Thu 31 May 2007, 03:52 PM - Stampa
Ho scritto un nuovo paper su XBRL, trattando un argomento di frontiera: le XBRL dimensions. XBRL Dimension 1.0 è una specifica rilasciata da XBRL International per la gestione dei dati multidimensionali. Tale modulo è stato introdotto dietro la spinta dei progetti COREP e FINREP promossi dagli organi di vigilanza bancaria europei allo scopo di fornire uno strumento adeguato alle loro esigenze di reporting. Questo paper ha l’obbiettivo di fornire una chiave di lettura a queste specifiche partendo dal punto di vista della loro applicazione, mediante l’analisi di esempi concreti.
Potete scaricare il paper qui.

Davide
Thu 31 May 2007, 07:01 AM - Stampa
Terza puntata (dopo le prime due) della nostra garbata rassegna sulla presenza femminile nel pianeta confidi.
Il tavolo tecnico di cui vi ho riferito in quesi giorni è stato promosso da Marina Taddeo, direttrice di Artigiancredit Lombardia, una struttura di secondo livello fatta di cinque persone, che riassicura più di 300 milioni di garanzie assunte dai 38 confidi artigiani della Lombardia. Questi numeri dicono del ruolo importante di Artigiancredit in questo mondo, specialmente in prospettiva: 38 realtà per 11 province e un settore sono difficili da difendere. Il mercato lombardo della garanzia all'artigianato e alla piccola impresa è un piatto ricco che fa gola ai mega-confidi plurisettoriali che si stanno consolidando (you know what I mean). Il sistema Fedart sta rispondendo con il progetto Riposizionamento strategico, elaborato con KPMG, col quale si vogliono tutelare i due livelli del sistema e l'autonomia societaria dei confidi locali. Conosco in Fedart Tino Vaccari e Leonardo Nafissi. Con Leonardo abbiamo collaborato nel progetto sull'Umbria, e su alcuni punti non ci siamo trovati d'accordo. Ritenevo quindi di essere considerato in Fedart tra gli oppositori al loro disegno strategico. Mi sono ricreduto incontrando, del tutto casualmente, Roberto Villa e Marina Taddeo. Di Marina, in particolare, ho apprezzato la curiosità nella messa a fuoco dei problemi, a prescindere dalla maggior o minor funzionalità delle soluzioni discusse rispetto alle attuali priorità politiche del mondo a cui fa riferimento.
A proposito di confidi industriali, al "tavolo" ho conosciuto Maria Pinotti di Federfidi Lombarda, ente di secondo livello dell'industria, che si raccorda con una struttura di primo livello molto diversa da quella dell'artigianato: abbiamo infatti due poli, Confidi provincie lombarde (ex Confidi Milano, che si è fuso con Legnano) e Confidi Lombardia, che ha riunito tutti gli altri enti provinciali di area confindustriale, con l'eccezione di Mantova e Varese. A Federfidi aderiscono anche Confapi Lombarda fidi (confidi unico di Confapi), più i confidi della cooperazione e dell'agricoltura. Tra i soci troviano anche la Regione Lombardia e la sua finanziaria Finlombarda. Federfidi, che "pesa" più di 300 milioni di esposizioni garantite, ha ottenuto il rating BBB+ da Fitch e sta sperimentando un programma di cartolarizzazione sintetica con il gruppo BPU. Maria ha illustrato molto bene i progetti di Federfidi. Ho intuito l'importanza del suo lavoro dietro questa capacità di innovare.
Francesca Brunori di Federconfidi (Confindustria) era anche lei a Milano, ed è una delle persone più competenti sul settore della garanzia collettiva, non solo italiano. I suoi interventi sono sempre molto lucidi. Nel mondo confidustriale si richiede uno stile comunicativo misurato e attento agli interessi da rappresentare, e Francesca si attiene a questa linea, ma lo fa con grande finezza e apertura intellettuale. Mi piacerebbe ospitare qualche suo commento nel blog, così come di Maria Pinotti, mentre Marina Taddeo è già di casa su queste pagine.
Cari colleghi uomini del pianeta confidi, diamo più spazio alle signore! Penso che siano più brave di noi ad affrontare il cambiamento come un'opportunità positiva da condividere, e non come una lotta per il predominio o una resa.

