAAP Italia, almeno per i prospetti di Conto economico e Stato patrimoniale che sono ben specificati nel codice civile.
Le società quotate, le banche e le assicurazioni applicano i principi contabili IAS, quindi la tassonomia elettiva da utilizzare dovrebbe essere la ifrs-gp, sviluppata da un gruppo di lavoro internazionale sotto il patrocinio dello stesso IASB. Dico "dovrebbe" perché c'è un problema in più in Italia: XBRL non è adottato su base volontaria, ma diventerà il formato elettronico elaborabile prescritto dal Decreto Bersani per il deposito obbligatorio del bilancio. Gli IAS, ai quali rinvia la normativa europea, non impongono formati chiusi, bensì principi a cui attenersi. Una tassonomia XBRL con valore legale andrebbe a blindare gli schemi di rappresentazione che la normativa primaria lascia aperti. Sarebbe inaccettabile. Come risolvere l'impasse?
Per trovare la soluzione bisogna inquadrare correttamente il problema:
  • il Decreto Bersani mirava ad aumentare la trasparenza contabile delle 400.000 società di capitali non quotate, non delle 350 società quotate, che hanno già i loro canali di comunicazione finanziaria, né tanto meno delle banche e delle compagnie di assicurazione, tenute ad effettuare puntuali segnalazioni contabili ai rispettivi Organi di vigilanza;
  • ci sono fior di progetti internazionali per le tassonomie XBRL-IAS (il principale è ifrs-gp), e bisogna inserirsi in quel filone; non ha senso pensare ad un progetto autarchico soltanto perché c'è una legge italiana che impone un adempimento;
  • la tassonomia ifrs-gp rappresenta un esempio di applicazione ragionevole dei principi IAS; la singola società può modificare la struttura e il contenuto dei prospetti attraverso il meccanismo delle estensioni alla tassonomia, per le quali XBRL definisce delle regole precise; in questo modo si mantiene un unico schema di base, lasciando però ai singoli utenti la libertà di adattarlo alle loro esigenze.
Le società quotate dovrebbero dunque adottare la tassonomia ifrs-gp, con facoltà di introdurre estensioni ad hoc. I loro sistemi contabili dovrebbero essere in grado di generare documenti XBRL conformi a questo standard. Per vedere un esempio concreto, consiglio di studiare l'esperienza del progetto eccbso delle centrali dei bilanci europee (per l'Italia vi partecipa Centrale dei bilanci). eccbso è appunto una tassonomia derivata per estensione della ifrs-gp (utilizza schemi più compatti rispetto alla tassonomia madre). Sul sito trovate esempi di prospetto in Excel e dati di prova in database Access.
Il vero problema sta nel trasporre questa soluzione all'interno delle norme di attuazione del Decreto Bersani con le quali si dovrebbero approvare i formati elettronici obbligatori entro dicembre 2007. Io auspico una soluzione tranchant: escludere dall'applicazione del decreto Bersani società quotate, banche e assicurazioni. Per diffondere XBRL in questa popolazione ristretta e qualificata è molto più pertinente e proficuo lanciare iniziative specifiche, a cura delle rispettive Authority e di Borsa Italiana, in stretto coordinamento con i progetti internazionali.

Luca
Tue 18 Sep 2007, 22.09 - Stampa

Branzino al sale alla vecchia maniera

A cena, la sera prima del convegno di Bari, il Presidente di Federconfidi, Francesco Bellotti, ottimo cuoco, ci ha insegnato un modo di cucinare il pesce che intendo divulgare, perché lo proviate, certamente, ma anche per trarne insegnamenti preziosi.
A molti di voi, gentili visitatori, è capitato di preparare un branzino al sale. Ponete l'esemplare, eviscerato e insaporito con un trito di erbe, su una base di sale grosso in una teglia, lo coprite con altro sale e mettete in forno. A fine cottura, spaccate la crosta e trasferite il pesce in un piatto di portata. Nell'operazione sparpaglierete grumi di sale sul tavolo e qualche grano rimarrà attaccato alla polpa. Come salvare il meglio di questa preparazione leggera e gustosa, eliminando i fastidi e, già che ci siamo, riducendo il consumo di ingredienti?
Qui entra in gioco la ricetta segreta: prendete 500 grammi di farina, fatene un miscuglio con 250 grammi di sale, aggiungete 2 decilitri di aceto e acqua quanto basta a rendere il tutto modellabile. Ricavatene un sarcofago per il branzino, sigillate e infornate. A cottura ultimata, staccate la parte superiore dell'involucro compatto di farina e sale al quale, oplà, resterà attaccata la pelle. Servite la polpa, togliete la lisca e ripetete l'operazione con l'altra metà. Neanche un grano di sale andrà disperso. Pura arte culinaria con un tocco di manifatturiero made in Italy.
Cari confidi, prendete esempio dal vostro Presidente. Basterebbero tre o quattro idee come questa per affrontare senza patemi la reingegnerizzazione dei processi, aumentando il rendimento, affinando la qualità, rispettando le normative e tenendo i costi sotto controllo.
Durante l'istruttoria di una pratica trovate il modo di assistere l'impresa nelle sue valutazioni, per poi instradare il dossier in formato elettronico verso la banca. Fatevi un modello per tenere sotto controllo i rischi di portafoglio e da lì tirate fuori il reporting per la direzione e il CdA, le rettifiche contabili, i flussi informativi verso i controgaranti e la Vigilanza.
Nessuna perdita di tempo per attività ripetitive in cui non si impara niente. Entusiasmo alle stelle tra il personale e i soci, le banche stupite ad ammirarvi.
Non aspettatevi le ricette segrete dai vostri consulenti: contate piuttosto su processi endogeni di innovazione diffusa, fatta di miglioramenti continui, come nei distretti industriali (di cui siete espressione). Accademici e consulenti possono trasferire le conoscenze di base sugli strumenti, ma tocca a voi accordarli e farli suonare.
Vale la pena di provarci: "dove c'è gusto non c'è perdenza".

