Fri 31 Oct 2008, 11:25 PM - Stampa
Parlando a Berkeley, Ben Bernanke ha affermato (riporta Bloomberg) che difficilmente le agenzie semi-pubbliche Fannie Mae e Freddy Mac potranno operare senza forme di garanzia o supervisione pubblica anche quando il loro capitale dovesse tornare in mani private. Rimane aperto il problema di ristrutturare il sistema di finanziamento dell'edilizia, oggi quasi bloccato. I presìdi di fonte privata (cartolarizzazione, rating e riassicurazione dei titoli) hanno dimostrato di non funzionare in condizioni di stress, anzi generano rischi sistemici. Tra le possibili alternative, l'assorbimento di Fannie e Freddy in altri organismi federali per l'edilizia (come la Federal Housing Administration e la Government National Mortgage Association) o lo sviluppo di covered bond (alla tedesca) che della securitization tengono la garanzia degli asset, ma rimangono nel passivo della banca erogante.
La notizia è stata ripresa anche dal Sole 24 ore.

Luca
Thu 30 Oct 2008, 05:52 PM - Stampa
Il Governo ha finora smentito le numerosi voci di iniziative in deroga alla Finanziaria. Si fanno però nuove ipotesi, come in questo articolo di Carmine Fotina sul Sole di oggi:
[...] al momento una delle misure di cui si sarebbe parlato è una sorta di "Tremonti ter" con la detassazione, parziale o totale, degli utili reinvestiti in beni strumentali o comunque in interventi strettamente finalizzati all'innovazione.
[...] Confermato poi il piano per allargare "Industria 2015", il programma di incentivi per progetti di innovazione industriale inaugurato dal precedente ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani.
[...] Sul fronte Pmi, invece, nelle ultime ore si è iniziato a lavorare anche per un innalzamento della dote da 600 milioni del Fondo di garanzia. Ipotesi vista con favore sia da Scajola sia da Berlusconi, sebbene si concretizzerà solo in alternativa all'aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociali in deroga. Il Fondo di garanzia per le Pmi, confluito nel Fondo finanza d'impresa gestito dal ministero dello Sviluppo, è uno strumento al quale negli ultimi anni hanno fatto ampiamente ricorso i Confidi (consorzi garanzia fidi) come leva moltiplicatrice.
Per il momento è tutto.
Io penso che sarebbe opportuno dare incentivi più forti al rafforzamento patrimoniale delle imprese, non solo quelle grandi e non solo quelle che investono. Tra l'altro le prassi di fido stanno cambiando, e sono le stesse banche a spingere gli affidati a sostituire credito (più scarso) con mezzi propri. Con l'immobiliare in stanca, l'ipoteca sulla casa difende male il finanziamento all'impresa. So che non c'è grosso margine nel bilancio per dare incentivi forti (leggi, benefici fiscali netti per le imprese). Però consideriamo che il capitale in più che l'imprenditore mette nella sua azienda è un argine contro le insolvenze che poi produrrebbero un fabbisogno di capitale sulle banche. E di questi tempi è facile che quei soldi che mancano ce li debba mettere, e in fretta, lo Stato.

Luca
Thu 30 Oct 2008, 10.31 - Stampa
Ieri mi ha telefonato Nino Amadore, giornalista del Sole 24 ore, per un parere su due iniziative proposte in Sicilia a favore dei confidi:
  1. un disegno di legge regionale (presto in discussione nella commissione Attività produttive dell'Assemblea regionale siciliana) che stanzia apporti ai fondi rischi senza vincolo di destinazione, quindi allocabili al patrimonio di vigilanza di quei confidi che si trasformeranno in 107;
  2. una proposta alternativa di Confindustria Sicilia che riguarda la creazione di un fondo di controgaranzia regionale di 100 milioni di euro.
Oggi è uscito sul Sole 24 ore questo articolo a sua firma, nel quale si riportano la mia opinione e quella di Bartolo Mililli, che esprime una preferenza per la prima proposta perché «con il fondo di controgaranzia si creerebbe una struttura che già esiste a livello nazionale e ha già funzionato egregiamente. Del resto il fondo di controgaranzia della Regione siciliana già esiste e la gara per l'affidamento a un gestore è andata deserta già due volte».
Colgo l'occasione per precisare il parere che ho espresso affermando che le due proposte «si equivalgono sul piano delle garanzie per le banche e ai fini di Basilea 2», nel senso che entrambe possono oggi sostenere l'attività dei confidi 106, quindi l'erogazione di garanzie non conformi a Basilea 2. Quando in Sicilia ci saranno confidi 107, se questi offriranno garanzie personali (senza cap di perdita), allora l'apporto di fondi regionali sosterrà l'offerta strumenti Basel 2 compliant.
Constato che l'interesse dei media per gli interventi sul credito alle Pmi rimane alto.

Luca
Thu 30 Oct 2008, 10.03 - Stampa
Un nuovo comunicato della Regione Lombardia, ripreso dal Sole 24 ore, fornisce i dettagli degli inteventi anticipati ieri.
GARANZIE PER L'ACCESSO AL CREDITO (3 miliardi)
Il pacchetto odierno di provvedimenti mette in moto un mix di strumenti per rafforzare il sistema delle garanzie ai diversi livelli. Esso prevede:
- l'immissione a breve di 20 milioni nel sistema delle garanzie di 2° grado (Federfidi/Artigiancredit) e, nelle prossime settimane di
- ulteriori 30 milioni a valere sul Fondo di garanzia Jeremie, da attivare mediante procedura di evidenza pubblica, a favore di tutti i settori economici (industria, artigianato, commercio, servizi, cooperazione e agricoltura). È inoltre allo studio una misura per il rafforzamento del sistema delle cooperative a valere sul Jeremie del Fondo sociale europeo;
- un bando per il settore del commercio da 4 milioni come fondo garanzie o, in parte, a titolo di abbattimento interessi.

FINANZIAMENTI (1 miliardo)

Fondo di rotazione (FRIM)
E' stato deciso un rifinanziamento, entro dicembre, del Fondo di rotazione per l'imprenditorialità (FRIM), per un ammontare di 130 milioni a valere sui fondi della programmazione comunitaria 2007/2013 e sul Fondo Unico Nazionale, al fine di sostenere gli investimenti finalizzati allo sviluppo aziendale delle Micro e PMI tramite la concessione di prestiti agevolati (cofinanziamento a medio-termine, locazione finanziaria di beni strumentali e prestito partecipativo). Questo Fondo, in sinergia con il sistema bancario, potrà garantire, tra le misure a sostegno dell'accompagnamento alle imprese e quelle a sostegno dell'innovazione, finanziamenti per oltre 300 milioni.

Fondo made in Lombardy
Verrà attivato, nei primi mesi del 2009, il Fondo Made in Lombardy, per un totale di 100 milioni di Finlombarda, oltre a 35 milioni di garanzie regionali a valere sulla programmazione comunitaria 2007/2013, in grado di attivare 400 milioni di finanziamenti. L'iniziativa è volta a finanziare investimenti a medio-termine delle PMI mediante la concessione di linee di credito per progetti di sviluppo aziendale. Il bando per la selezione degli intermediari è già stato pubblicato.

Fondo agevolazioni artigianato
Deciso anche il rifinanziamento per un totale di 48 milioni (di cui 7 milioni di rientri da Artigiancassa) del Fondo regionale per le agevolazioni finanziarie all'artigianato (Misure A, B,C) in grado di mobilitare almeno 400 milioni.
Con riferimento alle misure con impatto sul credito, si percepisce la volontà di coordinare, rafforzare e ri-focalizzare misure già in precedenza impostate, tra cui il progetto di fusione dei confidi di secondo grado (vedi qui) e il fondo Made in Lombardy di cui parlavo qui. Oltre a queste misure straordinarie, la Regione mette a disposizione ulteriori strumenti per l'Innovazione, l'Internazionalizzazione, i distretti del commercio.
Molto opportunamente, si intende avviare un Tavolo di lavoro con ANCI, UPL, ABI e Cassa Depositi e Prestiti per studiare soluzioni per un più sollecito incasso dei crediti (5 miliardi) verso la Pubblica Amministrazione, sulla scorta dell'esperienza positiva del Fondo Socio-Sanitario della Lombardia. Inoltre, si prevede di attivare un tavolo "Interventi sociali" per alleviare le difficoltà dei lavoratori colpiti dalla crisi.

Luca
Wed 29 Oct 2008, 16.15 - Stampa
Dal Sole 24 ore di oggi si valuta una possibile "via francese" al sostegno della solvibilità e del funding del nostro sistema bancario. Parliamo sempre di ipotesi di lavoro. Il Tesoro potrebbe fondare, con il concorso delle banche o altri soggetti pubblici, una o più società finanziarie per raccogliere fondi con obbligazioni garantite dallo Stato.
In Francia il Governo ha creato la Société de prise de participation de l'Etat (Sppe) che farà una prima iniezione di capitale entro fine anno su sei banche per 10,5 miliardi di euro. In Italia si potrebbe creare una simile entità che sottoscriva titoli di capitale ammessi nel Tier 1 delle banche.
L'altra creatura recentemente voluta dal Governo Sarkozy è la Sfre, Société française de refinancement de l'économie. Questa società-veicolo, posseduta al 34% dallo Stato e al 66% dalle banche, raccoglie a medio-lungo termine per rifinanziare il credito alle attività produttive (nei giorni scorsi ha prestato 5 miliardi di euro a sette banche). L'articolista vede in questo una riedizione dell'IMI (creato nel 1931), in realtà assomiglia di più al Mediocredito Centrale prima della privatizzazione, quando agiva anche come rifinanziatore del sistema di credito a medio termine all'industria. In Germania interviene in questo modo una divisione del gruppo creditizio pubblico KfW, che beneficia della garanzia governativa.
Strutture come la Sppe e la Sfre sono off-balance rispetto al bilancio dello stato, e quindi i fondi intermediati da analoghi veicoli italiani non andrebbero ad aumentare il debito pubblico.
Non è certo il momento di applicare rigidamente i parametri di Maastricht, ben venga quindi una leva tecnica di questo tipo per attenuarli.
Attenzione però alla finanza strutturata, che ha fatto tanti danni per mano degli intermediari privati. Non vorrei che fosse usata in maniera azzardata dagli intermediari pubblici.

Luca
PS 30/10 Nuove ipotesi (soltanto ipotesi) sugli interventi di ricapitalizzazione delle banche sono illustrate oggi in questo articolo di Isabella Bufacchi.
Wed 29 Oct 2008, 11:23 AM - Stampa
Da un comunicato della regione Lombardia:
E' giunto alla fase finale di rifinitura il piano straordinario di iniziative che la Regione si appresta a varare per contribuire a "dare respiro" alle aziende lombarde, specie piccole e medie, alle prese con la crisi finanziaria ed economica e penalizzate dal costo del denaro e dalla particolare difficoltà di accesso al credito. Un piano che ha per obiettivo mobilitare complessivamente almeno 1 miliardo di euro a favore delle Pmi. Ne ha dato notizia il presidente della Regione, Roberto Formigoni, insieme all'assessore all'Industria, Piccole e Media Impresa e Cooperazione, Romano La Russa.
[...] L'incontro con la Commissione Europea per le risorse della programmazione comunitaria è già fissato per il 30 ottobre, mentre all'inizio della prossima settimana Formigoni riunirà il Patto per lo Sviluppo (le rappresentanze del mondo economico e sindacale) e un vertice con le Camere di Commercio (con cui è in corso da due anni un Accordo di Programma per la competitività). Altri interlocutori importanti sono la BEI (Banca europea per gli investimenti) e la Cassa Depositi e Prestiti, che pure Formigoni ha invitato a scendere in campo.
L'intervento si preannuncia massiccio. Aspettiamo i dettagli.