Luca
Wed 30 May 2007, 05.24 - Stampa
Prima ripresa, con echi leopardiani, dei temi più interessanti della riunione di Milano del 25/5.
Parliamo del tema più caldo: la controgaranzia personale di enti pubblici a supporto delle garanzie confidi di primo livello. La cosa funzionerebbe così: gli enti pubblici stanziano risorse per Fondi di garanzia (come fanno oggi), ma si assumono contestualmente l'impegno a coprire le perdite sull'intero ammontare dei crediti garantiti dai Fondo per la parte non coperta dagli stanziamenti. Con la tranched cover e la controgaranzia indiretta a favore dei confidi (proposta di Roberto Villa, su cui torneremo un'altra volta), è una delle vie per rendere eleggibili le garanzie degli enti 106.
Alla riunione abbiamo scorso gli esempi di garanzia pubblica personale. Li menziono rapidamente. In Italia lo Stato risponde per il fondo di garanzia sul credito all'agricoltura gestito dalla società SGFA dell'ISMEA (ex fondo interbancario di garanzia). Benefici analoghi sono concessi ai creditori delle ASL e negli appalti TAV. All'estero il caso più clamoroso è quello della tedesca KfW, tra l'altro promotrice delle cartolarizzazioni sintetiche dei prestiti alle PMI (programma Promise) che beneficia della garanzia federale. La KfW è una banca pubblica che sostiene la finanza pubblica e agevolata, un modello ammirato nel nostro precedente governo. In Spagna, lo Stato garantisce le tranche senior di alcune cartolarizzazioni di prestiti alle PMI (Programma FTPYME).
Esempi ce ne sono, quindi. Nei casi italiani, alquanto specifici, la garanzia assiste i crediti a soggetti finanziariamente vulnerabili (e politicamente ascoltati), che non incidono più di tanto a livello di sistema. Nei due casi europei (KfW e FTPYME) la garanzia pubblica è la rifinitura di strutture di credit risk transfer basate sulla cartolarizzazione, e serve ad abbattere (ciò avviene espressamente nel caso spagnolo) i requisiti di capitale sulle tranche senior, il cui rischio è ampiamente "collateralizzato" dalle tranche junior e mezzanine.
Conviene esportare questo modello nel sistema confidi? Consideriamo prima di tutto quant'è superiore il peso del credito alle PMI, che ne dovrebbe beneficiare. Pensiamo poi a chi dovrebbe rilasciare questa fidejussione: lo Stato italiano (con rischio oggi pesato 0%) o piuttosto le Regioni (pesate 20%, come le banche). Sono le seconde a gestire la maggior parte di fondi per le garanzie alle PMI: non avrebbero un vantaggio rispetto, ad esempio, un garante bancario, pesato anche lui al 20%.
Come nei casi PROMISE e FTPYME, la garanzia pubblica avrebbe carattere accessorio rispetto a una copertura finanziaria già solida. Non potrebbe essere un impegno assunto disinvoltamente, anzi si dovrebbero assicurare le condizioni per non doverla escutere mai. Lo dice molto bene Claudio D'Auria commentando il mio precedente blog:
E' vero che, grazie alla controgaranzia pubblica idonea secondo la normativa di vigilanza, le garanzie personali dei "Confidi 106" potrebbero risultare idonee a ridurre i requisiti patrimoniali delle banche. Ma è altrettanto vero che tale contro-garanzia pubblica non è illimitata, in quanto qualora l'ente pubblico accettasse di impegnarsi a coprire le perdite oltre il fondo di dotazione, immagino che imporrebbe rigidi limiti di leva finanziaria. Da ciò discende che per i "confidi 106" tale modalità consentirebbe di veder riconosciute le proprie garanzie personali, ma in misura relativamente "limitata".

Concludendo, è vero che la garanzia pubblica sui rischi senior rende eleggibili per Basilea 2 gli interventi dei fondi di garanzia, ma è altrettanto vero che, in condizioni di sana e prudente gestione, non aiuta ad aumentare la leva di quei fondi, non essendo lo Stato e le Regioni i gestori ideali di quel rischio, a differenza delle banche e degli investitori in titoli di debito. Gli effetti di attenuazione del rischio da fondi monetari sarebbero enormemente migliori con la tranched cover. Per avere un effetto leva apprezzabile, bisognerebbe alzare i moltiplicatori. Non illudiamoci, daremmo un'arma letale in mano ai politici: garanzie per lo sviluppo delle PMI, a costo zero (oggi, ma domani?). Una tentazione molto pericolosa, specie per le regioni dove la sinistrosità sui crediti è più alta. Al primo episodio di crisi collasserebbe il sistema (non dimentichiamo cos'è successo al citato Fondo Interbancario di Garanzia).
Ci spiace: non abbiamo trovato la panacea per evitare ai confidi 106 le pene del cambiamento. La garanzia pubblica è un'eventuale aggiunta a piattaforme di mercato, funded (cartolarizzazione) o unfunded (garanzie personali dei 107). Su queste dobbiamo comunque lavorare (e lo si sta facendo, più sulle prime che sulle seconde). Nel mondo confidi, c'è però freddezza verso le soluzioni di mercato, per difendere (si dice) il ruolo di numerosi confidi locali che non possono né trasformarsi in 107, né gestire garanzie reingegnerizzate. Questa posizione non è più difendibile. Rendere eleggibili con risorse pubbliche le garanzie 106 così come sono oggi costa troppo, è inefficiente e dispersivo. Per farcela, tutelando i soggetti di primo livello, servono piattaforme al passo coi tempi.
Luca
Sat 26 May 2007, 06:08 PM - Stampa
Cari visitatori, per frenare l'invasione di messaggi inutili e osceni, ho messo un blocco ai commenti che contengono link a siti con la sintassi [href]. Potete inserire l'indirizzo del sito, senza i tag html che lo attivano.