Luca
Mon 17 Sep 2007, 18.23 - Stampa
Dopo la cronaca delle mie giornate baresi, vi racconto dell'evento che era il vero scopo del viaggio: il convegno "Consorzi fidi: quale futuro?", tenutosi sabato 15 settembre alla Fiera del Levante. Fidindustria Bari, promotore dell'iniziativa, è un confidi di dimensioni rilevanti per il Mezzogiorno: circa 40 milioni di esposizioni garantite e un organico di quattro persone (numeri simili li ha il confidi industriale di Bolzano). Dopo i saluti, il presidente di Fidindustria Nitti ha introdotto le relazioni.
Giuseppe Tucci, ordinario di Diritto Privato a Bari, ha ripercorso le pietre miliari dell'evoluzione normativa (legge quadro e Basilea 2), sottolineando l'urgenza di passare dall'esegesi della disciplina alla formulazione di strategie adatte per ogni settore e contesto territoriale.
Ho raccolto questo spunto parlando a braccio sulla traccia dell'intervento che avevo preparato (lo trovate qui). Ho riproposto il confronto tra modelli di gestione del rischio basati su garanzie personali e su forme di tranched cover, discutendo i motivi reali (e quelli presunti) che spingono i confidi a trasformarsi in intermediari vigilati. Ho aggiunto qualcosa sulla crisi dei subprime (idee già accennate negli ultimi blog) e sul ruolo dei confidi nel Mezzogiorno.
E' stata la volta dei due presidenti Giuseppe Russo (Unionfidi Torino), e Massimo Perini (Confidi Province Lombarde), protagonisti con il collega Giovanni Cavalieri del Confidi Sardegna del progetto di mega-fusione tra confidi industriali. Russo, professore di economia industriale e presidente designato del futuro mega-confidi, ha dimostrato i vantaggi della grande dimensione nel mercato della garanzia e dei servizi collegati. Il problema delle fusioni non è tanto il "perché" aggregarsi (la punta dell'iceberg), ma il "come" riuscire a farlo (la sua parte sommersa). La difficoltà del "come" è maggiore in un modello di governance che pone al centro le imprese socie e tutela le specificità delle regioni e il ruolo degli enti sostenitori (associazioni e Camere di commercio). Sarebbe più semplice centralizzare la funzione di governo e la fabbrica prodotto e decentrare soltanto la rete distributiva, ma non è quello che si vuol fare nell'alleanza TO-MI-CA, nella quale saranno assicurati ai soggetti locali ruoli di governo (con assemblee separate dei soci e rappresentanze in CdA, presumo) e competenze deliberative sul credito (con comitati tecnici locali, ri-presumo). Sempre in tema di "come", vedo in un modello del genere il bisogno di un sistema contabile e di portafoglio raffinatissimo, che consenta la tracciabilità per regioni, settori e programmi dell'allocazione del rischio e della destinazione delle risorse affluite dagli enti sostenitori. E' per questo motivo che la tranched cover sarà molto utile per costruire programmi segmentati con destinazione vincolata, anche se questo potrà rendere macchinoso il pooling del rischio.
Perini ha ribadito questi valori, in particolare la natura privata del confidi. Si è poi soffermato sui programmi di co-garanzia avviati da Milano (in autonomia rispetto a Torino e alla Sardegna) con enti di medie dimensioni (Ravenna, Latina, Salerno, Bari, più altri nella pipeline). Vedo in questa forma morbida di aggregazione una tappa verso una possibile espansione del perimetro del mega-confidi.
Nelle conclusioni, Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi, ha ribadito che i consorzi devono contribuire al miglioramento quotidiano dell'operatività delle imprese aderenti, attraverso professionalità qualificate, guidate con chiari indirizzi politici dalle Associazioni. Tra i soci di Federconfidi ci sono realtà diversificate, e non si vuole imporre un modello uniforme, che non funzionerebbe. Bellotti ha però detto chiaramente che il cambiamento è una necessità per tutti, che non ci sarà spazio per modelli che non si reggono economicamente. Federconfidi vuole però che questo convincimento maturi spontaneamente, grazie all'esempio delle esperienze innovative di successo. Ha poi auspicato progetti di sistema sulle funzioni nuove da potenziare nei "107" (informatica, contabilità e controlli interni), anche attingendo alle risorse giacenti nei fondi interconsortili (come l'IGI promosso dalla stessa Federconfidi), sbloccate dalla legge finanziaria per il 2007.
Prima dei saluti finali, l'assessore al Bilancio della Puglia, Saponaro, ha rassicurato circa l'attenzione della Regione per i confidi, invitando a collaborare alla stesura delle norme applicative delle linee di indirizzo espresse in materia dal Piano Obiettivo Regionale 2007-2011.
Il pubblico ha seguito con interesse i lavori fino alle 13.00, in una sala gremita. Complimenti agli amici di Fidindustria Bari che con la loro intraprendenza mettono in pratica, in positivo, il monito del proverbio barese:

Tre còse rruvìnene lu mùnnu: lu "ca pòi", lu "pìu pìu" e lu "fàzza Dìu"
Tre cose rovinano il mondo: il poi, il piano piano, ed il faccia Dio