Luca
Wed 29 Oct 2008, 11:06 AM - Stampa
Alle regioni intervenute per supportare il credito alle imprese si è aggiunta la Liguria che ha stanziato circa €3mn "rastrellati" tra le poste del bilancio. Si prevede anche un Fondo di rotazione. Ne riferiva ieri questo articolo del Sole 24 ore.

Luca
Wed 29 Oct 2008, 08:31 AM - Stampa
Tra gli imputati della crisi troviamo al primo posto il sistema di supervisione bancaria degli USA, che avrebbe lasciato troppo libero il settore dell'investment banking. Ho cercato una documentazione sintetica sull'argomento, e ho trovato questa testimonianza al Senato USA resa nel giugno 2008 (due mesi dopo l'insolvenza di Bear Stearns) da Erik Sirri, Director della Division of Trading and Markets, U.S. Securities and Exchange Commission. Sì, perché era proprio la SEC a sorvegliare su base consolidata i maggiori player dell'investment banking: Bear Stearns, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley. Costoro partecipavano dal 2004 al CSE (Consolidated Supervised Entities), un programma volontario di controllo prudenziale della SEC. Un programma molto sofisticato, che applicava le nuove regole di Basilea 2 fissando un coefficiente di solvibilità minimo rafforzato dall'8% al 10%. Un programma di applicazione non semplice, dato che molte controllate erano entità regolate da altre autorità USA, regolate da giurisdizioni estere, o non regolate del tutto (di queste, molte in centri off-shore). Un quadro farraginoso, dove gli arbitraggi regolamentari e l'elusione dei requisiti prudenziali sono facili (peraltro hanno eluso alla grande anche le bank holding companies vigilate dalla Fed con le SIV, vedi questa analisi impietosa di Roubini)
La SEC aveva tutti i giorni scambi di informazioni con le big five sulle esposizioni al mark-to-market, il value-at-risk (applicato a fini di vigilanza) e i buffer di liquidità. I primary broker-dealers, che sono le divisioni più importanti e critiche per il buon funzionamento dei mercati, sono sorvegliate anche da un organo di auto-regolamentazione, il FINRA.
Sirri sottolinea le seguenti specificità del programma CSE (la sottolineatura è mia):
While maintaining broad consistency with Federal Reserve holding company oversight, the CSE program is tailored to reflect two fundamental differences between investment bank and commercial bank holding companies. First, the CSE regime reflects the reliance of securities firms on daily mark-to-market accounting as a critical risk and governance control. Second, the design of the CSE regime reflects the critical importance of maintaining adequate liquidity for holding companies that, until recently, did not have access to an external liquidity provider.
Ecco dove si è aperto il buco: nel trattare esposizioni creditizie originate per essere poi cedute come posizioni di trading su mercati liquidi, e quindi valutarle secondo un approccio di rischio di mercato. Nel trading book il rischio di una singola posizione è eliminabile chiudendola o coprendola. Se ci sono mercati liquidi su cui farlo, allora il capitale richiesto è commisurato alla perdita potenziale tra il momento in cui il rischio si manifesta e quello in cui la posizione viene chiusa. Si presume di poterlo fare in pochi giorni. E' questo l'approccio dei modelli VaR classici, a cominciare da RiskMetrics. Modelli che funzionano in mercati perfetti, habitat ideale per strategie dinamiche di trasformazione dei rischi alla Black e Scholes.
Un simile impianto di vigilanza applica a livello di sistema un approccio al rischio che potrebbe al limite funzionare per un singolo trader molto sveglio, ma non certo per un mercato che accumula migliaia di miliardi di esposizioni: chi se le tiene fino a scadenza quando tutti le mollano? Per questo equivoco, si è aperto il buco nero dal quale sono passati i rischi poi degenerati in perdite trilionarie.
I buchi di Basilea sono questi, e più che il credit risk riguardano il trattamento del market risk e del rischio controparte su derivati, regolato dall'emendamento di Basilea 1 del 1998 (quello che ammetteva i modelli VaR a fini di vigilanza). Basilea 2 ha cercato di stringere sulla possibilità di gestire nel trading book posizioni illiquide (con proposte di ulteriori restrizioni), ma è troppo tardi. Le regole di Basilea 2 sul credit risk, anche quelle basate sui rating interni, rimangono ragionevoli, perché assumono la detenzione del credito fino a scadenza. Si possono aggiustare nei loro effetti prociclici con tecniche di dynamic provisioning (sull'esperienza spagnola), ovvero con accantonamenti rafforzati nei periodi di vacche grasse, ma di fatto già lo si dovrebbe fare con Basilea 2 utilizzando rating a lungo termine, che assumono perdite attese tarate sui tassi di default medi, più alti di quelli osservati negli anni buoni. Il punctum dolens delle regole sul rischio di credito è, ovviamente, nel trattamento delle cartolarizzazioni basato sui rating, ma qui sono le Agenzie che si sono scavate con le loro mani la buca in cui poi sono cadute, apponendo il prezioso sigillo tripla A, un tempo riservato ai nomi più solidi, alle senior CDO, pacchi di robaccia imballata in altra robaccia. L'imballaggio avrebbe dovuto resistere a shock estremi, ma è andata diversamente.

Luca
Tue 28 Oct 2008, 11:25 PM - Stampa
Oggi colgo dal Sole 24ore due segnali dell'attenzione degli investitori esteri verso il nostro paese: L'ombrello dell'euro ci copre, e non corriamo i rischi dei paesi con economie e monete piccole che stanno contrastando squilibri sul fronte valutario. Ci viene riconosciuto di aver evitato i colpi diretti della crisi, e di avere un'economia reale più sana e diversificata, non drogata da bolle immobiliari, con basso debito privato. Però, in questo clima di corsa alla qualità e fuga dal rischio, con i big che sparano con l'armamento pesante, monetario e fiscale, non siamo visti come porto sicuro, e lo paghiamo. Forse è il momento che il Paese faccia una comunicazione più decisa su quanto siamo messi meglio e sulle azioni che vogliamo intraprendere per mantenere in forma migliore degli altri le banche e le imprese italiane. Rafforzando prima di tutto la nostra economia reale, il che non è soltanto un problema di credito. E magari contestando garbatamente ai big che basti l'armamento pesante per sconfiggere in fretta le loro crisi.

Luca
PS 29/10: oggi un articolo del Sole sulle voci di un imminente piano di intervento statale per rafforzare il capitale delle banche, che peraltro non è stato messo a tema nella riunione del Comitato di stabilità (Tesoro, Banca d'Italia, Consob, Isvap). Sui rischi di un ruolo invadente dello Stato azionista, Francesco Vella ha pubblicato un pezzo sul lavoce.info.
Tue 28 Oct 2008, 05:47 PM - Stampa
Mi ha sorpreso il balzo delle azioni Vokswagen, che oggi hanno raggiunto in apertura il prezzo di €1.005, dopo aver chiuso a €210 venerdì. La capitalizzazione della società ($369 miliardi) ha superato quella della Exxon ($343 miliardi). Come è accaduto? Si è saputo (vedi articolo su ft.com, serve registrazione gratuita) che il gruppo Porsche ha accumulato con investimenti diretti in azioni ordinarie e posizioni lunghe in derivati una quota del 74,1% della VW, molto vicina ai 3/4 che le darebbero il dominio assoluto. Fa impressione che la Porsche – che vende circa 100,000 vetture all'anno e ha ricavi annuali di €7 miliardi – prenda il controllo della VW, che vende 6 milioni di unità con ricavi per €100 miliardi. Si sono così riuniti due nomi storici dell'industria tedesca che si possono far risalire entrambi a Ferdinand Porsche, che ha progettato il primo Maggiolino e ha contribuito a far nascere l'omonima fabbrica di vetture sportive.
Nel frattempo, si dice, diversi hedge fund impostavano arbitraggi stando lunghi sulla VW privilegiata e corti sull'ordinaria, fiduciosi nella chiusura del gap di prezzo, molto ampio, a favore della seconda. Non è escluso che la stessa Porsche abbia prestato le ordinarie agli ignari arbitraggisti i quali, accortisi di essere corti su una titolo quasi privo di flottante, sono corsi a chiudere le posizioni acquistando, ai prezzi esplosivi di cui sopra.
C'è chi parla di un grave danno d'immagine per la Porsche e la Borsa tedesca. Comunque finisca la vicenda, la storia è emblematica dei rapporti tra mercati finanziari e fondamentali che ci siamo abituati a vedere. E' davvero difficile, con questi sbalzi legati a movimenti di trading e manovre di controllo, e uno scenario di recessione grave e prolungata, puntare ad un ancoraggio delle valutazioni.
Cambiando mercato, lo stesso si può dire del massiccio apprezzamento dello yen sull'euro e su altre valute che ha preoccupato le autorità monetarie giapponesi: correzione brusca di un prolungato deprezzamento, pare causato dallo smontaggio di molti carry trade con cui si finanziavano ai bassissimi tassi in yen posizioni in asset a più alto rendimento, dismesse per la crisi dei mercati. Anche qui il rialzo consegue alla ricopertura di posizioni corte (vedi commento di Brad Setser).
Grande è il disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente, come sentenziava Mao Zedong? Soltanto per pochi, e non è detto che gli vada sempre bene.

Luca
PS 29/10 Aggiornamento sulle mosse di Porsche da Bloomberg. L'azione della casa automobilistica è salita sulle attese di grossi utili ai danni dei fondi short squeezed.
Tue 28 Oct 2008, 03:55 PM - Stampa
Su Bloomberg un lungo articolo racconta le tristi vicende della Sachsen Landesbank, creata nel 1992, dopo la riunificazione, dagli enti locali e dalle banche della regione. La banca ha subito perdite per 2,8 miliardi di euro sui veicoli creati a Dublino con la consulenza di Lehman Brothers per investire in CDO subprime e affini. Nel 2005 era scaduta la garanzia dei Laender sulle passività delle Landesbanken. Il Land della Sassonia ha però concesso alla Sachsen un prolungamento della propria garanzia fino al 2015. Questo ha facilitato il funding con titoli a breve delle SIV irlandesi che hanno investito in titoli strutturati AA, assicurando fino al 2006 un contributo massiccio al reddito delle banca madre. Le "note vicende" aprono ora questa potenziale voragine nel bilancio della Sassonia. Buon lavoro agli avvocati.