Luca
Sat 26 May 2007, 09:29 AM - Stampa
Ieri a Milano ha partecipato ad un incontro molto speciale su confidi e controgaranzie: l'ha organizzato Marina Taddeo, direttrice di Artigiancredit Lombardia (confidi regionale di secondo livello dell'artigianato), a seguito di uno scambio di idee cominciato su aleablog, che si è riannodato ad una chiacchierata con Roberto Villa, presidente di AssoConfidi, all'aeroporto di Berlino Tegel dopo il convegno di Unicredit Banca.
Riassumo il tema dell'incontro nel seguente quesito: c'è spazio per le controgaranzie nel mondo post-Basilea 2? Si tratta di un tema cruciale per i confidi di secondo livello, ma non solo. Anche i confidi che rimarrano 106 vedono nelle controgaranzie eleggibili un punto d'appoggio per competere con i 107. Altro tema correlato è quello dei fondi pubblici, in primis il Fondo centrale di garanzia presso il Mediocredito Centrale.
All'incontro erano presenti Marina e Roberto, naturalmente, e poi Claudio D'Auria (Banca d'Italia), Francesca Brunori di Federconfidi, Maria Pinotti e Cristiano Galbiati di Federfidi Lombarda (l'omologo di Artigiancredit per l'industria), il presidente di Artigiancredit Angelo Ondei e il suo staff tecnico, Marino Bergamaschi e Andrea Bianchi di Artigianfidi Varese (il maggior confidi artigiano della Lombardia) e Domenico Piatti dell'Università di Bergamo, esperto di confidi. Volutamente si è ristretto il numero di invitati per poter discutere nel merito dei problemi, con franchezza e senza posizioni preconcette da difendere.
Gli interventi sono stati interessanti, e li riprenderò dettagliatamente in blog separati. In sintesi, siamo arrivati a tre conclusioni (siamo grati a Claudio D'Auria per l'eccellente rassegna della casistica regolamentare, che sarà pubblicata in un articolo su Bancaria, e le puntualizzazioni sulle proposte concrete in discussione):
  • di controgaranzie ne esistono almeno di tre generi, (a) le cogaranzie, dove il garante di secondo livello risponde direttamente dell'insolvenza dell'obbligato principale garantita alla banca beneficiaria (è una sorta di credito di firma frazionato in pool), (b) le riassicurazioni, nelle quali il controgarante si impegna a coprire una parte della perdita nei confronti del garante di primo livello (sono quelle più usate dai nostri confidi di secondo livello) e (c) le controgaranzie indirette, nelle quali il controgarante si impegna con la banca beneficiaria ad adempiere l'obbligazione del garante di primo livello nel caso di insolvenza di quest'ultimo (si attivano quindi soltanto in caso di doppio default dell'obbligato principale e del primo garante);
  • un confidi 106 può rilasciare garanzie eleggibili per Basilea 2 se queste sono assistite dalla riassicurazione o controgaranzia personale di un ente pubblico, principalmente Stato o Regione (non è efficace quella di un confidi 107);
  • se interviene un fondo di garanzia, la riassicurazione o la controgaranzia di quest'ultimo non sono sufficienti, anche se si rispettano regole prudenziali sulla selezione del rischio e sul moltiplicatore massimo; è necessario che l'ente pubblico si impegni a coprire le eventuali perdite a carico del Fondo che eccedono le disponibilità stanziate; usando i concetti delle cartolarizzazioni, per l'ente pubblico ciò equivale a sottoscrivere la tranche di rischio senior di un portafoglio di crediti che è coperto dal Fondo per la parte di first loss;
  • se i confidi di secondo livello si trasformano in 107, il loro intervento a supporto dei confidi di primo livello è efficace soltanto nella forma della cogaranzia; la copertura della quota di rischio che è rilasciata dal primo livello, se questo rimane 106, non è eleggibile;
  • Roberto Villa ha illustrato una proposta basata su un fondo pubblico di controgaranzia in senso stretto, attivato soltanto in caso di doppio default, che garantisca le banche garantite dai confidi; per rendere le garanzie confidi efficaci, questo fondo deve essere supportato, come prima ricordato, dalla garanzia sul rischio senior dell'ente pubblico sponsor.
Su queste ipotesi di lavoro stanno lavorando le associazioni dei confidi con il governo. Ecco le questioni che agitano il sonno di molti operatori del settore: come riconfezionare i fondi pubblici di di garanzia, a cominciare dal Fondo Mediocredito Centrale? Come mantenere il pluralismo del sistema, senza costringere gli attuali 106 a fondersi o a limitarsi a svolgere il ruolo di agenzie commerciali?
In questo dibattito mi sono inserito con qualche riflessione sui pro e i contro dei due modelli di filiera della garanzia che si confrontano, quello delle piattaforme di tranched cover, basate su garanzie reali finanziarie, e quello dei confidi 107, basato su garanzie personali e adeguata dotazione patrimoniale. Tutti hanno convenuto che non si può parlare di aiuti pubblici senza misurare i costi e la valenza di mercato delle soluzioni che ne fanno uso. Un segno di grande ragionevolezza.
Non ho nascosto i miei timori sulla proposta di chiedere all'ente pubblico una garanzia residuale. Nel viaggio di ritorno a Trento, ci ho ripensato: la copertura senior ci può stare se alla base c'è una piattaforma di rating e di valutazione del rischio di portafoglio ex ante. Le soluzioni tecniche (tranched cover e modelli di adeguatezza patrimoniale dei 107) e quelle politiche (controgaranzie pubbliche in via residuale) possono quindi convergere, le seconde hanno un bisogno disperato della disciplina di mercato per avere una leva adeguata e per evitare sprechi, azzardo morale, rischi sistemici.
Si è parlato anche di altri temi caldi: la divisione del lavoro tra confidi, enti pubblici e finanziarie regionali; la concorrenza dei mega-confidi; l'utilità dei business office. Prometto di tornare sui singoli punti con blog dedicati, e mi auguro che i presenti all'incontro e tutti i navigatori aggiungano i loro commenti.