Luca
Mon 17 Sep 2007, 04.46 - Stampa

Una veduta di Barivecchia

Un'altra tappa del mio viaggio alla riscoperta del Mezzogiorno: destinazione, Bari. L'occasione è venuta dall'invito ad un convegno organizzato da Fidindustria, il confidi industriale del capoluogo pugliese. Partenza venerdì mattina, volo Verona - Bari Alpi Eagles, a bordo di un Fokker 100 con equipaggio croato. Atterraggio alle 12.15, raggiungo l'albergo e in 15 minuti sono pronto per visitare la parte antica della città. Un taxista mi porta in Piazza del ferrarese, e da lì prendo la passeggiata sulle mura fino alla Basilica di San Nicola. E' chiusa e riapre alle quattro, mi informa il sagrestano. Ne approfitto per girare a zonzo tra le stradine di Barivecchia. Rimango affascinato dall'armonia tra gli spazi privati delle case e la trama di strade, vicoli e cortili. Il lastricato è lindo grazie alle signore che lo ripassano più volte al giorno con lo straccio bagnato. Le cucine al piano strada diffondono profumi. Mi concedo una pizza da "Gusto": dove c'è gusto non c'è perdenza, è il motto del locale, ma potrebbe essere il manifesto di un nuovo movimento. Molto meglio il G-Day del V-Day.
Ancora a spasso fino alle 16.00, poi San Nicola, la Cattedrale di San Sabino, il castello svevo. Il cielo è leggermente velato, l'aria fresca.
La sera, per la cena raggiungo il Circolo della vela, nell'area portuale. Mi accolgono Vitopaolo Nitti, presidente del confidi e Lina Aloja, segretaria di direzione, insieme ad amici baresi. Ci raggiungono gli altri ospiti: Giuseppe Tucci, ordinario giusprivatista a Bari, Massimo Perini, presidente del Confidi Province Lombarde, con tre persone del suo staff, e infine Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi. La serata è piacevole. Non si parla di confidi, la conversazione lieve e garbata tratta di ricette (il Presidente Bellotti è un ottimo cuoco) e fatti notevoli, come l'incidente alla Processione delle barche per San Nicola, quando alcuni razzi pirotecnici mal posizionati si sono accesi scatenando un bombardamento navale: barche capovolte, famiglie con bambini in acqua, ma tutti incolumi (San Nicola provvede sempre). Gli ospiti chiedono di loro conoscenti baresi: l'avvocato XXXX? E' a cena nell'altra sala. L'imprenditore YYYY e sua moglie, custode di una ricetta inarrivabile di riso, patate e cozze? Erano seduti a quel tavolo, se facciamo in fretta li raggiungiamo all'ingresso. E così per chiunque fosse evocato: tutti presenti, quella sera, al Circolo della vela. Sembra che a Bari valga il detto les gens qui vivent se rencontrent: se a Parigi ci fosse il mare ...
Il mattino, convegno presso la Fiera del levante. Interessante e riuscito, ma ne parlo qui. Subito dopo, il meglio della cucina barese alla "Pignata", in Corso Vittorio Emanuele: seppioline crude col limone, latticini spaziali, purea di fave con la cicoria, tubetti con lo scorfano, triglie, gamberi e altro, dessert, saluti cordialissimi.
Il Fokker 100 (che caldo a bordo!) mi ha riportato a Verona, e la smefinmobile da lì a Trento.
E' stato bello scoprire Bari. Il Sud è diverso da come ce lo immaginiamo, e le sorprese positive vincono sulle delusioni. C'è un enorme lavoro da fare, ma anche tante persone già all'opera.

Luca
Thu 13 Sep 2007, 18.10 - Stampa
Dopo la crisi dei subprime serpeggia del nervosismo nei rapporti tra le agenzie di rating, i mercati e l'opinione pubblica. Questo articolo dell'Economist del 6 settembre riassume i motivi di perplessità del mercato e le controrepliche delle agenzie. La credibilità delle agenzie di rating ha vacillato sotto i colpi della crisi dei titoli strutturati. Le agenzie negli ultimi cinque anni hanno tratto da questo mercato quasi la metà del fatturato per emissione di rating, oltre a generare ricavi collaterali per le loro divisioni di consulenza. Solo l’1% delle emissioni è stata finora declassata, si sono difese così le principali agenzie per provare la correttezza della maggior parte dei giudizi espressi. I mercati non sono stati altrettanto cauti, e si è assistito a cadute brusche delle quotazioni di questi titoli, e all’aumento degli spread sulle nuove operazioni.
Il pezzo dell'Economist rinvia ad un articolo del 2006 di Frank Partnoy, giurista dell'Università di San Diego How and why credit rating agencies are not like other gatekeepers (scaricabile previa registrazione gratuita su SSRN). Si analizzano le possibili cause di conflitto di interesse tra il ruolo di valutatore indipendente del rischio, disciplinato dalla reputazione, e quello di società for profit, con ricavi fatturati agli emittenti, e collegati al numero di transazioni oggetto di rating. Partnoy cita per confronto il caso delle accounting firms che hanno un problema di conflitto, in parte analogo, tra le funzioni di certificazione contabile e di consulenza. Le differenze superano però le analogie. Vi consiglio questa lettura molto stimolante, fatta da un osservatore che conosce bene il mercato USA.
Non è facile trovare rimedi praticabili alle falle del sistema di incentivi delle agenzie: favorire l'ingresso di nuovi player per stimolare la concorrenza? Si accentua il rischio di rating compiacenti per vincere mandati (dirò poi come agisce Basilea 2 su questo punto). Far pagare il rating dagli investitori? Non è facile, e le informazioni sul rating diventerebbero meno accessibili. Rendere le agenzie legalmente responsabili dei danni subiti dagli investitori che subiscono i default "altamente improbabili"? Negli USA questo andrebbe in contrasto con il principio della libertà di espressione (le agenzie sono parte di gruppi editoriali). Una soluzione, indicata da Partnoy, sarebbe quella di ridurre l'influenza dei rating togliendo loro valore a fini regolamentari, nelle normative sui servizi di investimento e di vigilanza prudenziale: e cosa usare al loro posto? Gli spread creditizi di mercato? Troppo volatili.
Penso che il mercato trovi nei rating delle agenzie un punto di riferimento difficile da sostituire, con tutti i limiti che questo può avere in alcuni comparti o in singoli episodi di crisi. Sono gli investitori che devono farsi carico di soppesare il rischio di inaccuratezza e di instabilità dei rating, che cambia a seconda del mercato e della classe di merito creditizio. Ci pensano le stesse agenzie a correggere nel tempo i modelli che si sono rivelati poco robusti.
Vedo inoltre dei pericoli in un attacco ai rating proprio adesso, a tre mesi dall'entrata a regime di Basilea 2. Il nuovo Accordo non è certo un'operazione promozionale a favore di Moody's, S&P's e Fitch, dato che introduce un elemento di concorrenza nuovo, ovvero la possibilità per le banche IRB di scegliere tra rating esterni ed interni: anche i secondi valgono a fini di vigilanza, e la stessa banca può quindi decidere se scommettere sulle proprie valutazioni del rischio o se avvalersi del giudizio di un'agenzia (questa alternativa si pone, ad esempio, per le cartolarizzazioni). Inoltre, potranno competere sul mercato nuove ECAI "regionali" (ne parlavo qui), specializzate in particolari paesi o settori.
Insomma, non perdiamo la fiducia nella capacità dei mercati finanziari di correggere i propri malfunzionamenti: non sempre i controllori riescono a prevenirli, e c'è chi ne approfitta, prima della crisi, per incamerare lauti guadagni (non è detto che riesca a conservarli). Abbiamo però la libertà di stare alla larga dalle bolle speculative, e di invitare gli amici a fare altrettanto: il tipo di finanza che risponde a bisogni reali va avanti per la sua strada. Le crisi la disturbano, ma non la fermano.