Luca
Tue 28 Oct 2008, 03:37 PM - Stampa
Segnalo il nuovo numero della collana della Banca d'Italia Questioni di economia e finanza (Occasional papers) su Il rischio dei mutui alle famiglie in Italia: evidenza da un milione di contratti di Emilia Bonaccorsi di Patti, Roberto Felici. Ecco l'abstract:
Questo lavoro esamina le principali caratteristiche dei prestiti per l’acquisto di abitazioni concessi in Italia tra il 2004 e il 2007 censiti nella Rilevazione Analitica dei Tassi di Interesse. Le caratteristiche del contratto e del mutuatario sono messe in relazione con la probabilità che il mutuo entri successivamente in sofferenza o che si registri una situazione di difficoltà nel pagamento delle rate. Nell’analisi si stima inoltre la differenza nel rischio ex post tra mutui cartolarizzati e non cartolarizzati. I principali risultati sono: i mutui a tasso variabile sono più rischiosi di quelli a tasso fisso; il differenziale di rischio è più ampio per i prestiti erogati alla fine del 2005, quando i tassi di interesse di mercato hanno toccato il valore minimo; il rischio di incontrare difficoltà nei pagamenti è stato maggiore per i mutuatari più giovani, per quelli residenti nelle regioni del Mezzogiorno e per gli immigrati da paesi extracomunitari; i mutui cartolarizzati hanno registrato un’incidenza inferiore sia di passaggi a sofferenza sia di ritardi nei pagamenti rispetto ai prestiti non cartolarizzati.
Luca
Tue 28 Oct 2008, 11.47 - Stampa
Il Vice-governatore della Bank of England John Gieve ha tenuto oggi un interessante discorso alla British Bankers' Association: Rebuilding Confidence in the Financial System. Reuters ha ripreso la stima delle perdite su asset legati ai crediti in Europa e negli USA, che assommerebbe, secondo l'ultimo Financial Stability Report, a 2.800 miliardi (2,8 trilioni) di dollari. Si tratta di una stima al fair value, con tutti i limiti che ha la valutazione dei toxic assets, e non sono tutte esposizioni a carico delle banche. Però è il doppio della stima fornita dal Fondo Monetario l'8 ottobre.
Questi numeri formidabili sulla malattia sono presentati (insieme con altri grafici interessanti) per sottolineare l'importanza dei risultati della cura messa in atto da Londra nelle scorse settimane. Il Governo laburista sa il fatto suo in materia di interventi statali, e il suo piano di ricapitalizzazione e garanzia ha ispirato diversi altri governi.

Luca
Tue 28 Oct 2008, 11:20 AM - Stampa
Riprendo da Vita.it questo annuncio di Rosario Altieri, presidente nazionale dell’Agci, Associazione generale cooperative italiane:
Il superamento della crisi passa anche attraverso la coniugazione tra rilancio dei consumi e recupero di produttività competitiva del sistema imprenditoriale italiano, due assi su cui giocherà un ruolo essenziale l’accesso al credito e, quindi, un rafforzamento degli strumenti di garanzia fidejussoria. Si iscrive in questa linea il progetto di fusione dei Confidi territoriali (20 strutture nazionali) aderenti alle tre Centrali cooperative Agci, Confcooperative e Legacoop, che potrebbero riunirsi in un maxi-Confidi per divenire intermediario vigilato dalla Banca d’Italia, in base all’articolo 107 del Testo unico bancario.
Una lettura interessante del ruolo dei confidi come fattori di crescita della produttività. Potremmo quindi arrivare ad un unico confidi inter-associativo della cooperazione. Un progetto altrettanto interessante.

Luca
Tue 28 Oct 2008, 10:54 AM - Stampa
Riprendo dal Sole 24 ore le risposte del Presidente della BCE ad un convegno KPMG a Madrid:
Le decisioni da noi prese sono così importanti, così nuove e così imprevedibili fino ad appena due mesi fa che posso capire che ci voglia un po' di tempo a chi decide sull'Euribor per misurare a pieno quello che abbiamo fatto: ma non ho dubbi che progressivamente lo realizzeranno.
E' importante che tutti gli attori del mercato e anche tutte le banche commerciali nella zona euro prendano pienamente in conto nelle loro decisioni e comportamento le decisioni eccezionali che abbiamo preso: stiamo fornendo liquidità illimitata a tassi fissi. Le garanzie dei Governi assolutamente senza precedenti devono essere pienamente incorporate nelle politiche delle banche commerciali.
Liquidità illimitata dalla Banca centrale a tassi fissi (o più probabilmente in calo) e ombrello pubblico sul rischio di nuovi fallimenti come condizioni "normali" del mercato monetario, è questa l'aspettativa che la Fed e la BCE vogliono innestare nelle menti dei CFO della banche. La stabilizzazione a oltranza dei tassi overnight era una delle azioni anti-crisi immaginata da Bernanke nel 2002 per trasmettere l'effetto espansivo del monetary easing ai tassi oltre il brevissimo termine (via aspettative) e ai premi al rischio, ne parlavo qui.
Una rassicurazione importante per convincere le banche a riallocare le riserve accumulate nelle ultime settimane verso l'interbancario.
Per assicurare stabilità all'offerta di credito all'economia anche questa rassicurazione poderosa non basta. Possono aiutare i micro-rimedi.

Luca
Mon 27 Oct 2008, 21.02 - Stampa
Colgo al volo il suggerimento che viene dalla lettura del quinto micro-rimedio di Luca per aggiornarvi sulle novità delle mie ultime settimane. Vista l’ora, fate finta che vi abbia virtualmente invitato a cena…In questa fase di “armageddon finanziario” in cui tutto il mondo cerca di uscire dalle banche, diciamo che io sono andato in leggera controtendenza: da due settimane lavoro in Cassa Centrale Banca. Per chi non conoscesse il mondo del credito cooperativo italiano diciamo che Cassa Centrale Banca (Trento) e ICCREA (Roma) costituiscono le banche di riferimento per l’intero sistema del credito cooperativo nazionale, offrendo servizi per l’accesso alla Rete Nazionale Interbancaria e, ciò che più conta, ai sistemi di pagamento, ai servizi d’investimento, alla gestione del risparmio e ai prodotti di finanziamento.
Faccio parte del team di consulenza direzionale, un servizio che Cassa Centrale Banca eroga nei confronti di più di un centinaio di banche clienti al fine di supportare gli organi di direzione e la funzione interna di risk management nelle attività di misurazione, controllo e governo dei rischi. E’ un servizio molto apprezzato dalle banche, che dopo l’entrata in vigore di Basilea 2 (…e, probabilmente, nell’attesa di Basilea 2.1 o addirittura Basilea 3) hanno l’esigenza di organizzare un processo di gestione dei rischi sempre più strutturato.
Il progetto Smefin e le attività collaterali sulle quali ho lavorato con Luca sono stati una scuola unica e un punto di osservazione privilegiato da cui seguire i processi di cambiamento in atto in questi anni. Sono stati un cantiere di iniziative e di attività di ricerca, formazione e consulenza, alle quali mi piacerebbe poter ancora offrire il mio contributo. Un grazie speciale a Luca e un saluto a tutte le persone con cui ho avuto il piacere di lavorare e confrontarmi.
Ciao a tutti...alla prossima cena...

Flavio A.
Mon 27 Oct 2008, 07:16 PM - Stampa
Da un intervento al Forum dell'ABI ripreso dal Sole 24 ore:
Per la grande finanza araba l'Italia è tra i paesi che possono contare su fondamentali economici solidi, e anche grazie alle tempestive contromisure messe in piedi è riuscita a chiamarsi fuori dalla crisi globale della finanza. Lo hanno riconosciuto alcuni dei più autorevoli esponenti della finanza dei paesi del Golfo, giunti oggi a Roma per partecipare a un forum organizzazione dall'Abi sui rapporti commerciali finanziari tra la penisola e gli stati arabi. Paesi che guardano con interesse alle possibilità di investimento in Italia, e contemporaneamente incoraggiano le imprese della penisola a investire a loro volta nelle economie del Golfo, che promettono forti tassi di sviluppo.
«I fondamentali economici dell'Italia sono solidi, come quelli dei paesi arabi» ha affermato Nasser Al Shaali, amministratore delegato della Dubai International Financial Centre (Difc) Authority, incontrando i giornalisti a margine della due giorni di lavori lavori. L'ente che dirige è sia una autorità pubblica, sia un centro che raggruppa tutte le istituzioni finanziarie che operano nell'area, tra cui il gigantesco fondo sovrano di Dubai. «Le banche arabe come le banche italiane si considerano fuori da questa crisi. Riteniamo che il mercato italiano sia molto vicino agli investimenti arabi. Sono molto elevati gli investimenti di banche arabe in Italia - ha osservato - e il sistema bancario italiano ha dimostrato la sua capacità di allontanarsi dalla crisi». Il presidente dell'Unione delle banche arabe ha infine espresso l'auspicio di un maggior numero di accordi tra l'Italia e i Paesi arabi sul commercio internazionale e sulla cooperazione nel settore finanziario.
Italiani veri fenomeni: riusciamo a "chiamarci fuori dalla crisi globale", anche senza petrodollari. Se lo dicono loro ...

Luca
Mon 27 Oct 2008, 18.06 - Stampa
Come riferiscono Bloomberg e Reuters, la Fed ha fatto i primi acquisti di Commercial Paper dalle imprese nell'ambito del programma di supporto da 1.400 miliardi di dollari, fissando il tasso che è disposta ad accettare sulla carta unsecured a 90 giorni al 2,88% (1,88% + credit spread dell'1%). Alcuni dei maggiori emitttenti, tra cui la finanziaria del Gruppo General Electric, hanno dato il loro pieno appoggio a questo intervento.
In corrispondenza di questa azione, il tasso sulle CP è salito dello 0,25%. Il 9 ottobre aveva raggiunto un massimo del 4,28%. Il tasso segnato oggi del 2,88% è dell'1,38% più alto del target lending rate della Fed. Prima della detonazione della crisi subprime (luglio 2007) i due tassi coincidevano.
Gli interventi della Fed, compreso questo sulle CP, hanno rafforzato le attese di un ribasso dei tassi interbancari. Speriamo. Intanto il mercato sconta già un ribasso del target rate della Fed sull'overnight, dall'1,5% all'1%.
A margine, vi segnalo una lettura suggestiva: il discorso di Ben Bernanke sui rimedi contro la deflazione. Suggestiva perché è del 21 novembre 2002, quando Bernanke era da pochi mesi membro del Consiglio dei Governatori della Fed, diversi anni prima di assumerne la presidenza nel febbraio 2006. Si valutava, in tono accademico, se gli USA fossero esposti al rischio di una recessione con deflazione, come quella che ha afflitto il Giappone negli anni novanta. In quel caso i tassi di intervento della banca centrale sono andati a zero per un periodo lungo. Questo, dice Bernanke, non è la fine della politica monetaria, che può fare molte altre cose per combattere la generale tendenza al calo dei prezzi. Tra i rimedi preventivi cita il rafforzamento della stabilità finanziaria delle banche e delle imprese (qualcosa non ha funzionato, da allora ...). Tra i rimedi alla malattia conclamata, insiste sulla possibilità di iniettare moneta con acquisti di un più ampio menu di attività (titoli di Stato o delle agenzie di mutui) e facilitando il rifinanziamento a fronte di titoli delle imprese (il programma di acquisto di CP è qualcosa di più). Parla di un combinato disposto di politiche monetarie e stimoli fiscali espansivi. Non cita la ricapitalizzazione delle banche. Come rimedio estremo accenna all'acquisto con creazione di base monetaria di titoli di Stato esteri; qualcosa di simile aveva fatto Roosvelt nel 1933-34 con un programma massiccio di acquisti di oro che aveva prodotto una svalutazione del dollaro (rispetto all'oro) del 40%.
I rimedi sopra elencati dovrebbero funzionare, però, ammetteva con onestà, sappiamo poco dei loro impatti, curativi e dannosi. In effetti leggendo questo discorso ho colto quella razionalità un po' cinica che hanno i medici che curano malattie gravi (non tutti).
Bernanke ha un IQ terrificante (1590 su 1600 al test SAT di ammissione al college) ed è forse il miglior economista monetario della sua generazione. Gli basterà per governare il vascello nella burrasca?