Luca
Fri 25 May 2007, 23.04 - Stampa

Il viadotto Morandi a Catanzaro

Mi ero dimenticato della promessa fatta venerdì scorso: di parlare del mio viaggio in Calabria. Rimedio tardivamente. Dopo il mercoledì a Perugia, giovedì 17 maggio, alle 4.30, mi sono messo in marcia per raggiungere Catanzaro via Verona, Roma, Lamezia Terme. Alle 11.30 avevamo un appuntamento presso la filiale della Banca d'Italia per il progetto Banca popolare delle province calabre. Nel centro di Catanzaro si passeggia volentieri. La città è cresciuta in una posizione arroccata su un gruppo di alture, insufficiente per lo sviluppo urbanistico, ma questa è la sua caratteristica. Il traffico sulle vie d'accesso è intenso, tant'è che abbiamo preso la funicolare per raggiungere il centro. In compenso è a pochi chilometri da ben due mari. Nei dintorni ho ammirato il belpaesaggio ancora verde (da turista agostano l'avevo trovato brullo). Se avesse i servizi del Trentino, per dire un nome, sarebbe il posto ideale per vivere (tra l'altro trentini e calabresi hanno diverse cose in comune).
Non vi dirò dei contenuti dell'incontro, ma delle riflessioni maturate lavorando su questo progetto.
Mentre si sta realizzando la mega-fusione tra Unicredito e Capitalia, un gruppo di soci promotori, autonomi rispetto a gruppi o reti bancarie, sta lanciando il progetto di una banca popolare locale. Cosa d'altri tempi, penserà qualcuno, per di più in un ambiente non facile. In realtà, studiando il progetto, mi sono reso conto che ce la si può fare. Si deve imboccare un sentiero ben tracciato, senza farsi tentare da voli pindarici. Serve un capitale adeguato, un direttore capace ed esperto del territorio, un operoso factotum che mandi avanti la maccchina operativa, e un controller competente e determinato. Il tutto con molto outsourcing, per abbattere gli investimenti e i costi operativi. Bisogna poi far funzionare la rete commerciale, formando molto bene gli addetti. In Calabria c'è una buona disponibilità di figure professionali bancarie, sia junior (Cosenza ha una buona università) che senior.
La costituenda Banca popolare ha raccolto l'adesione di circa 1500 soci: ha quindi un potenziale di sviluppo che va oltre la sua rete di sportelli fisici. che però va coltivato creativamente.
Sono fiducioso che si possa vincere questa sfida alle leggi della microeconomia bancaria, come il calabrone librandosi smentisce le leggi del volo. Bisogna formare la squadra giusta, evitare gli errori e (naturalmente) lavorare sodo.

Luca
Mon 21 May 2007, 23.59 - Stampa

Battilarda di piadine (la mia era meglio)