Luca
Wed 12 Sep 2007, 09.20 - Stampa
Cito da un'agenzia di stampa:
Sarà in funzione dal prossimo 17 settembre una nuova struttura di supporto agli operatori per le procedure legate agli aiuti alle imprese del settore produttivo (industria e artigianato). La nuova struttura si chiamerà "U.A.I. Unità di assistenza alle imprese": uno strumento di facilitazione a disposizione delle aziende per affrontare con piú celerità e trasparenza il dialogo con la Pubblica amministrazione. Si tratterà dunque di un nuovo punto di riferimento, reale e non teorico, offerto in particolare alle piccole e medie imprese, che rappresentano l'ossatura del sistema produttivo trentino. L'Unità di assistenza alle imprese, istituita presso il Dipartimento industria, artigianato e miniere in collaborazione con il Servizio organizzazione ed informatica, quale sportello di accoglienza e informazione per gli utenti dei settori produttivi, provvederà in concreto a: indirizzare gli operatori, fornendo informazioni sulle modalità di accesso ai benefici delle leggi provinciali per gli aiuti alle imprese; seguire la definizione dei provvedimenti, collaborando con i vari responsabili del procedimento amministrativo; informare sullo stato delle domande di finanziamento, sull'assegnazione di aree produttive, promuovendo anche chiarimenti ed interpretazioni della disciplina normativa; organizzare incontri con i vari funzionari responsabili e con le banche e i confidi (consorzi di garanzia) relativamente alle istruttorie delle domande di finanziamento; organizzare tavoli di lavoro con i soggetti coinvolti in iniziative economiche, fornendo supporto per la soluzione di eventuali problemi. In particolare intratterrà contatti con le associazioni di categoria, università, banche, confidi, Trentino Sviluppo.
L'Unità di assistenza alle imprese è dislocata nel Palazzo Tre Torri della Provincia autonoma di Trento, in Via Trener, 3 a Trento

Luca
Tue 11 Sep 2007, 11.07 - Stampa
Il Fondo per la finanza d'impresa intende superare la precedente logica degli interventi "a pioggia", favorendo le operazioni "di sistema" rivolte a portafogli articolati di imprese caratterizzate da un obiettivo comune (distretti, cluster, filiere), sulla base della convinzione che convogliare risorse finanziarie - pubbliche e private - verso "sistemi di imprese", genera per il sistema produttivo ricadute economiche superiori a quelle determinate da un pari investimento su una moltitudine di imprese non integrate. Il decreto di attuazione del Fondo si trova attualmente nella fasi di avvio della concertazione con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, come previsto dalla legge finanziaria 2007. E' stato, peraltro, già avviato il dialogo con la Commissione UE finalizzato all'inquadramento dell'intervento nell'ambito della normativa comunitaria, in particolare si è già provveduto alla notifica del regime di aiuto relativo agli interventi nel capitale di rischio.
Il Fondo nasce da un'esigenza di razionalizzazione dei precedenti meccanismi di intervento dello Stato in materia di finanza d'impresa e presenta notevoli elementi di innovazione nella sua architettura, che tengono conto dell'evoluzione dello scenario normativo e del mercato finanziario. In dettaglio, i nuovi orientamenti sui requisiti di vigilanza introdotti dal Comitato di Basilea richiedono una rivisitazione dei meccanismi di intervento dello Stato nella materia della finanza d'impresa. Per rispondere a tale esigenza è previsto che il Fondo attuerà gli obiettivi prefissati di volta in volta dall'amministrazione, mediante avvisi a evidenza pubblica, con cui viene richiesto a banche e intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia di effettuare proposte sulla concreta progettazione e strutturazione delle operazioni finanziarie che facilitino in forma moderna l'accesso alla finanza da parte delle piccole e medie imprese. Diversamente dal passato, non sarà compito della Pubblica Amministrazione ricercare, per via diretta e indiretta, effetti moltiplicatori sulle risorse a disposizione; tale funzione viene, infatti, demandata agli operatori finanziari che propongono le operazioni. In tale contesto, il ruolo del Fondo è esclusivamente quello di fornire provvista finanziaria a chi si dimostra tecnicamente in grado di far conseguire il maggior beneficio possibile per le imprese con il minor assorbimento di risorse pubbliche.
Sul Fondo per la finanza d'impresa avevo parlato in questo blog. Qui sopra riporto un'interpretazione autentica del provvedimento, tratta da un'intervista ad Andrea Vecchia, Direttore generale dell'IPI, che è uno dei suoi principali ispiratori. L'intervista è stata pubblicata sul Corriere delle opere del 4 settembre 2007. Potete scaricarla qui.
Ci sono diversi punti da commentare. Tengo in serbo le osservazioni, e mi riprometto di inserirle in blog specifici.