Luca
PS 28/10: Oggi la Fed ha acquistato (si stima) 60 miliardi di CP con scadenza sopra 80 giorni. Il tasso è salito di un punto base a 2,89%. Il fatto è stato letto molto positivamente dai mercati ed è tra le spiegazioni del rally delle Borse di oggi (+10% SP 500).
Mon 27 Oct 2008, 04:34 PM - Stampa
Nouriel Roubini, alias Mr Doom ovvero colui che già nel 2006 aveva prefigurato il copione della crisi, da agosto 2007 a queste settimane, è intervenuto oggi ad un convegno a Londra (riferisce Bloomberg) affermando che è in atto una corsa ai riscatti degli investimenti in hedge funds. Per far fronte alle richieste di liquidazione, i gestori (che sono anche forti investitori in questi veicoli) dovrebbero scaricare sui mercati massicce quantità di asset. Per scongiurare crolli, le borse potrebbero chiudere per una settimana o più, come adombrava il nostro Premier il 10 ottobre, parlando di concertazioni in tal senso tra i paesi del G7 (poi smentite, Bloomberg lo ricorda). Il 30% di questi fondi potrebbe uscire di scena, secondo un operatore del settore, con perdite massicce a carico dei loro investitori, facoltosi privati, ma anche soggetti istituzionali che avevano subito il fascino degli alternative investments nelle loro variegate strategie. Nei mesi scorsi la leva di questi patrimoni si era drasticamente ridotta, e speriamo quindi in impatti limitati sui mercati del credito.
La crisi sta toccando un drappello di paesi emergenti: Pakistan, Ungheria, Ucraina e Bielorussia (e conseguente richiesta di assistenza del Fondo Monetario Internazionale). Si teme un nuovo default del governo argentino che ha nazionalizzato i fondi pensione.
Annoto questo non per allarmismo, ma per ricordare a me stesso che la strada davanti sarà lunga e ancora piena di sorprese, non tutte positive. E allora, occhi aperti, testa al lavoro e maniche rimboccate.

Luca
PS 23/10
Sugli hedge funds potete leggere questo articolo esauriente dell'Economist.

PS 25/10
Ieri Roubini è tornato sul suo intervento allarmistico con questo commento
Indeed, we have now reached a point where fundamentals and long term valuation considerations do not matter any more for financial markets. There is a free fall as most investors are rapidly deleveraging and we are on the verge of a a capitulation collapse. What matters now is only flows - rather than stocks and fundamentals - and flows are unidirectional as everyone is selling and no one is buying as trying to buy equities is like catching a falling knife. There are no buyers in these dysfunctional markets, only sellers and panic is the ugly state of this destabilizing game.
And while panic and destabilizing market dynamics is the driver of financial markets even economic fundamentals are awful as investors are finally realizing that a severe US and Eurozone and G7 and emerging markets and global recession is coming and will be deep and protracted. As I have argued for a while equity prices may have to fall another 30% based on fundamentals alone before they bottom out. Why so? In a severe two year US and global recession S&P 500 firms earnings per share (EPS) could realistically fall to $50 or $60. If P/E ratios fall to 12 this implies the S&P 500 index falling to a 600 to 720 range. If P/E ratios fall - as likely in a recession - to 10 then the S&P 500 index could fall as low as 500 to 600. So even based on fundamental factors alone there is another 30% or more downside risk to US equities; and now, on top of such fundamentals, there is also an ugly and nasty panic-driven market dynamics at work.
L'ho visto parlare in questo video del suo intervento su Bloomberg. Ve lo consiglio. Non sapete l'inglese? E' il momento giusto per impararlo, se volete seguire quello che sta succedendo. A proposito: Roubini si è laureato in economia politica alla Bocconi nel 1982, due anni dopo di me (io in Economia aziendale), più o meno negli stessi anni di Alberto Alesina. Non male la scuola italiana di economia.
Sat 25 Oct 2008, 12.27 - Stampa
E' un sabato mattina di lavoro tranquillo a casa, in mansarda. Due piani sotto, il forno lavora: torta di mele e pane fatto in casa. Avvolto, ma non distratto, dai profumi ho guardato questo intervento di Nouriel Roubini. 45' serrati sulla crisi. Grande lucidità, ampiezza e profondità di visione, spietato realismo: il peggio è davanti a noi, non già alle spalle. Le Borse possono scendere un altro 30%. I fallimenti delle imprese negli USA (e altrove) avranno un'impennata, un'altra botta per le banche. Rischi di default e crisi valutarie in una ventina di paesi emergenti in Asia, Est Europa, Sudamerica. Un sistema finanziario che sfiora il collasso: perdite e squilibri finanziari che si gonfiano a dismisura, investitori in fuga da rischi di qualsiasi genere, Governi, Banche centrali e Fondo monetario che devono caricarsi di tutto quello che i mercati rigettano. La cappa incombente di una recessione globale che potrebbe durare anni. Consigli? Via da qualsiasi asset rischioso, via dal dollaro (saremo inondati da T-Bonds emessi per pagare il conto dei salvataggi, chi li comprerà?), rimanere su investimenti liquidi e sicuri, leggi titoli di stato a breve e medio termine di paesi non piccoli e politicamente stabili.
Roubini non gioca a fare Nostradamus: il panorama è questo, il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi. Mi chiedo: si può fare qualcosa? O lo possono soltanto i governi? Siamo frastornati dai numeri, il male e i rimedi si pesano a trilioni di dollari o di euro (migliaia di miliardi!), l'ordine di grandezza del PIL di un paese.
In Italia, l'arsenale strategico anti-crisi è sguarnito: un trilione e passa lo abbiamo speso un po' alla volta negli anni ed è già debito dello Stato. E' questa la nostra forza: poter contare soltanto sulle persone. Lo dicevo due settimane fa, ma ci voglio tornare sopra con qualche riflessione più specifica. Aspettando i macro-rimedi decisi "colà dove si puote", ecco il mio menu di micro-rimedi, per non stare con le mani in mano. Lo sottopongo all'attenzione degli imprenditori italiani:
  • intelligenza, nel senso di intelligence, ovvero seguire quello che sta accadendo e cercare di capire, anticipare i problemi, quelli vicini (come la crisi di un distretto produttivo) e quelli lontani (come il default di un paese emergente); e soprattutto quantificare gli impatti; in Italia abbondiamo in materia prima, ma siamo carenti nel prodotto finito;
  • valore aggiunto, ovvero il reddito prodotto e ripartito tra lavoratori, creditori, azionisti ed erario; è questa la misura di performance che deve guidare le imprese di questi tempi; basta con i "nuovi paradigmi" della creazione di valore e l'EVA, con questi premi al rischio è negativo, con poche eccezioni; ci si accontenti di far durare un'azienda nel tempo (è già tantissimo); questo patto tra stakeholder può funzionare in un paese, come l'Italia, di imprenditori-lavoratori;
  • capitale di rischio, se l'azienda ha le chance per farcela, deve essere ricapitalizzata; non seguite il consiglio di Roubini, o meglio, tenete al sicuro i risparmi per la pensione, ma con il resto finanziate le attività d'impresa (e che la fiscalità aiuti); il capitale serve per consolidare, ristrutturare, innovare; ci vuole coraggio, il ROE per qualche anno non sarà brillante, e un bel po' di capitale andrà a coprire perdite pregresse e future; ma se c'è partita, si deve giocare, ne sarete fieri, meglio che averli messi in un hedge fund; l'alternativa è lasciare questo compito allo Stato, ma non è detto che lo faccia meglio, non ne ha per tutti, e alla fine presenta il conto ai figli e ai nipoti;
  • corresponsabilità, ovvero quel che faccio ha un respiro ampio, può costruire un'economia più vitale, un mondo migliore; concretamente vuol dire collaborare (con fornitori, clienti, banche, soci esterni, consulenti, enti pubblici, politici), ognuno attento al suo particolare, ma tutti protesi con la coda dell'occhio verso una possibilità di bene comune; provate a immaginare come potrebbero funzionare meglio le filiere produttive e la financial supply chain usando meglio l'informatica, pagando puntualmente, condividendo equamente i rischi, i profitti e le perdite; e già che ci siamo, buttiamo via le inefficienze e le cose malfatte. Utopia? L'alternativa è la giungla, mors tua, vita mea, peggio di adesso;
  • compagnia, abbiamo visto che i soldi si dissolvono, valgono soltanto le persone; vista da soli, la crisi farà paura; meglio trovarsi, ma non per convegni autocelebrativi o declamatori; trovarsi a cena fuori, dieci, venti persone (ristoratori, accoglietele con generosità di cibo, vino e prezzi speciali); raccontarsi quello che sta succedendo, capirne il senso, far presente un bisogno, proporre iniziative; e se c'è tempo, chiudere con un canto di montagna, o napoletano, o di Lucio Battisti; da cosa nasce cosa, non abbiamo idea di quello che può accadere da un incontro semplice, libero, tra persone che hanno a cuore se stessi, che non fuggono dalla realtà.
Bene, queste le mie proposte per il livello micro. Per il livello macro, come tutti, spero nei reggitori degli equilibri geopolitici ed economici, che facciano le cose giuste. Attraversiamo un passaggio epocale. Wall Street come Berlino, muri che cadono e la storia che si rimette in movimento.
Qualunque cosa accada, sarò sempre disponibile per discutere a tavola di micro-rimedi e cantare Col cifolo del vapore.