Tornando da Perugia mercoledì scorso (v. blog precedente) sono stato sorpreso da una pioggia torrenziale tra Bagno di Romagna e San Piero in Bagno (i viaggiatori sono avvertiti ...). Approfittando di una schiarita, erano le otto di sera, mi sono fermato in un locale visto tante volte passando, "La pieda", alias "Profumo di piadina" a Sogliano al Rubicone, dove tra l'altro producono il formaggio di fossa. E' stato meglio che aspettare 45' e fermarmi al solito autogrill sulla A14. Mi sono sfamato con la battilarda della casa, un tagliere di pezzi di piadina, mini-crescioni e crostini farciti con grande gusto e varietà. Un concetto simile agli assaggi di torta al testo umbra.
E' di grande conforto durante un viaggio fermarsi in un posto accogliente dove si mangia bene. Anche in autostrada lo si può trovare. Con il rinnovo delle concessioni, si incontrano autogrill di catene diverse. Gli Autogrill (the original) danno una buona varietà di primi piatti; panini e focacce sono accettabili, ma tristi. Una catena outsider, Sarni, propone delle ottime pizze-focacce ben lievitate e farcite con mozzarella fresca in abbondanza (attenti a non ungervi troppo le mani). Non ho provato gli altri brand.
Un posto dove alligna la tristezza alimentare è l'aeroporto di Fiumicino. Detesto cordialmente alcuni bar vicini ai cancelli d'imbarco, quelli dove il personale veste una divisa nera e i panini evocano la Roma imperiale, ma sono asciutti come il polistirolo espanso. Tra l'altro il servizio scade ogni tanto: le brioche sono quelle surgelate, spesso manca quella che piace a voi, o arriva rovente dal fornetto. Il caffé è iper-ristretto. Se alla cassa non hanno piccole monete di resto scatta la piccola mancia obbligatoria (o almeno, 'ce se provano') Preferisco, se ho il tempo, fare due passi fino al Gran Café della catena My Chef, nell'area negozi sulla balconata sopra il controllo bagagli. L'ultima volta alla cassa c'era un autentico virtuoso, che batteva scontrini a ritmo di musica con una battuta garbata per ogni cliente. Lì le brioche hanno conosciuto forni veri, e il caffé svolge la sua funzione di vitamina dello spirito.
Benedetta sia la cura messa nel prezioso servizio di rifocillare chi è lontano da casa. Un monito alla sciatteria di chi tratta il viaggiatore di passaggio come un animale in cattività.

Luca
Sat 19 May 2007, 18.35 - Stampa

Anche quest'anno mi sono perso la corsa dei ceri di Gubbio: dovevo scendere un giorno prima!
Da marzo 2006 stiamo lavorando con Flavio Aldrighetti al progetto sul sistema della garanzia fidi in Umbria commissionato da Gepafin e ATI Prisma (associazione tra i confidi della Regione). Mercoledì scorso, 16 maggio, sono sceso a Perugia per un incontro di discussione dei risultati con i committenti. Non voglio anticipare i contenuti di una ricerca non ancora conclusa (avremo il seminario di presentazione in giugno). Posso però accennare ad alcuni problemi che sono emersi discutendo lo studio, problemi che non interessano soltanto l’Umbria.
Le Regioni non sono pienamente soddisfatte dei loro sistemi di garanzia, e vorrebbero rafforzarli, promuovendo le fusioni tra confidi, modificando le forme di sostegno, dando più spazio e risorse alle finanziarie regionali, o tutte e tre le cose. I confidi locali non gradiscono questo interventismo, nel quale vedono il pericolo di essere disintermediati. Regioni e confidi locali devono fare i conti con mega-confidi interregionali che puntano a crescere aggressivamente senza limiti territoriali. Questa minaccia mette in apprensione i confidi locali, che rispondono aggregandosi con soggetti affini, oppure si rassegnano alleandosi con i mega-confidi (o facendosi assorbire). Risultato? I progetti di riassetto promossi dall’ente pubblico sono frenati dai confidi. Tutti rivendicano l’accesso alle risorse pubbliche e ai fondi di controgaranzia. In questo panorama contrastato non è facile mettere a punto le soluzioni adatte per adeguarsi a Basilea 2: non è chiaro a chi sono rivolte, e se ci sarà la capacità di coordinarsi per farle funzionare a livello di sistema. Non è chiaro nemmeno quali siano le struttura di garanzia più efficienti, né quanto costino, e quale parte del costo debba essere coperta da aiuti pubblici.
A volte dubito che si riesca a riformare il sistema consensualmente, e temo un processo di selezione darwiniana nel quale non è detto che sopravviva il più capace, tante sono le interferenze nei meccanismi di mercato. Torno ad essere ottimista quando si discute dei problemi in concreto, come nella riunione di Perugia: mettendo in primo piano la ricerca di soluzioni pratiche, è più facile intendersi su quello che si può fare e non si può fare, ed aprire prospettive di azione comuni. C’è però ancora tantissimo lavoro da fare per mettere a fuoco i problemi.