Luca
Sun 9 Sep 2007, 18.48 - Stampa
La Commissione Europea, già alla fine di giugno, ha rilasciato una bozza di Comunicazione in materia di aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie. Lo trovate qui in versione italiana.
Consiglio di scaricarlo e di leggerlo integralmente. La proposta innova le regole comunitarie rispetto alla Comunicazione 2000-C 71/07 del 2000. Già la ristesura delle norme in materia di de minimis del dicembre 2006 (ne abbiamo parlato qui) lasciava intendere che era allo studio una revisione profonda della materia.
Propongo qualche riflessione sui punti che riguardano le garanzie sui prestiti alle Pmi, che sono individuati al sotto di un'esposizione unitaria di 1,5 milioni di euro. La proposta ribadisce il principio generale (già presente nel testo vigente) secondo cui l'aiuto di Stato c'è quando la garanzia concessa o supportata da enti pubblici ha un prezzo inferiore ad un equo prezzo di mercato. Quando non è possibile rilevare o stimare un prezzo della garanzia, si considera l'effetto della stessa sul costo del credito sottostante. In entrambi i casi l'aiuto corrisponde al risparmio di costo del pacchetto credito+garanzia a vantaggio dell'impresa beneficiaria rispetto alle condizioni di mercato che la stessa avrebbe in assenza di garanzia.
L'aiuto eventuale deve essere stimato ex ante, al momento della concessione della garanzia, non ex post, quando le risorse pubbliche sono consumate a copertura delle perdite realizzate.
Nel caso di garanzie pubbliche per le Pmi concesse su base individuale (ad hoc), la nuova proposta non impone di effettuare per ogni caso un'analisi delle condizioni equivalenti di mercato: la bozza di comunicazione fissa dei livelli regolamentari di premio minimo annuo "esente" (safe harbour)al di sotto dei quali c'è aiuto di Stato, perché il prezzo è sotto il mercato.
La novità è che i livelli minimi di premio sono differenziati per rating dell'impresa: per classi da AAA a BBB-, il premio minimo è l'1% (copre più che altro le spese amministrative, le perdite attese sono quasi irrilevanti), sale al 2,2% per BB+ e BB, al 4% per BB-e B+, al 7,5% per B e B-. Per le classi inferiori di rating non è indicato un premio minimo: il rischio è così alto che non può essere quantificato, e inoltre l'impresa è in stato di crisi, e viene quindi ipotizzata a priori la presenza di aiuto pubblico.
Nel caso di regimi pubblici di garanzia, ovvero sistemi come Fondi statali o regionali che assicurano pool di prestiti con il supporto di risorse pubbliche, si fissa un criterio generale (vedremo poi come si adatta alle Pmi) di adeguatezza del prezzo della garanzia: questo deve assicurare l'autofinanziamento del "regime", ovvero coprire le spese amministrative, le perdite inerenti i rischi assicurati e un'adeguata remunerazione del capitale, ovvero delle perdite inattese (in nota si quantifica indicativamente un assorbimento di capitale dell'8% del credito garantito, e un premio al rischio minimo del 4%, per cui questa componente pesa sul prezzo minimo della garanzia per lo 0,32%; va inclusa anche quando il regime non prevede il conferimento di capitale netto in forma cash da parte dell'ente pubblico, ma soltanto il suo intervento ex post a copertura delle perdite eccedenti). I regimi devono prevedere criteri precisi di ammissione delle esposizioni, classificate per rating. Inoltre, l'equilibrio del sistema deve essere monitorato periodicamente, e in caso di perdite effettive esuberanti si devono adeguare i livelli di premio.
Nel sottocaso di regimi pubblici di garanzia per le Pmi, (come il Fondo centrale per le Pmi gestito dal Mediocredito centrale) si danno due possibilità di ricognizione della presenza e intensità dell'aiuto:
a) al regime si può applicare la griglia di premi minimi per fasce di rating prevista per le garanzie individuali alle Pmi, che abbiamo riportato sopra; in questo caso le regole di ammissione devono prevedere l'attribuzione di un rating ad ogni impresa, e un pricing differenziato per rating;
b) in alternativa, il regime può operare su base solidaristica, e quindi prevedere un unico livello commissionale (o livelli differenziati per macro-categorie, ma non per classi di rating); in questo caso si riscontra aiuto quando il regime non opera in condizioni di equilibrio gestionale (non si "autofinanzia"), e l'entità dell'aiuto si commisura agli interventi finanziari di ripianamento dei disavanzi richiesti all'ente sponsor (da stimare ex ante).
La bozza di comunicazione è incentrata sugli aiuti ai mutuatari, ma accenna alla possibilità di aiuti ai mutuanti, o agli intermediari che erogano le garanzie. Questi, si dice, possono configurare aiuti al funzionamento. Come prima osservato, la bozza in oggetto presume un'incidenza normale delle spese amministrative sul credito garantito di poco inferiore all'1% (il premio minimo di mercato presunto per rating tra AAA e BBB-). Nella realtà, molti confidi presentano incidenze superiori al 2%. In casi del genere, se l'impresa pagasse un premio inferiore al mimino esente (come di norma accade) si avrebbe un doppio aiuto, all'impresa e al funzionamento del confidi.
In ogni caso, il coinvolgimento di banche o enti di garanzia dovrà avvenire senza dare vantaggi competitivi ad alcuni a scapito di altri (come si avrebbe, ad esempio, attribuendo in esclusiva la gestione dei programmi pubblici che generano aiuto). Questo è un problema per gli interventi su pool cartolarizzati, che possono essere confezionati soltanto con una singola banca o un gruppo di banche collegate: in casi del genere si dovranno prevedere procedure di gara (tema non trattato specificamente in questa bozza).
Si conferma infine che l'aiuto di Stato è comunque presunto quando la percentuale garantita dal programma pubblico supera l'80%: in caso di copertura superiore all'80%, o totale, la Commissione teme che la banca erogante perda ogni interesse alla prudente valutazione del rischio. Si menziona esplicitamente il caso di assunzione del rischio di first loss (tipica delle cartolarizzazioni): se l'ente pubblico copre il 100% delle prime perdite, ancorché limitate alla junior tranche, si presume comunque aiuto di Stato.
Una bella rivoluzione, non c'é che dire. Si restringono drasticamente i casi di assenza presunta di aiuto e conseguente esenzione dell'obbligo di notifica alla Commissione. Se non si rispettano i requisiti di esenzione, tocca agli enti pubblici dimostrare l'eventuale assenza di aiuto. In tutti i casi, il sostegno ai sistemi di garanzia dovrà avvenire in condizioni di trasparenza della natura della garanzia, della sua estensione, del suo prezzo equo, delle condizioni di equilibrio gestionale del sistema (è prevista una rendicontazione a fine programma alla Commissione). La trasparenza deve esserci soprattutto rispetto all'entità del beneficio netto, nonché alla sua suddivisione tra imprese beneficiarie finali e intermediari erogatori.
Gentili visitatori, a voi le prime impressioni.