Luca
Sat 25 Oct 2008, 08:51 AM - Stampa
Il Ministro Scajola intervenendo in videoconferenza al decimo Forum della Piccola Industria di Bologna ha annunciato (come ripreso dal Sole 24 ore) l'attivazione di «un fondo di 600 milioni finalizzato per fondi di garanzia specifici a favore delle pmi a sostegno del capitale di rischio». Presumo che si tratti dei programmi di private equity del Fondo per la finanza d'impresa, ma non sono certo.
Nel frattempo, Borsa italiana è pronta al varo di AIM Italia: un secondo listino (dopo il MAC, attivo da un anno, con 4 società quotate), anch'esso dedicato alle piccole e medie imprese, "importato" dal modello dell'AIM londinese. Come si afferma nel comunicato ripreso dal Sole 24 ore:
I due listini appaiono complementari. Il Mac, come detto, è molto più agile e snello: dato che è un listino su cui non possono operare i piccoli risparmiatori, le imprese che vogliono quotarsi hanno pochi adempimenti da svolgere. I costi di quotazione, dunque, sono contenuti e i tempi veloci. L'Aim Italia è invece più strutturato. Offre dunque, alle imprese che lo sceglieranno, un flusso addizionale di investitori esteri: tutti i fondi che, già sull'Aim londinese, investono sulle Pmi.
Concordo sul capitale di rischio come risorsa cruciale per la finanza delle nostre Pmi. Non sono i tempi migliori per attrarre investitori, ma per fortuna non mancano in Italia imprese capaci di attrarre i capitali portati in salvo dalla crisi degli hedge funds, che prima o poi cercheranno qualcosa di diverso dai titoli di Stato. Se poi arrivano anche incentivi pubblici, a maggior ragione.
Aspettiamo adesso indicazioni più precise sui programmi di credito alle Pmi, che interessano una platea enormemente più vasta. La presidentessa Marcegaglia ha ribadito al Forum di Bologna che si aspetta
decisioni forti e chiare da parte del Governo per sostenere il credito alle imprese. In modo particolare noi pensiamo all'istituzione di un fondo di garanzia. [...] ci aspettiamo a breve un pacchetto di sostegni fiscali a tutte quelle imprese che investono in ricerca, in innovazione, in risparmio energetico e che aumentano anche il proprio capitale [e pure] delle scelte rispetto ai crediti che le aziende hanno nei confronti della pubblica amministrazione: si parla di 70 miliardi di euro che spesso vengono pagati a trecento giorni e creano una situazione di illiquidità nelle imprese molto grave.
Già, i crediti di fornitura arretrati, una piaga che rischia di espandersi con la crisi e grava le imprese di costi diretti (factoring e simili) e occulti (interessi non pagati, costi di amministrazione e incertezza dei flussi di cassa). Se lo Stato desse il buon esempio sarebbe una grande cosa.

Luca
Fri 24 Oct 2008, 11:16 AM - Stampa
Un articolo di Isabella Bufacchi sul Sole 24 ore di oggi paventa un rischio per la banche italiane: essere spiazzate dalle banche inglesi, francesi, tedesche che hanno ricevuto o riceveranno dai loro Governi garanzie e massicce iniezioni di capitale. Cita come esempio il bond emesso dal gruppo Barclays e garantito dal governo britannico. Il bond riceverà il rating tripla A del garante pubblico, che porta ad un costo di funding pari ad EURIBOR + 0,25%. Una banca italiana che beneficiasse dell'analoga garanzia sul funding a medio termine già prevista nel piano del nostro Governo (rating AA-/A+) pagherebbe EURIBOR + 1%.
Questo è vero, però bisogna tenere conto, nel calcolare il costo pieno per la Barclays, che la garanzia governativa ha un costo, come stabilito dal Credit Guarantee Scheme dell'UK Debt Management Office:
The fee payable to HM Treasury on guaranteed issues will be based on a per annum rate of 50 basis points plus 100% of the institution’s median five-year Credit Default Swap (CDS) spread during the twelve months to 7 October 2008, as determined by HM Treasury. This fee will be applied to the principal amount of an interest bearing debt instrument and in the case of non-interest bearing debt instrument to the gross proceeds of issue of debt instruments. HM Treasury may apply its own estimate of an appropriate CDS spread if public data is unavailable. In addition, HM Treasury may charge an incremental fee to any guarantee being applied to non-sterling denominated issuance.
Stime di mercato quantificano il suddetto premio, nel caso Barclays, in 0,8% (CDS) + 0,5% = 1,3%. Non sappiamo ancora se e quanto verrà fatta pagare la garanzia statale in Italia. L'eventuale svantaggio nei costi di funding sarà probabilmente attenuato. Tra l'altro un analogo svantaggio lo sopportiamo già sul nostro debito pubblico.
Non sarà un problema drammatico se le banche riusciranno a consolidare la raccolta diretta sull'interno. I costi sulla provvista da clientela però stanno aumentando.

Luca
Thu 23 Oct 2008, 06:11 PM - Stampa
Il 21 ottobre, il gruppo BNL-BNP Paribas ha presentato a Roma il piano industriale di Artigiancassa, alla presenza dei Presidenti e dei Segretari delle Associazioni e dei Confidi Artigiani.
Istituita nel 1947 e riformata nel 1952 dalla legge 949, Artigiancassa ha come mission la gestione di fondi pubblici per le imprese artigiane, utilizzate nel tempo per varie destinazioni: rifinanziamento a tasso ridotto, contributi sui tassi, garanzia. Nel 1994 Artigiancassa è stata privatizzata e nel 1996 è entrata a far parte del Gruppo BNL (con un azionariato composto per il 73,86% da BNL e per il restante 26,14% da Confartigianato, CNA, Casartigiani e Fedart Fidi); nel 2006, insieme a BNL, è entrata a far parte del Gruppo BNP Paribas. L'attività di gestione di fondi pubblici si è ridimensionata con la regionalizzazione delle competenza sugli incentivi, che ha portato in diversi casi (ma non ovunque) a revocare la concessione ad Artigiancassa.
Con il nuovo piano industriale, Artigiancassa di propone come banca di segmento integrata con la rete dei confidi artigiani i quali potranno attivare degli Artigiancassa Point nelle loro sedi, per distribuire la nuova offerta di prodotti e servizi dedicati dal gruppo BNL agli artigiani.
Del progetto si parla anche in questa intervista al DG Giovanni Di Leva dal sito Il Denaro.

Luca
Thu 23 Oct 2008, 05:10 PM - Stampa
Stato garante dei confidi: un titolo allettante che il giornale di Confindustria dedica alle ipotesi allo studio presso il Ministero dello Sviluppo Economico di cui riferivo qui. Leggendo l'articolo ho inteso che ci sono sul tavolo delle ipotesi alternative, in un quadro di risorse limitate che impone di attingere a fondi già stanziati. Uno di questi può essere il Fondo rotativo per le imprese (FRI) presso la Cassa Depositi e Prestiti, attualmente utilizzato per co-finanziare erogazioni di credito agevolato. In alternativa si parla di rifinanziare il ben noto Fondo centrale di garanzia per le PMI, eventualmente utilizzando le risorse del Fondo finanza d'impresa (parimenti noto). Se il pezzo citato esordisce affermando che ...
gli aiuti sui prestiti alle imprese passeranno per i Consorzi di garanzia fidi. È in questa direzione che lavora il Governo,
... io sospetto che in realtà la direzione non sia così chiara. Probabilmente in parallelo circolano proposte altrimenti ispirate che privilegiano la garanzia diretta a favore delle banche, o prevedono una rete di erogazione mista, come avviene nell'attuale Fondo centrale Pmi.
Ricapitolando: un Governo pressato ad agire subito per sostenere il credito alle Pmi; azioni (legittime) di lobbying che premono per avere aiuti più forti (in primis la garanzia statale), poche formalità per ottenerli e, già che si cambia, un'esclusiva della loro gestione; il tutto in un quadro di finanza pubblica che non consente di largheggiare in impegni per cassa e di firma. Non sono le condizioni ideali per far funzionare meglio uno strumento di garanzia pubblica. Occorre cambiare registro: bisogna agire sì in fretta, ma con ben altra intensità nel cogliere i problemi e lavorare insieme, strenuamente, per fare il meglio che si può. Che sarebbe già moltissimo.

Luca

PS Il Sole 24 ore di oggi ci offre anche questa rassegna delle azioni a sostegno del credito alle Pmi delle Regioni.
PS 24/10: Sull'argomento interviene Guido Gentili con questo editoriale, che sottolinea le opportunità di rilanciare il ruolo della Cassa DD.PP. con i nuovi interventi a favore delle Pmi.
Thu 23 Oct 2008, 05:39 AM - Stampa
Jeremy Grantham, investment manager alla guida di GMO, aveva messo in guardia dai rischi di bolle ripetute già nel 1998. Oggi è tra quelli che può dire a ragione "L'avevo previsto". Nell'ultima newsletter ai suoi clienti dice che è il momento di investire in azioni, anche a rischio di subire la "maledizione del value investor", cioè "compra e pentiti" perché i prezzi possono scendere ancora di più .
L'Economist riprende in questa column le sue riflessioni sulle dinamiche organizzative che hanno portato il sistema delle investment banks americane a lanciarsi a velocità folle verso il baratro. Il primo motivo è banale: quando una banca leader diventa una macchina da utili, è inarrestabile come una locomotiva in corsa. Il secondo motivo è più sottile. Nella contesa per il potere, vincono i manager che riescono a far viaggiare la banca a tutta velocità quanto più a lungo possibile, ed è probabile che siano quelli con un cervello sinistro dominante, ovvero concentrazione, energia, decisionismo, capacità politiche e, nei casi migliori, intelligenza analitica e carisma. Le banche follower scimmiottano i modelli di business e gli stili di leadership dei vincenti, alimentando il boom dei mercati con i loro comportamenti meccanici. Chi si oppone adducendo ragioni da cervello destro, dettate dall'esperienza storica, dall'intuizione di un futuro diverso, popolato da cigni neri, si autocondanna alla derisione dei colleghi e degli azionisti.
Per fortuna, i guidatori left-brain che sanno portare il treno a velocità folle, sono anche le persone più capaci di comandare il freno di emergenza prima di un possibile schianto, e invertire la marcia. A Paulson, segretario al Tesoro (ex Goldman Sachs), è sfuggito qualcosa nei mesi scorsi, ma può essere la persona giusta per uscire dalla crisi, meglio di un timoroso burocrate.
Sarà.
Ad ogni modo, invitiamo i passeggeri a reggersi forte.

Luca
Thu 23 Oct 2008, 05:26 AM - Stampa
A chi interessa approfondire gli squilibri reali dietro la crisi finanziaria segnalo questo blog da Follow the money di Brad Setser, economista presso il Council of Foreign Relations:
Bretton Woods 2 depended on two things: ongoing flows from the emerging world’s governments to the US Treasury and Agency market, and the ongoing ability of the US financial system (broadly defined to include the dollar-based “shadow” financial system operating in London and other offshore centers) to transform these flows into loans to ever-more indebted US households.
[...]
I hope that the process of adjustment now underway isn’t as sharp as I fear. The US economy gradually can shift from producing MBS for sale to US investors flush with cash from the sale of safe securities to China and Saudi Arabia to producing goods and services for export – but it cannot shift from churning out complex debt securities to producing goods and services overnight. Indeed, in a slowing US and global economy, improvements in the US deficit will likely come from faster falls in US imports than in US exports – not from ongoing growth in US exports.
[...]
US taxpayers are going to be hit with a large tab for the credit risk taken on by undercapitalized financial intermediaries. Chinese taxpayers may get hit with a similar tab for the losses their central bank incurred by overpaying for US and European assets as part of its policy of holding its exchange rate down. The TARP is around 5% of US GDP. There are plausible estimates that China’s currency losses will prove to be of comparable magnitude.