Luca
Fri 18 May 2007, 22.15 - Stampa
Gentili visitatori,
questa settimana il sito è stato inaccessibile a tratti nei giorni da mercoledì a venerdì. Abbiamo subito un'intrusione, e i miei tecnici hanno preferito staccare il server e riattivare il sito su un'altra macchima.
Ci scusiamo per l'inconveniente. Inoltre, ogni giorno devo ripulire dai commenti dei messagi fasulli che reclamizzano siti non sempre puliti. Se li trovate, portate pazienza. Prima o poi dovrò spostare il blog su una piattaforma più sicura.
Questa settimana ho viaggiato (Perugia e Catanzaro). Nel week-end, se riesco a recuperare gli arretrati, vi racconto.
A presto
Luca
Wed 9 May 2007, 00.47 - Stampa
Oggi ho preso parte ad un happening in forma di convegno: lo Studio Tosi di Verona mi ha invitato a parlare su Basilea 2 nell'ambito del SIAB, fiera dell'arte bianca. Tra stand di impastatrici, forni e macchine per la pasta fresca, era allestito uno spazio convegni. Presenti l'organizzatore, i due relatori e un pubblico che ha oscillato tra 1 e 4 unità. A metà del mio classico intervento sugli impatti di Basilea 2, si è sviluppata una discussione interessante con l'altro relatore, dott. Bosio dello Studio Tosi, e una (la) persona del pubblico, ingegnere elettronico ex Alenia, che ora produce componenti elettroniche per l'automazione dei forni. Nemmeno Samuel Beckett avrebbe potuto scrivere un copione perfetto come quello che abbiamo interpretato a Verona.
Perché così poca gente? Dovete sapere che in contemporanea all'evento di Verona, si tiene una fiera di settore concorrente al polo fieristico di Milano. Ieri due operatori si sono dati appuntamento al cellulare "fuori della fiera" e si sono aspettati due ore perché uno era a Pero, l'altro a Verona sud!
Cose che succedono, specialmente da noi. Sono stato contento di conoscere Paolo Tosi, la persona simpaticissima che mi ha invitato. Ha sviluppato una struttura di 30 persone che lavora su progetti di formazione, consulenza, sviluppo locale nel nord Italia, in Cechia, Bulgaria e Romania. Ad esempio, aiuta gli enti locali ad ottenere fondi su bandi europei. So di altre società che lavorano moltissimo su queste iniziative.
Strano paese, il nostro. Su molti fronti, gli attori pubblici sono poco dinamici. Soggetti privati intrapredenti possono fare molto, e meno male che ce ne sono.

Luca
Tue 8 May 2007, 05.55 - Stampa
Grazie alla segnalazione di Bartolo Mililli (v. commento al blog precedente), ho appreso che il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) ha pubblicato una bozza di decreto sui limiti per l'iscrizione dei confidi all'elenco speciale ex art. 107 TUB. La trovate sul sito del MEF qui. Eventuali commenti e osservazioni possono essere trasmesse al MEF, entro il 18 maggio 2007 per e-mail (la trovate sulla stessa pagina).
Nella proposta di decreto si conferma la soglia dei 75 milioni di "volume di attività finanziaria", da misurare in base ai dati dell'ultimo bilancio approvato. I criteri di calcolo dell'aggregato in questione saranno definiti dalla Banca d'Italia (Assoconfidi ha presentato le sue proposte, come riferivo qui).
In teoria un confidi con attività sopra i 75 mln di euro dovrebbe adeguarsi ai requisiti dei 107 che la Banca d'Italia sta per disciplinare, e chiedere l'iscrizione. In pratica, la norma non è così rigida: è prevista, infatti, una banda di tolleranza tra i 75 e i 100 mln di euro nella quale il confidi può decidere di restare "106", rimanendo iscritto nell’apposita sezione dell’elenco generale di cui all’articolo 155, comma 4 TUB. Al superamento dei 100 mln, però, l'adeguamento ai requisiti e l'iscrizione all'elenco speciale diventano obbligatorie, pena la cancellazione dall'elenco generale ex art. 106 TUB. Vengono depennati anche i confidi che non assumono una forma societaria tra quelle prescritte all'art. 106 (spa, srl, s.coop.arl s.coop pa, s.cons.pa), ovvero sono e rimangono consorzi.
Il settore era già in fermento, ora i tempi si stringeranno ancora di più. Tornerò sull'argomento con notizie su progetti specifici.

Luca
Mon 7 May 2007, 16.02 - Stampa
Nella newsletter nr. 11, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e il suo AIG (Accord Implementation Group ci aggiornano sullo stato dei lavori per l'attuazione del nuovo Schema di vigilanza prudenziale. Non c'è un elenco dei paesi che hanno già recepito le nuove norme (fra questi mi risulta che ci siano, oltre all'Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Olanda e Irlanda).
Si riferisce inoltre di nuovi filoni di lavoro:
  • rischio di liquidità;
  • ridefinizione della composizione del capitale regolamentare;
  • valutazione delle pratiche di misurazione e gestione del capitale economico, e in particolare la misurazione del rischio di credito, gli effetti di diversificazione; i rischi di controparte complessi; il rischio di tasso di interesse e la validazione delle stime interne del capitale;
  • tematiche di contabilità e auditing, e in particolare la misurazione del fair value (tema su cui lo IASB ha diffuso un discussion paper nel novembre 2006).