Luca
Sun 9 Sep 2007, 06.10 - Stampa
Leggendo il documento di cui a questo blog, ho sentito il bisogno di ripassare i concetti chiave della normativa europea sugli aiuti di Stato. Ho trovato una rassegna molto curata e ben navigabile sul sito della Regione Abruzzo. Si può consultare anche il sito dell'IPI.
Cito le definizioni che mi mancavano.
Gli aiuti di Stato a finalità regionale
Per Aiuto di Stato si intende ogni possibile beneficio (iniezioni di capitale, garanzie, prestiti, profitti degli investimenti ecc.) conferito con un atto pubblico, di qualunque forma, ad un'impresa operante sul mercato.
Gli aiuti di stato, salvo deroghe, sono vietati dall'art. 87, paragrafo 1 del Trattato, volto a tutelare il regime di concorrenza nei mercati dell'Unione Europea. Nel campo di applicazione di tale articolo non rientrano gli aiuti di esigua entità (cosiddetti "aiuti de minimis"), che non hanno alcun potenziale effetto sulla concorrenza e gli scambi fra Stati membri.
Gli Aiuti di Stato ammessi si dividono in Aiuti regionali, Aiuti orizzontali (Ricerca, Ambiente, Occupazione, Formazione Professionale) ed Aiuti settoriali (Pesca, industria carbonifera, produzione dei prodotti agricoli di cui all'allegato 1 del Trattato, Costruzione navale, Trasporti);
Gli aiuti di Stato a finalità regionale sono aiuti agli investimenti a favore delle grandi imprese o, in determinate particolari circostanze, di aiuti al funzionamento (cioè all'attività corrente) delle imprese. Essi sono destinati a regioni specifiche al fine di riequilibrare disparità regionali; sono considerati del pari aiuti a finalità regionale gli aiuti alle piccole e medie imprese situate nelle regioni svantaggiate superiori a quelli consentiti in altre zone.

L'aiuto al funzionamento
Gli aiuti regionali destinati a ridurre le spese correnti dell'impresa (aiuti al funzionamento) sono di norma vietati. Questo tipo di aiuti può tuttavia essere concesso, in via eccezionale, alle regioni che beneficiano della deroga di cui all'articolo 87 del Trattato CE, paragrafo 3, lettera a), qualora si giustifichino in base alla natura e all'intensità del loro contributo allo sviluppo regionale. Gli aiuti al funzionamento, concessi sotto forma di esenzioni fiscali o di riduzione degli oneri sociali, sono decrescenti e limitati nel tempo.
Aiuti al funzionamento non decrescenti e non limitati nel tempo possono essere accordati in via eccezionale alle regioni ultraperiferiche o scarsamente popolate. In tal caso, l'obiettivo è di compensare:
  • una parte dei sovraccosti per il trasporto delle merci all'interno dei confini nazionali. Gli aiuti vengono allora calcolati sulla base del chilometraggio (il percorso più diretto tra il luogo di produzione e quello di commercializzazione) e/o del peso della merce trasportata utilizzando il mezzo di trasporto più economico. Essi non possono costituire in nessun modo sovvenzioni all'esportazione né rappresentare restrizioni all'importazione;
  • i sovraccosti dell'attività economica delle regioni ultraperiferiche, occasionati dai seguenti fattori: lontananza, insularità, superficie ridotta, rilievo e clima difficili, dipendenza economica da un numero esiguo di prodotti.

Gli aiuti al funzionamento sono di norma vietati, dunque. E' importante che il sostegno pubblico ai sistemi di garanzia non vada a configurare aiuti di tale specie.

Luca
Sun 9 Sep 2007, 06.01 - Stampa
Propongo un blog tecnologico tra i tanti di argomento creditizio.
XBRL è una tecnologia dalle grandi promesse. E' anche molto complicata, e i vendor stanno cercando strade nuove per offrire più facilità d'uso agli utenti finali. Ad esempio, per ottenere da dati XBRL (tecnicamente, da un instance document) un report finanziario ben formattato e pronto per la pubblicazione occorre una marea di metainformazioni: il presentation linkbase, che definisce la struttura logica e gerarchica delle voci, il calculation linkbase, che contiene le formule di aggregazione (sarà integrato dal formula linkbase, che contiene le formule e le regole di controllo validità più evolute), il label linkbase, che contiene le descrizioni delle voci, il definition linkbase, che contiene la struttura dei dati multidimensionali secondo la specifica XBRL Dimensions. Purtroppo questa cornucopia di risorse non basta allo scopo: se nel prospetto si vuole inserire una tabella, un testo libero, un titolo, con determinati layout, caratteri, ecc., lo si deve fare nell'applicazione che elabora i dati XBRL con altre tecnologie, la più semplice è quella dei fogli stile xslt (utilizzata anche da Infocamere nella sperimentazione GAAP Italia, si veda la Guida utente).
Il consorzio XBRL International sta cercando di includere nello standard anche questa funzionalità, attraverso le specifiche sul rendering , di cui è stata pubblicata in luglio un'analisi dei requisiti.
Corefiling, un importante vendor di soluzioni per gestire informativa finanziaria in XBRL, sta esplorando una scorciatoia al problema: i microformat, illustrati in questo wiki. Con questa soluzione, l'utente crea un documento html (o meglio, xhtml, conforme a xml), bello e leggibile, contenente i dati che intende rappresentare in xbrl. I suddetti dati sono etichettati con dei tag secondo le specifiche microformat. Con semplici fogli stile, il file xhtml viene processato per estrarne un'istanza xbrl. In questo modo, xbrl viene utilizzato soltanto come dizionario dati, per associare alle informazioni gli opportuni codici identificativi delle voci contabili e degli attributi dei loro valori (unità di misura, entità rendicontante, periodo, ecc.): sta all'utente creare il documento formattato, e non è detto che lo faccia utilizzando risorse xbrl.
Da quanto detto ricaviamo un messaggio importante, specie per chi si accosta a xbrl per la prima volta: non aspettatevi nulla di magico da questa tecnologia, per trarne cose utili occorrono strumenti adeguati, e questi non sono ancora maturi al 100%.