Luca
Wed 22 Oct 2008, 03:21 PM - Stampa
La crisi, per molti commentatori, segna il declino di un modello di intermediazione basato sui mercati: CDO e crediti risk transfer ormai squalificati, mercati monetari congelati, funding all'ingrosso sempre più difficile. Di qui la facile conclusione che si sta tornando ad un modello fondato sulle banche, con finanziamenti originati e tenuti sul bilancio, risparmio investito in strumenti di raccolta diretta, uso dei derivati ridotto al minimo. E' proprio così?
Non mi pare proprio. I mercati monetari e del credit risk transfer hanno rischiato l'arresto cardiaco (immagine inquietante di Nouriel Roubini). Le banche centrali hanno dovuto ricoverarli d'urgenza, e non li hanno ancora dimessi: di ieri la notizia del programma della Fed Money Market Investor Funding Facility, fino a 600 miliardi di dollari per finanziare società veicolo che investano nei titoli a breve dismessi dai fondi comuni monetari per sostenere richieste di riscatto di pari entità. In precedenza, la Fed aveva deciso di sostenere il mercato della commercial paper. I derivati su crediti continuano ad essere il principale ambito di price discovery del rischio di credito di debitori sovrani e privati: ad esempio la Nokia ha accettato di rinegoziare le linee di credito a medio termine indicizzando lo spread a suo carico ai premi sui CDS riferiti al debito della stessa impresa. Le cartolarizzazioni non sono scomparse, anzi, i piani di scambio di titoli di Stato stanziabili presso la BCE contro asset più rischiosi promossi dalle banche centrali europee (anche la Banca d'Italia ne ha varato uno per 40 miliardi di euro) hanno spinto a lanciare nuove cartolarizzazioni di attivi bancari. Le agenzie di rating, che pure hanno subito un danno reputazionale gravissimo, sono ancora un attore di cui i mercati del debito non possono fare a meno, tanto più adesso che Basilea 2 è in vigore (nell'attesa di Basilea 2.1 o superiore).
No, non penso che torneremo in maniera meccanica all'epoca dei sistemi finanziari orientati alle sole banche. Certo che non potremo andare avanti con mercati puntellati da Governi e Banche centrali. Speriamo che non ci voglia troppo tempo per ristabilire un clima di fiducia in cui gli operatori privati tornino a fare la loro parte.

Luca
Wed 22 Oct 2008, 09:55 AM - Stampa
Da sito del Sole 24 ore:
Ancora allo studio, senza pesare sul quadro di finanza pubblica, anche l'ipotesi di un provvedimento con il quale lo Stato assuma l'impegno di farsi garante dei debiti delle imprese in crisi o a corto di liquidità. «È uno degli aspetti che stiamo valutando», spiega anche in questo caso Scajola. La garanzia pubblica sui debiti potrebbe concretizzarsi utilizzando e potenziando un fondo già previsto presso la Cassa depositi e prestiti o riattivando un Fondo per il salvataggio delle imprese in crisi, attivato nel 2007 ma poi sospeso. In parallelo, attraverso un accordo Confindustria-Abi che coinvolga anche lo Stato e Banca d'Italia, ai fini dell'erogazione di prestiti le banche potrebbero riconoscere il credito vantato dalle aziende nei confronti della Pubblica amministrazione (circa 70 miliardi).
Un'altra ipotesi di intervento che si aggiunge alle iniziative a livello regionale (qui ne menziono alcune) e alla richiesta di potenziare il Fondo centrale di garanzia Pmi. Oltre ai fondi, servirà anche una rete di soggetti che li veicola verso le aziende. Urge un coordinamento.

Luca
Wed 22 Oct 2008, 06:40 AM - Stampa
Ieri scadeva il regolamento dei CDS sul debito di Lehman. I venditori di protezione, essendosi verificato il default event (e che evento!), devono pagare agli acquirenti di protezione un indennizzo pari alla perdita di valore del debito sottostante il derivato. L'ammontare lordo in essere di questi contratti è stimabile in 400 miliardi di dollari, come riferisce questa news di Reuters. I regolamenti netti riguardano una somma inferiore, essendo molte posizioni lunghe e corte compensate sui libri dei market maker. In buona parte, i regolamenti averranno mediante consegna ai protection seller di bond Lehman, contro pagamento del relativo nominale. Dopo il default di metà settembre le quotazioni dei bond erano scese a 10-12 cent per dollaro, ma successivamente la perdita di valore si è accentuata, e i seller (in buona parte hedge funds) hanno accantonato più di 90 cent per dollaro per far fronte ai loro impegni. Ecco materializzata la famosa LGD, con valori superiori al 90%.
Il mercato pare aver assorbito la botta senza problemi, tanto che molti commentatori parlano un "non-evento". Molto signorile, più di Vittorio De Sica a Montecarlo. A dimostrazione del fatto che di capitale ne circola ancora molto sui mercati finanziari.

Luca
Tue 21 Oct 2008, 05:12 PM - Stampa
Se cercate un compendio chiaro sulla dinamica della crisi in atto e del suo impatto sui risparmiatori e sulle banche, con un puntuale resoconto dei fatti principali, leggete questo testo dell'audizione parlamentare del Governatore Draghi.

Luca
Tue 21 Oct 2008, 08:49 AM - Stampa
Anche il Governo francese ha deciso di intervenire pesantemente nel capitale della maggiori banche nazionali, investendo 10,5 miliardi di euro entro la fine dell'anno. Come riferisce il Sole 24 ore
L'intervento prevede 3 miliardi di euro al Crédit Agricole, 2,55 miliardi a Bnp Paribas, 1,7 miliardi a Société Générale - ieri nuovamente al centro di voci su una prossima ricapitalizzazione che hanno penalizzato fortemente il titolo - 1,2 miliardi al Crédit Mutuel, 1,1 alla Caisse d'Epargne e 950 milioni alla Banque Populaire.
L'operazione si svolgerà attraverso l'emissione di titoli di debito subordinati che saranno sottoscritti dallo Stato.
Scopo principale della misura è, come in USA, Regno Unito, Germania, Olanda, prevenire una stretta creditizia e ristabilire la fiducia del mercato sull'adeguatezza del surplus capital delle banche contro i timori di grosse perdite latenti prodotte dai subprime, ma non solo. In Francia, dopo le clamorose perdite denunciate da Societé Generale, si è saputo pochi giorni fa delle perdite di 600 milioni di euro su trading in derivati accumulate dal gruppo Caisses d'Epargne. Tre operatori nella settimana del quasi-crollo (dal 6 al 10 ottobre) avevano scommesso su un pronto rimbalzo dei mercati azionari.
Sono tempi strani. A problemi colossali rispondono reazioni altrettanto colossali, sia che si tratti di salvataggi pubblici o di tentativi "o la va o la spacca" di approfittare della volatilità dei mercati per fare utili (o per coprire perdite pregresse, più probabilmente). Non so se è il sentiero giusto. E' bastato un attimo per scivolare a un passo dal precipizio, ma per risalire la scarpata ci vorrà pazienza, un passo alla volta.

Luca
Mon 20 Oct 2008, 13.57 - Stampa
Venerdì 17 non è per forza un giorno sfortunato. Non lo è stato per me quando, venerdì, appunto, ho preso il volo mattutino per Roma dove nel pomeriggio dovevo parlare al convegno dell'AITI (Associazione Italiana Tesorieri d'Impresa) "Volatilità dei mercati e crisi del credito: come cambia lo scenario per le tesorerie d’impresa", ospitato nel bel centro congressi di Unicredit Banca di Roma all'EUR. Un invito inaspettato: coltivo da tre anni la finanza delle imprese piccole, che non hanno un direttore finanziario, e figuriamoci un tesoriere. Mi sono chiesto: che cos'ho da dire a imprese finanziariamente evolute? Ho colto però l'occasione per conoscere questa comunità professionale, ed in effetti è stato un incontro da cui ho imparato moltissimo.
Ha introdotto il presidente di AITI Giacomo Orlandi dopo il saluto di Francesco Francioni (dirigente di Unicredit Banca d'Impresa). Ho quindi preso la parola per l'intervento di apertura su "Nuovi assetti della Finanza d’Impresa in un mercato del credito in trasformazione" (trovate qui le slide). Ho riassunto i fatti chiave che stanno dietro la crisi in atto, per poi immaginare gli impatti sulla gestione della tesoreria, la raccolta di capitali, il risk management. Mi ha confortato sentire che avevo centrato alcuni punti effettivamente importanti dai successivi relatori. Molto interessanti i loro interventi. Alessandro Canta, treasurer di ENEL, ha raccontato come in queste settimane sta pilotando i piani finanziari della società, i rapporti con gli investitori e le agenzie di rating. ENEL è una delle realtà più solide, non solo in Italia, grazie ai flussi generati dal business regolamentato. Questo non vuol dire che la sua gestione finanziaria sia una passeggiata, tanto più di questi tempi e tenendo conto del forte aumento del debito conseguente all'acquisizione di Endesa. Canta ha insistito sull'importanza della collaborazione / comunicazione tra finanza e unità di business per avere piani finanziari attendibili. Questo dà modo di anticipare la ricerca di soluzioni sul mercato. Ha poi detto che la crisi non ha cancellato i mercati: questi, ha fatto l'esempio della commercial paper, continuano a funzionare, naturalmente in modo più selettivo. Luca Redaelli di Price Waterhouse Coopers ha illustrato in anteprima i risultati di un'indagine tra i tesorieri d'impresa su misurazione, gestione e disclosure dei rischi; emerge un'accresciuta sensiblità per il rischio, sebbene ai tempi della rilevazione non fosse ancora percepito in pieno il rischio di liquidità, portato alla ribalta in settembre. Simone Di Felice, responsabile Finanza di Astaldi, ha portato una testimonianza molto stimolante e concreta, ribadendo quanto sia cruciale coordinare gli aspetti tecnico-operativi e finanziari dei progetti di costruzione che la sua società sviluppa in numerosi paesi, molti dei quali sono economie emergenti. La navigazione si è fatta più difficile: i paesi ricchi piangono, ma anche i paesi dell'est Europa e dell'America Latina fanno i conti con squilibri pesanti. Per fare un esempio, il tasso sulla moneta rumena, al quale Astaldi remunera il debito domestico assunto in quel paese, è triplicato dall'inizio della crisi. La discussione col pubblico è stata animata e piacevole.
Le imprese con business solidi se la possono giocare sul fronte finanziario, in acque meno sicure di prima, ma ancora navigabili. E' questa la nota di ottimismo che ho riportato dal convegno.

Luca
Thu 16 Oct 2008, 07:21 PM - Stampa
Le autorità di controllo dovrebbero considerare il modo in cui la supervisione e la manovra sui tassi possono contrastare il "pericoloso fenomeno" delle bolle nei mercati immobiliare, azionario e di altri asset, con crisi che possono far cadere l'intera economia. E' uno degli insegnamenti della crisi, secondo il Governatore della Fed. Trovate i commenti su questa. pagina di bloomberg.com.

Luca
Thu 16 Oct 2008, 02:55 PM - Stampa
Segnalo questa intervista con Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi, sul Sole di oggi. Tra l'altro si afferma:
Sì: per il 95% dei Confidi intervistati la concessione del credito è stata più selettiva, sia per Basilea 2 sia per la crisi finanziaria. Le banche hanno richiesto un livello più alto di copertura del rischio per il 51% degli intervistati. Non solo: per l'81% c'è stato un aumento dei tassi di interesse e a parità di erogato è cambiata la composizione delle linee di credito concesse alle aziende, con una forte riduzione delle anticipazioni per cassa a fronte delle varie forme tecniche di smobilizzo, una realtà verificata dal 67% degli intervistati. In sintesi, l'84% ritiene che sia in atto un razionamento del credito.
Come auspicavo qui, il mondo confidi sta raccogliendo informazioni sulle dinamiche in atto. Ottimo, sarebbe utilissimo avere qualche dato sui parametri di bilancio delle aziende che questa stretta la stanno afrontando.