Luca
Mon 7 May 2007, 04.11 - Stampa
Ieri ho parlato all'Assemblea dei soci dell'Ente della Cassa di Faetano. Collaboro con questa Fondazione sanmarinese da qualche mese (ne accennavo qui). L'Ente nasce nel 2001 dalla Banca di San Marino scrl (già Cassa rurale di Faetano) a seguito del conferimento dell'azienda bancaria nella Banca di San Marino spa, avvalendosi di una legge sammarinese che si ispirava a principi simili della "nostra" legge Amato del 1990. E' un caso speciale di fondazione di origine bancaria, che origina da una banca cooperativa e non da una Cassa di risparmio - ente morale. Particolare è anche la governance: il CdA rappresenta la base sociale dell'ex cassa rurale, quindi operatori economici della Repubblica del Titano. L'ente detiene il 90% circa della Banca. Il suo presidente, Fabio Gasperoni, mi ha chiesto di intervenire all'Assemblea per parlare delle Fondazioni bancarie italiane, e delle possibili indicazioni per le strategie dell'Ente.
Il CdA dell'Ente Cassa di Faetano vuole preservare l'identità storica della sua banca, prendendo le distanze da un modello di banca offshore sotto casa. Negli ultimi anni a San Marino sono nate circa 10 nuove banche, e molte di queste vivono delle finestre di arbitraggio normativo e fiscale rispetto all'Italia, o (peggio ancora) di transazioni sospette. La Banca di San Marino nasce invece come banca del territorio, una vocazione che l'Ente vuole custodire.
Preparando l'intervento ho avuto l'occasione di tornare a interessarmi delle 88 Fondazioni di origine bancaria. Non tutti sanno che, accanto alle grandi fondazioni del nord (ex Cariplo, San Paolo, Verona, Torino) che sono nell'azionariato dei due maggiori gruppi bancari (Intesa-San Paolo e Unicredito), operano circa 15 Fondazioni locali che ancora detengono il controllo di ex-Casse di risparmio regionali (ad esempio la Tercas di Teramo o la Sparkasse di Bolzano). La legge Ciampi (N.461/1998) aveva imposto alla Fondazioni la riduzione delle interessenze nella banche "conferitarie" sotto il 50%. Nel 2003, tramite il DLgs n. 143, quest'obbligo è stato eliminato limitatamente alle Fondazioni con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro oppure operanti in regioni a statuto speciale (leggi Sparkasse).
A fine 2005, si è avuto un altro tentativo di ridimensionare i poteri amministrativi delle fondazioni: con la legge n. 262/05 sulla "Tutela del Risparmio", si introduceva la sterilizzazione del diritto di voto sulla quota di partecipazione eccedente il 30%, con l'esclusione del caso appena citato delle Fondazioni "minori". Questa discriminazione rispetto agli altri azionisti delle banche è stata poi revocata dal DLgs n. 303/2006.
Il modello di governance bancaria imperniato sulle fondazioni è peculiare, ma anche robusto. E' servito a tenere a distanza di sicurezza le ingerenze della politica, dando priorità a una mission (solo in apparenza più debole) di natura non profit, garantita da CdA espressi dalla società civile. Per poter finanziare le loro iniziative nel campo dell'arte, della cultura, della ricerca, della promozione dello sviluppo sociale ed economico, le Fondazioni sono motivate alla buona gestione del loro patrimonio, ivi comprese le partecipazioni nella banche conferitarie.
Trovatemi, in Italia, un azionariato migliore (si intende azionisti coi soldi, quelli veri ...).

Luca
Fri 4 May 2007, 04:04 AM - Stampa
Nel seminario di Roma del 2-3 maggio ho ripensato al possibile sviluppo in Italia di nuove agenzie di rating riconosciute (ECAI). E' la Banca d'Italia l'organo cui compete il loro riconoscimento. Non necessariamente l'ECAI deve avere vocazione universale (come Standard and Poor's o Moody's). Può essere un soggetto specializzato per una classe di emittenti o di strumenti (governi ed enti pubblici, imprese, finanza strutturata), o addirittura per una sottoclasse (Imprese->PMI, ad esempio).
In effetti, hanno riferito al seminario Riccardo Basso e Michele Lanotte, della Banca d'Italia, sono state presentate diverse domande di riconoscimento da aspiranti ECAI italiane. Alcune sono state "scoraggiate", altre invece hanno chance di essere accreditate.
In un precedente blog mi ero espresso con cautela sulla possibilità di creare ECAI italiane, ma peccavo di scetticismo. Per rimediare, segnalo alcuen idee per un'ECAI italiana.
Penso ad un'agenzia autorizzata al rating di prestiti alle PMI e di strutture di cartolarizzazione sulla stessa classe di attivi. Un soggetto di questo genere potrebbe dare un rating esterno alle tranched cover, che in questo modo diventerebbero eleggibli per Basilea 2 anche da parte di banche originator non IRB (le IRB possono utilizzare la supervisory formula sui loro rating interni).
Un'ECAI italiana specializzata in PMI? Sì, sarebbe un progetto interessante. Dovrebbe avere (A) una ricca banca dati di bilanci e altri dati aziendali, (B) modelli convalidati di rating azienda, e (C) competenze di ingegneria finanziaria e credit portfolio risk (per la valutazione del tranching). Vedo diversi player attrezzati sugli ingredienti (A) e (B). Sui modelli (C) c'è molto da imparare in Italia, le competenze si trovano presso poche banche e, naturalmente, nelle agenzie di rating internazionali. Un'ECAI potrebbe acquisirle investendoci tempo e intelligenze, non è indispensabile comprare modelli industriali (tipo KMV, per intenderci). Si possono fare in casa con buoni database e conoscenze statistiche e informatiche.
Il business potrebbe essere interessante. Le agenzie di rating internazionali non starebbero a guardare: sia Fitch che S&P seguono con interesse il mondo PMI. Al momento non hanno vantaggi di tipo informativo, poiché utilizzano i database pubblici che hanno i limiti ben conosciuti. Non escludo che un'ECAI italiana di sucesso possa diventare un obiettivo di acquisizione interessante, anche perché sarebbe in grado di fare concorrenza sul prezzo del rating.
Due ultime note:
- l'ECAI può dare rating di tipo solicited (chiesti e pagati dal debitore) e unsolicited; non sono ben visti dalla normativa di Basilea 2 i casi spuri, in cui sono offerti gli uni e gli altri; si teme un mercato del bollino di qualità, ovvero del rating solicited venduto dall'ECAI disinvolta alle aziende che vogliono migliorare il loro rating unsolicited; nel caso delle PMI vedo meglio rating unsolicited pagati dagli intermediari (banche e confidi);
- le ECAI-PMI devono essere indipendenti dalle banche e dai confidi, quindi non possono essere società di loro emanazione; chi può esserne il promotore allora? Penso alle società di informazione sul credito o nuovi attori focalizzati sul rating. Non faccio nomi, per il momento. Invito a far conoscere attraverso aleablog i progetti più interessanti.