Luca
Sat 8 Sep 2007, 17.58 - Stampa
Gentili visitatori, sono tornato ieri sera dal primo tour dopo la ripresa settembrina. La prima tappa era Roma, raggiunta giovedì 6/9 con il solito volo delle 7.00 da Verona (Alitalia non distribuisce più i quotidiani, nonostante che il biglietto di sola andata mi sia costato 205 euro). La mattina era dedicata alla riunione del progetto misterioso n. 2 (tra poco si potrà svelare l'arcano). Nel pomeriggio sono passato a trovare gli amici di Banca Impresa Lazio, il direttore Enrico Pedretti, Francesco Palumbo, Michela D'Ippolito e il neo-acquisto Alberto Bosani, nella bella sede di via Clitunno (quartiere Trieste). La banca è pronta per avviare l'operatività, dopo non pochi mesi dall'autorizzazione della Banca d'Italia. Penso che arriveranno presto notizie interessanti per le Pmi del Lazio anche da questo fronte.
Alle 18.30 ho preso l'Eurostar per Milano, destinazione Bologna. Avevo molte carte da leggere, ma mi sono fatto tentare da un momento di relax nel vagone ristorante, gestione Chef Express. Chiamata alle 19.00, mezz'ora di attesa (problemi con le piastre, si è scusato il gentile cameriere), poi ci hanno servito il primo (scelta tra fusilli al pomodoro e fusilli al pomodoro con aggiunta di olive e capperi), il secondo (scelta tra arista di maiale con sughino al pomodoro e un prosciutto e melone annunciato ma poi dato per disperso), il contorno (insalata mista, fresca, ma servita già condita nel piatto del secondo, con base di sughino dell'arista), il dessert (scelta tra torta della nonna o al cioccolato e frutta fresca). Il tutto al prezzo di 30 euro, compresa mezza minerale e 30 centesimi di mancia. Qualità del cibo in linea con quella (passabile) della mensa universitaria di Trento.
O uomini della società concessionaria del servizio ristorazione ferroviaria, che vi costa andare oltre lo scialbore dell'attuale servizio, che è così da anni? Non pretendo gli chef dell'Orient Express in ogni carrozza, soltanto un po' di fantasia nei menu e nella fornitura delle materie prime e dei semilavorati da cui ricavare le portate. Mi fa venire in mente il "biscotto dolce grammi 50", somministrato alla prima colazione del servizio militare. Un prodotto minimalista concepito con l'unica preoccupazione di rispettare un capitolato d'appalto, destinato ad un consumatore che non può scegliere.
Smontato a Bologna, ho preso l'Intercity per Rimini, dove sono arrivato in orario alle 22.38. Alla stazione non c'erano taxi, e ho raggiunto a piedi l'albergo in 15 minuti, passando dal Viale Principe Amedeo, molto illuminato. Ho avuto il sentore che di lì a poco si sarebbe animato di vita notturna.
La mattina seguente, ho aspettato che Flavio Aldrighetti (partito la mattina dal Trentino) mi prelevasse in macchina, e con lui siamo andati al World Trade Center di San Marino. Lì abbiamo passato una giornata piacevole e interessante con il Consiglio di amministrazione dell'Ente Cassa di Faetano, la fondazione di origine bancaria con cui collaboriamo da qualche mese (vedi qui).
Siamo tornati a Trento in serata, con un'ora di extra-tempo per la coda da Imola a Bologna Borgo Panigale, scena che si ripete ogni mattina e sera da anni in questo snodo e in diversi altri della rete autostradale. Siamo un popolo di santi.
Flavio mi ha portato a Verona, dove ho recuperato la smefinmobile al parcheggio dell'aeroporto, e infine ho raggiunto casa.
Bene, non sono ancora in forma campionato, ma il motore ha ricominciato a girare.