Luca
Wed 15 Oct 2008, 10:59 PM - Stampa
Sergio Silvestrini, presidente di CNA, lancia un messaggio forte al Governo in questo intervento:
Roma, 14 ott. - (Adnkronos) - La Cna, propone al governo e all'opposizione di inserire nella legge di conversione del decreto legge anticrisi già approvato di "attivare subito un fondo di riassicurazione per 1 miliardo di euro a copertura delle operazioni dei Confidi, garantito dallo Stato, in modo da consentire alle banche di non comprimere i finanziamenti". La proposta è stata lanciata dal segretario generale della Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa), Sergio Silvestrini al convegno 'Semplificare per competere nello Stato che cambia' in corso alla sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, alla presenza del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.
Noto un salto di qualità rispetto agli annunci degli ultimi giorni. Dopo diverse azioni e proposte su fondi regionali, qui si parla di un intervento nazionale, di caratura importante e, finalmente, si precisa che per abbattere i requisiti di capitale bancari la "riassicurazione" del fondo pubblico deve avere dietro la garanzia dello Stato.
L'intervento, come precisa lo stesso Silvestrini in questa nota dal sito CNA
potrebbe essere reso operativo in termini brevissimi utilizzando l’impianto del Fondo centrale di garanzia PMI di cui alle leggi 662/96 e 266/97, estendendone gli interventi anche all’artigianato ed utilizzando le risorse disponibili a valere sul Fondo finanza d’impresa e quelle rinvenienti dalle revoche delle iniziative della legge 488 che complessivamente superano il miliardo di euro.
Una stretta sul credito è in atto, e ci sono quindi motivi ancora più validi e pressanti per potenziare il Fondo centrale di garanzia. Bisogna però trovare un punto di convergenza tra le azioni del mondo associativo (che dovrebbe a sua volta coordinarsi) e le riflessioni tecniche sviluppate nel Governo (vedi gruppo di lavoro del MiSE).
Mi permetto di fare tre osservazioni:
a) diamo dei nomi precisi agli obiettivi del programma. Consolidamento a tasso sostenibile del debito? Finanziamento di investimenti validi in condizioni di razionamento? Ristrutturazione di aziende in crisi? Tutti scopi eccellenti, e se ne potrebbero aggiungere altri. Ma diciamoli in chiaro, e aggiungiamo qualche dato sulle dimensioni del problema. Sono mesi che si ragiona su sensazioni riguardo agli atteggiamenti che cambiano nelle pratiche creditizie della banche. Non basta per agire. Quanto incidono le posizioni problematiche? Quali sono i punti di vulnerabilità finanziaria delle Pmi? Che incremento di tasso riescono a sopportare senza rompere gli equilibri economici? E' il momento di prendere le misure del problema.
b) sarei d'accordo sull'esclusiva ai confidi se la loro rete coprisse in modo omogeneo tutte le Regioni, ma così non è (penso a certe zone del Sud). Inoltre, proprio per la gravità del problema da affrontare, non sarebbe il caso di premiare i soggetti capaci di affrontare i problemi finanziari delle aziende (vedi osservazione precedente), credibili presso le banche? I confidi sono tutti in grado di farlo? E se ci fossero soggetti capaci non confidi, perché tagliarli fuori?
c) accanto agli interventi nazionali ci sono decine di misure delle Regioni, delle Province autonome, delle Camere di commercio, tutte utili, per carità; molte di esse sono e rimarranno inefficaci rispetto ai requisiti di Basilea 2, per non parlare della proliferazione di procedure, organi di coordinamento e di valutazione, pratiche a Bruxelles. Non sarebbe il caso di innestarle su un'unica, solida piattaforma nazionale?

Luca
Wed 15 Oct 2008, 10:35 PM - Stampa
Un resoconto della crisi aggiornato ai fatti di ieri. Note non brillanti sull'economia italiana, di cui riporto la sintesi:
Gli investimenti delle imprese si riducono - Gli investimenti delle imprese nel secondo trimestre del 2008 sono stati pressoché stagnanti, quelli in costruzioni hanno segnato una netta riduzione. Nel settore residenziale, sulla base delle informazioni disponibili, si è registrata durante il primo semestre una drastica contrazione delle compravendite e un rallentamento dei prezzi, che peraltro hanno continuato a salire, mentre in molti altri paesi scendevano, anche rapidamente.
Le esportazioni si sono contratte nel secondo trimestre e si avviano a ristagnare nel terzo, risentendo dell'indebolirsi della domanda mondiale e degli andamenti sfavorevoli della competitività registrati almeno fino al primo trimestre dell'anno.
La debolezza del ciclo e le peggiorate condizioni di finanziamento si riflettono in un rallentamento dell'indebitamento delle imprese. Quello con le banche cresce, mentre le emissioni obbligazionarie lorde, nel secondo trimestre, sono state nulle a fronte di rimborsi per 1,5 miliardi.
Le condizioni di offerta del credito bancario si irrigidiscono - Le banche italiane, secondo l'indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey) relativa al secondo trimestre di quest'anno ed effettuata in luglio, hanno operato un ulteriore irrigidimento dei criteri adottati per l'erogazione dei prestiti alle imprese; nel comparto del credito alle famiglie, dopo quasi un biennio di allentamento, la restrizione già emersa sui mutui si è estesa al credito al consumo. Ulteriori restrizioni sono attese per la seconda metà dell'anno.
Questo e molto altro sull'ultimo numero del Bollettino Economico della Banca d'Italia, che potete scaricare qui.

Luca
Wed 15 Oct 2008, 12:40 PM - Stampa
Ditemi se non fa notizia questo comunicato:
UNICREDIT: FIDEO CONFCOMMERCIO PALERMO ACQUISTA AZIONI PER 100.000 EURO
(ASCA) - Palermo, 14 ott - Il Consiglio di Amministrazione di Fideo ConfCommercio Palermo, presieduto da Roberto Helg, riunitosi a Palermo, ha deliberato all'unanimita' l'acquisto sul mercato borsistico di azioni UniCredit per un controvalore pari a 100.000 euro.
''La decisione odierna - ha dichiarato Vito Rinaudo, Amministratore Delegato di Fideo Confcommercio Palermo - vuole costituire un messaggio di forte fiducia e di apprezzamento che Fideo riserva nei confronti del Gruppo UniCredit e della banca del Gruppo che opera nella nostra regione, il Banco di Sicilia, che costituisce un attore fondamentale del tessuto economico siciliano con la sua capillare presenza di filiali e con la sua pluriennale tradizione. L'obiettivo e' quello di consolidare il legame tra la banca e il mondo del commercio, che devono dialogare e lavorare insieme per facilitare l'accesso al credito''.
''Si tratta di una decisione inusuale per il profilo finanziario degli investimenti di Fideo ConfcommercioPa - precisa Helg - ma proprio per questo ha una valenza particolare per il nostro confidi. Il ruolo di Fideo ConfcommercioPa e' cresciuto non soltanto nel nostro panorama economico e il messaggio di fiducia che vuole dare non a caso si inserisce in questo particolare momento che sta attraversando l'economia globale''.

Provo simpatia per l'iniziativa presa da Fideo, al di là della sua valenza diplomatica che, da non siciliano, non sono in grado di apprezzare con la dovuta finezza. Anche a livello governativo si è discusso del possibile ruolo delle imprese a sostegno del rafforzamento patrimoniale delle banche. Del resto abbiamo modelli illustri, come quello delle banche popolari, nei quali le Pmi sono congiuntamente socie e destinatarie del credito. I confidi non sono ricchissimi di capitale, ma prendendosi a cuore il problema danno spunti per riflettere.
Luca
Tue 14 Oct 2008, 06:20 PM - Stampa
Dei 700 miliardi allocati agli interventi del piano Paulson-Bernanke, 250 sono destinati a ricapitalizzare migliaia di istituzioni finanziarie americane. Il primi 125 miliardi dovrebbero andare entro pochi giorni a rafforzare gruppi solvibili che necessitano di sostegno per assicurare credito all'economia: in questa news di Bloomberg si fanno i nomi di questi nove: Citigroup Inc., Goldman Sachs Group Inc., Wells Fargo & Co., JPMorgan Chase & Co., Bank of America Corp., Merrill Lynch & Co., Morgan Stanley, State Street Corp. and Bank of New York Mellon Corp. L'intero importo dovrebbe essere speso entro la fine del 2008.
Il Tesoro effettuerà acquisti di azioni privilegiate ai prezzi di Borsa correnti delle azioni ordinarie. La banca pagherà un dividendo del 5% nei primi cinque anni e del 9% nei successivi, e avrà l'opzione di riacquisto alla pari dopo tre anni. Le banche non saranno costrette a tagliare i dividendi ordinari, ma dovranno limitarne gli aumenti.

Luca
Tue 14 Oct 2008, 05:50 PM - Stampa
I Google alert che ricevo sul termine "confidi" sono un termometro dell'interesse della rete (e della stampa) per gli argomenti a noi cari. Dalla settimana scorsa siamo passati a 5 messaggi circa al giorno, un aumento vistoso. Oggi ho trovato queste testimonianze di sapore agrodolce sui rapporti tra banche e piccole imprese a Roma dal Tempo.
Sono frequenti anche gli annunci di azioni pubbliche o gli appelli di associazioni datoriali che le sollecitano: oggi è la volta della Regione Toscana, della Regione Piemonte e di CNA marche. Si tratta di prime misure di risposta alla crisi che rafforzano interventi già collaudati. Saranno appropriate? Saranno sufficienti? Qualche idea nuova prima o poi bisognerà metterla in campo.

Luca
Mon 13 Oct 2008, 06:38 PM - Stampa
L'Italia conferma la linea anti-crisi del decreto n. 155 del 9/10. Agli interventi di ricapitalizzazione e garanzia statale dei depositi, già previsti là, si aggiunge la garanzia statale sulle nuove passività delle banche italiane con durata fino a 5 anni emesse entro il 31 dicembre 2009. La garanzia è concessa a condizioni di mercato e richiede la valutazione della Banca d'Italia sulla base di criteri analoghi previsti in caso di aumento di capitale. Come ha riportato il sito delSole 24 ore, il Ministro Tremonti ha ribadito che il provvedimento avrà, per ora, un impatto zero sui saldi della finanziaria. Anzi, l'operazione salva-banche «non è gratis» e «il Tesoro punta a guadagnarci», visto che alla fine, «come la storia ci dice, avremo forse dei saldi positivi».
Il ministro Tremonti ha anche rispiegato perché il piano non quantifica in modo certo l'ammontare delle misure varate, spiegando che che l'Esecutivo ha definito "ex ante" gli strumenti e «caso per caso gli interventi».«Oggi non è necessario predeterminare gli importi». E aggiunge: «Cuius regio, eius religio...». Siamo un paese cattolico, non ci piace fare il lavoro della Provvidenza, della quale, al momento, pare non abbiamo bisogno.