Luca
Thu 3 May 2007, 08.38 - Stampa
Sono a Roma per un seminario di ABI formazione sul metodo standard di Basilea 2. Sono presenti più di 70 partecipanti. I relatori più attesi sono i colleghi della Banca d'Italia. A complemento, parlano alcuni accademici (come me), consulenti e risk manager di banche.
Come sempre in queste occasioni, nascono molti spunti. Uno riguarda l'implementazione del metodo standard, che è stato scelto da più del 90% delle banche italiane. Rispetto all'attuale regime di Basilea 1, si tratta di un impianto molto più complesso. Pensiamo soltanto alla classificazione dei portafogli (sovrani, enti pubblici territoriali e non, enti non commerciali, banche, imprese, dettaglio, mutui su immobili residenzialicrediti scaduti, ecc.) ai quali si applicano tabelle di coefficienti differenziate, al fatto che un'esposizione possa essere classificata in più di un portafoglio (ad esempio un mutuo concesso ad un cliente retail), alla possibilità di utilizzare o meno i rating esterni di un'agenzia (ECAI) nei diversi portafogli. Gli incroci di criteri che guidano questo tipo di classificazioni non sono facilissimi da gestire, e ne sanno qualcosa i risk manger e gli analisti informatici che stanno curando l'upgrade delle procedure.
Ieri, nel suo intervento, Marco Corbellini, responsabile risk management e pianificazione della Federazione lombarda delle BCC, ha fatto un esempio emblematico: la classificazione di un'esposizione nel portafoglio retail. Un credito è trattabile come retail se soddisfa quattro requisiti: destinazione (privati o PMI secondo il limite di fatturato < 5 mln €), forme tecniche (solo crediti, non titoli), importo dell'esposizione complessiva verso il soggetto o il gruppo al quale lo stesso è collegato (< 1mln €) e granularità (il credito più grande non può incidere più dell'1% sul portafoglio, l'1% è stato deciso dalla Banca d'Italia tenuto conto della maggior presenza in Italia di banche piccole, nel documento di Basilea si parlava dello 0,2%). Ora, i sistemi di gestione crediti non sempre sono in grado, sulla clientela privati e small business, di assegnare il soggetto ad un gruppo. Anche il controllo della granularità non è lineare: è un procedimento ricorsivo, dato che la dimensione del portafoglio retail guida il calcolo delle incidenze delle posizioni maggiori. Se partiamo da un aggregato, ed escludiamo le posizioni che superano l'1% dello stesso, il totale si riduce, e con esso le incidenze delle esposizioni che rimangono: alcune di queste potrebbero superare l'1%, e andrebbero escluse a loro volta. Il gioco ricomincia, e si converge verso un aggregato coerente solo dopo qualche tentativo. Mica banale!
Pensiamo poi alla necessità di classificare nelle anagrafiche i rating, alla gestione dei casi di rating plurimi, ecc. E questo riguarda tutte le banche, se non altro per gestire gl investimenti in titoli.
Per evitare di scoperchiare il vaso di Pandora dei nuovi metodi, c'è una soluzione: il metodo standard semplificato, che non prevede il riconoscimento dei rating da ECAI, ma solo la classfiicazione delle esposizioni in portafogli con coefficienti fissi. E' probabile che molte banche piccole optino per questa soluzione.
Si è discusso anche di ECAI, ma ne riparleremo in un prossimo blog.

Luca
Wed 2 May 2007, 10:40 AM - Stampa
Volete riposizionarvi su uno snodo vitale del vostro percorso strategico? Fate come ha fatto Mr Bean in Mr Bean's Holiday per raggiungere la Gare de Lyon dall'Arche de la Defense: puntate l'obiettivo, segnate la direzione, e tirate dritto seguendo la bussola, scavalcando qualsiasi ostacolo lungo il tragitto. Un po' brutale, ma pare che funzioni!

Portate pazienza, preferivate un altro blog su Jeremie?
Luca