Luca
Wed 5 Sep 2007, 09.14 - Stampa
Già in occasione di un seminario ABI mi ero reso conto del problema del limite di granularità dell'1% stabilito nelle nuove disposizioni di Vigilanza per le esposizioni ammesse nei portafogli al dettaglio. Parlando con colleghi di diverse federazioni regionali o provinciali delle BCC, ho avuto conferma del fatto che questo limite "morde", e può portare le banche con minore massa di impieghi a ridurre (al limite azzerare) il portafoglio al dettaglio, perdendo quindi il beneficio della ponderazione ridotta al 75%.
Giusto per la precisione, cito le disposizioni al Titolo II, Capitolo 1, par. 8, sottolineando il passaggio rilevante:
8. Esposizioni al dettaglio (retail)
Rientrano in questo portafoglio le esposizioni non garantite che soddisfano le seguenti condizioni:
a) l’esposizione è nei confronti di persone fisiche o di piccole e medie imprese;
b) l’esposizione verso un singolo cliente (o gruppo di clienti connessi) non supera l’1 per cento del totale del portafoglio;
c) il totale degli importi dovuti alla banca (o al gruppo bancario) da un singolo cliente (o da un gruppo di clienti connessi), ad esclusione delle esposizioni garantite da immobili residenziali, non supera il valore di 1 milione di euro. Si calcolano a tal fine anche le esposizioni scadute (cfr. Sezione VI, paragrafo 1).
Alle esposizioni classificate nel portafoglio al dettaglio si applica un fattore di ponderazione pari al 75 per cento. Non sono ricompresi nel portafoglio al dettaglio le obbligazioni, gli altri titoli di debito e gli strumenti finanziari emessi in serie, previsti dal codice civile.
Nelle disposizioni si parla di un limite dell'1% per ammettere un'esposizione individuale nel portafoglio retail. L'1% di che cosa? Si parla di "1 per cento del totale del portafoglio". Quale portafoglio? Quello al dettaglio o il complessivo portafoglio impieghi? Per avere un ulteriore guida all'interpretazione della norma, siamo andati a rileggere il paragrafo 70 del Framework di Basilea 2:
Granularity criterion ─ The supervisor must be satisfied that the regulatory retail portfolio is sufficiently diversified to a degree that reduces the risks in the portfolio, warranting the 75% risk weight. One way of achieving this may be to set a numerical limit that no aggregate exposure to one counterpart can exceed 0.2% of the overall regulatory retail portfolio.
L'indicazione è inequivocabile: la percentuale di incidenza massima è riferita al solo portafoglio retail. Di qui la ricorsività dell'applicazione di questo limite, che porta ad un perimetro di individuazione del portafoglio al dettaglio a geometria variabile. Notiamo a margine che Banca d'Italia ha alzato il limite dallo 0,2% indicato dal Comitato all'1%.
Una banca che usa Basilea 2 - metodo standard individua il proprio portafoglio retail in più fasi:
- prende le esposizioni non superiori al milione di euro (tolte quelle garantite da immobili residenziali) nei confronti di persone fisiche o di piccole e medie imprese;
- calcola l'incidenza sul totale di ogni esposizione, ed elimina quelle con incidenza superiore all'1%;
- sull'aggregato così ridotto, ricalcola le incidenze e rimuove quelle eccedenti l'1%, ripetendo il passaggio fino a che non rimangono solo esposizioni inferiori all'1%.
Se il portafoglio delle esposizioni eleggibili in base al limite assoluto (1 milione di euro) è almeno pari a 100 volte l'esposizione di importo unitario massimo, non ci sono problemi, tutte soddisfano il limite di granularità. A spanne, diciamo che il portafoglio non dà problemi se il totale delle esposizioni ammonta ad almeno 100 milioni. Se così non è, allora ci sono alcune esposizioni top che devono essere rimosse. Se queste pesano molto sul portafoglio, allora la base di calcolo delle incidenze si riduce, e può capitare che si vada avanti nei passaggi ricorsivi ritrovandosi alla fine con un portafoglio retail pressoché vuoto.
La regola di Vigilanza così interpretata ha un chiaro motivo: un portafoglio retail deve essere frazionato per ridurre il rischio di credito specifico dovuto alla concentrazione del portafoglio; la situazione ideale è quella di esposizioni molto numerose di importo uniforme. La regola dell'1% serve a segnalare (sia pur in maniera grezza) i casi di marcato scostamento dalla situazione ideale.
L'effetto di svuotamento progressivo di cui stiamo parlando può essere significativo, come si diceva, per le banche minori, che quindi potrebbero applicare ponderazione piena (con coefficiente dell'8%) ai clienti che i loro concorrenti di maggiori dimensioni possono trattare con ponderazione ridotta (e coefficiente del 6%). Non dimentichiamo, in aggiunta, che Banca d'Italia tiene d'occhio il rischio di concentrazione anche in applicazione del Secondo Pilastro di Basilea 2. Se la piccola banca è redditizia e dispone di free capital abbondante, nessun problema. In caso contrario, ci sarà una sollecitazione in più a considerare ipotesi di fusione.

Luca

PS (15 febbraio 2008): Sulla base di indicazioni raccolte dopo aver scritto quanto sopra, devo rettificare le mie conclusioni. Vi rinvio a questo nuovo blog
Mon 3 Sep 2007, 16.47 - Stampa
Oggi ho scaricato un report di Fitch sull'andamento dei rating nel comparto delle SME-CDO seguite da questa agenzia.
I due comparti leader sono quelli ben noti (le cartolarizzazioni cash spagnole, e le sintetiche tedesche). L'Italia figura con le due operazioni promosse dal gruppo Unicredito (PMI Uno e Due, entrambe del 2004).
Un comparto relativamente nuovo è quello delle Capital Market CDO. Si tratta di cartolarizzazioni cash di finanziamenti concessi a medie imprese con rischio più elevato rispetto alle classiche SME-CDO: prestiti mezzanini con accordi di partecipazione agli utili, debito subordinato, oppure prestiti senior unsecured. Anche il grado di concentrazione di questi portafogli è maggiore, e si contano di norma meno di 100 nominativi, contro il migliaio presente nei deal spagnoli. I finanziamenti sono quasi immediatamente passati, dopo l'erogazione, ad una SPV (non restano a lungo sul bilancio della banca, di qui il nome).
Se volete un esempio, ecco il programma PREPS messo a punto dal Capital Efficiency Group (società di consulenza svizzera specializzata in finanza strutturata), e sperimentato con varie transazioni da Hypovereinsbank. E' previsto il rating di ogni singola impresa basato sul modello RiskCalc di Moody's|KMV, con un processo di valutazione più leggero di un corporate rating, ma più complesso del semplice scoring su indici di bilancio che le agenzie applicano ai prestiti alle Pmi.
Perché il tema mi interessa? Oltre che per la novità, perché noto un interesse particolare dei policy maker regionali per queste forme ibride di finanziamento. Per promuoverle, si possono seguire due strade: (A) creare strutture ad hoc, come le capital market CDO, oppure (B) inserire una percentuale limitata di questi asset in cartolarizzazioni di prestiti standard (mutui chirografari e simili). La soluzione (A) pone il problema di originare una quantità adeguata di finanziamenti, il che è difficilissimo su scala regionale (tant'è che il citato programma PREPS ha negli anni esteso la copertura geografica dei portafogli dalla sola Germania a otto paesi europei); la soluzione (B) crea un pool ibrido, che perde molti dei vantaggi di un portafoglio Pmi dovendo accogliere una porzione di asset di importo unitario maggiore e con rischio più accentuato. Come un'insalata con aggiunta di cipolla cruda: è più saporita, ma per molti indigesta.
Il comparto delle Mezzanine CDO tedesche ha già dato qualche pensiero agli investitori. Si sono avuti sei casi di default tra le imprese finanziate, e uno di questi (Nici AG, del marzo 2006) ha colpito quattro deal. Il rischio di concentrazione si è palesato nella sua pericolosità, anche per effetto delle LGD più alte che si rilevano su debiti subordinati.
In definitiva, penso che si tratti di un mercato interessante, che può crescere anche in Italia. Penso però che sia meglio dare priorità al consolidamento delle operazioni su pool Pmi a minor rischio, che possono basarsi su una domanda molto, molto più ampia, e su piattaforme semplici e collaudate.

Luca