Luca
Mon 13 Oct 2008, 02:51 PM - Stampa
Dal sito del giornalista Enrico Cisnetto segnalo questo articolo che aiuta a leggere in profondità l'impatto della crisi finanziaria sulla nostra economia.
Dal “credit crunch” alla deindustrializzazione. E’ questo il pericolo più grave che l’economia italiana corre, come conseguenza di quella miscela esplosiva rappresentata dal sommarsi della illiquidità generata dalla crisi finanziaria mondiale e dei difetti strutturali del nostro sistema produttivo. [...]
e cattive novità s’inseriscono in un contesto di declino industriale da tempo in atto, come dimostrano – ahinoi – gli ultimi dati su cassa integrazione e produzione industriale. [...]
Mentre la crisi creditizia almeno ha innescato un virtuoso movimento di ristrutturazione dell’intero sistema bancario a livello globale – leva finanziaria più corta e merito di credito più alto – sul decotto panorama industriale italiano non ci sono segnali di cambiamento in arrivo. Anzi, il rischio è che entrino in crisi anche quelle aziende (poche ma buone) e quei comparti merceologici (nicchie ma di qualità, tipo la meccanica di precisione o le macchine industriali) che erano riusciti a superare l’ostacolo, alto e difficile, della globalizzazione. Insomma, l’autunno dell’industria italiana sarà caldissimo. Meglio saperlo prima.
Il messaggio è chiaro: siamo messi meglio sul fronte della solvibilità bancaria, ma la debolezza strategica e finanziaria del nostro settore produttivo è lì che aspetta di essere affrontata. E' la vera urgenza.

Luca
Mon 13 Oct 2008, 08:52 AM - Stampa
Dal Corriere, riprendo le linee del piano d'azione concordato ieri a Parigi nel vertice straordinario dei 15 paesi dell'Eurozona:
I governi renderanno disponibili per un periodo di tempo limitato garanzie, assicurazioni, acquisti diretti e altri simili accordi sui nuovi debiti a medio termine nelle principali banche. In tutti i casi, si legge ancora nel documento, queste azioni dovranno essere strutturate in modo tale da evitare ogni distorsione di mercato e ogni possibile abuso a danno di chi non ne beneficerà. Per assicurare che questa indicazione venga rispettata, recita il documento, il prezzo di questi strumenti dovrà riflettere le normali condizioni di mercato e ne dovranno beneficiare tutte le istituzioni finanziarie presenti sui territori nazionali. Inoltre i governi potranno imporre ulteriori condizioni ai beneficiari di queste misure, condizioni che potrebbe comprendere anche un adeguato supporto all'economia reale. Infine questo schema sarà limitato nel tempo e nell'ammontare e sarà applicato sotto stretta sorveglianza delle autorità finanziarie fino al 31 dicembre 2009.
Arrivano quindi le garanzie statali sull'interbancario e, in prospettiva, sostegno al funding a medio termine destinato all'economia (con rifinanziamento su fondi pubblici o garanzie, presumo). Nei paesi più colpiti dalla crisi (USA primo di tutti) il mercato monetario si è spostato sul bilancio della Fed, che rifinanzia per durate crescenti per poi riacquisire depositi dalle banche che tesaurizzano liquidità, passando poi a comprare direttamente commercial paper. Con la garanzia pubblica si spera che il mercato riprenda a fare il suo lavoro. Sarkozy, portavoce del vertice, ha detto che non si faranno regali alle banche, che tutto si farà a condizioni di mercato. Prezzare una garanzia in una situazione di crisi sistemica è un lavoro titanico: quali saranno gli equilibri di mercato dopo che il piano di salvataggio sarà andato a buon fine? Sarà salvata la solvibilità del sistema, ma non a costo zero: chi, come e quando pagherà il conto? Al momento sono questioni secondarie, o rinviabili. Là dove serve la mano pubblica scenderà pesantemente, e senza far calcoli complicati.
Sull'entità degli interventi, aspettiamo per oggi alle 16.00 i dettagli dei piani dei governi nazionali, coordinati secondo le linee assunte a Parigi. Indiscrezioni sul piano allo studio nel Regno Unito, che pure si sta coordinando con Eurolandia, parla di garanzie sull'interbancario per 320 miliardi di euro. E in Italia? Siamo messi molto, molto meglio, ma aspettiamo le ore 16.00 per saperne di più.

Luca
Sun 12 Oct 2008, 03:12 PM - Stampa
Da una news ASCA
(ASCA) - Trieste, 11 ott - La Regione Friuli Venezia Giulia intende promuovere una task force economica in grado di sostenere le aziende attualmente in crisi, creando nel contempo un'azione strutturale per evitare e prevenire ulteriori situazioni di disagio che, altrimenti, potrebbero verificarsi nei prossimi mesi. D'intesa con il governatore Renzo Tondo, il vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Luca Ciriani, ha convocato una riunione con Friulia, Confidi, Mediocredito e Finest per lunedi' prossimo, 13 ottobre (ore 15.30), nella sede della Regione a Udine.
L'intento, ha spiegato, e' quello di intervenire a copertura dell'esigenza di liquidita' del sistema imprenditoriale, garantendo l'accesso al credito con un Consorzio di garanzia fidi e consentendo la ricapitalizzazione delle imprese attraverso Friulia.
In una seconda fase, ha anticipato Ciriani, cercheremo di favorire ed alimentare il dialogo aperto e produttivo con Confindustria e con tutte le categorie economiche.
Dopo il Trentino il Friuli - VG: province e regioni a statuto speciale si stanno muovendo alle prime avvisaglie di crisi, mettendo in campo i loro strumenti di intervento.

Luca
Sat 11 Oct 2008, 03:02 PM - Stampa
Riprendo dal Corriere
«Sono state accolte le nostre richieste», commenta soddisfatto il ministro dell'economia Giulio Tremonti che, in precedenza, aveva espresso forti perplessità sull'accordo valutandolo debole e redatto in uno stile arcaico non rispondente all'attuale situazione di emergenza. Poi, l'annuncio a sorpresa: l'Italia utilizzerà il suo turno alla presidenza del G8 per proporre una riforma complessiva dell'architettura finanziaria mondiale, quella uscita da Bretton Woods. «Il lavoro è in progress», afferma il ministro, «e presenteremo una bozza preliminare nelle riunioni del Fondo e del G20 di sabato». Con la convinzione «che si debba guardare al sistema del futuro» e tre principi guida: «se la crisi è globale le soluzioni non possono essere locali; se la crisi è nuova non si può risolvere con strumenti vecchi; se l'origine della crisi è stata finanziaria la risposta deve essere anche istituzionale».
Tremonti insiste quindi sulla necessità di riformare i sistemi contabili: «Gli Ias», sottolinea, «sono stati forse un errore e Basilea 2 è morta, almeno questa è l'impressione. Tutte le banche fallite erano in regola con Basilea 2. Evidentemente», sottolinea il ministro, «c'è qualcosa che non va». E anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ammette che molte cose non hanno funzionato. «Basilea 2 non è morta», dice, «ma ha bisogno di essere resuscitata in altre forme. La chiameremo Basilea 3». E anche sugli Ias, il sistema contabile internazionale, richiama la necessità che ci sia «coerenza tra Europa e Stati Uniti».
Il Sole 24 ore riprende più estesamente quanto espresso dal nostro Governatore (e presidente del Financial Stability Forum).
I miei amici dei confidi che per quattro anni hanno di fatto operato come se i cambiamenti di Basilea 2 non esistessero, hanno avuto ragione, alla fine! Ma, non è detto, "Basilea 3" (speriamo che nel resuscitare non prenda le fattezze di uno zombie) potrebbe alzare ancora di più l'asticella dell'eleggibilità delle garanzie. Non dimentichiamo, però, che Basilea 2 è la norma oggi in vigore, e che le banche la applicano da gennaio. La Vigilanza (come la Vittoria) cammina con il passo della fanteria. I dati che seguiamo con apprensione sul core Tier 1 capital ratio delle banche sono calcolati con quell'impianto. Non possiamo ignorarlo.
Bella l'idea di una nuova architettura finanziaria concepita da noi italiani. Beh, bisogna scegliere gli italiani giusti. Temo però che ci rinfacceranno la vecchia storia del debito/PIL, specie ora che il Fondo Monetario è pieno di francesi (Strauss Kahn e il chief economist Blanchard) che ci disprezzano, poi vengono qui a comprare.

Luca
Sat 11 Oct 2008, 02:09 PM - Stampa
Dall'Adige di oggi, si dà notizia delle misure della Provincia Autonoma di Trento per la ristrutturazione del debito delle Pmi:
[La Provincia] ha deciso di assegnare, per la costituzione dei nuovi fondi speciali, 5 milioni di euro alla Cooperativa artigiana di garanzia, 5 milioni a Confidimpresa e 2 milioni e mezzo a Cooperfidi. Si ritiene che ogni euro di dotazione del fondo attiverà dieci euro di finanziamenti. Grazie a questo moltiplicatore, il volume delle operazioni erogabili alle imprese sarà in tutto di 125 milioni: 50 milioni per gli artigiani, 50 milioni per industria e terziario e 25 milioni per le cooperative. Il fondo sarà utilizzato dai Confidi sia per la concessione di garanzie che per l'abbattimento degli interessi passivi sui finanziamenti garantiti e concessi dalle banche convenzionate. Gli enti di garanzia provvederanno ad adeguare le convenzioni in corso con le banche per mettere a disposizione delle imprese mutui con le seguenti caratteristiche: importo massimo di 250 mila euro per impresa, durata tra 5 e 10 anni con un periodo massimo di un anno di preammortamento, tasso a carico delle imprese che, sulla base delle condizioni attuali, dovrebbe aggirarsi sul 3,8%. Tale tasso deriva dalla differenza tra quello che sarà applicato dal sistema bancario, pari al 6,3%, nettamente inferiore ai tassi che l'azienda deve pagare se ricorre al debito a breve (anche più del 10% in caso di extrafido), e il concorso dei Confidi sugli interessi per un massimo del 2,5%, a carico del fondo. Alle operazioni garantite dai nuovi fondi possono accedere piccole e medie imprese. Il presupposto è la definizione di un progetto aziendale di ristrutturazione finanziaria convalidato dall'istituto di credito mutuante, che da un lato rimuova i vincoli di accesso al credito e ristabilisca condizioni di equilibrio della struttura finanziaria dell'impresa, dall'altro accerti la sussistenza di idonee condizioni economico-patrimoniali dell'azienda. Per la preparazione del piano di riconversione del debito, i consorzi fidi sono disponibili ad aiutare le aziende più piccole e le microimprese.
Nello stessa pagina del quotidiano si dà notizia dell'attivazione di una provvista finalizzata della Cassa del Trentino (finanziaria della stessa Provincia) per 50 milioni di euro, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, destinata al Mediocredito Trentino - Alto Adige, come si anticipava qui.
Non negatelo, siete invidiosi della solerzia del nostro governo provinciale ... Senza entrare in politica, bisogna riconoscere ai dirigenti dei Servizi economici grande competenza e proattività (il 26 ottobre ci sono le elezioni provinciali, ma è soltanto un dettaglio).

Luca
Fri 10 Oct 2008, 05:26 PM - Stampa
Fa impressione non leggere niente sull'Italia nell'articolo dell'Economist uscito ieri sui piani di salvataggio dei sistemi bancari negli USA e in Europa. Vicino agli annunci degli USA, del Regno Unito e della Germania, l'Italia non fa notizia: nessuna crisi conclamata, quindi nessun bisogno di fare il conto delle perdite emerse e latenti, e appostarne la copertura a botte di centinaia di mliardi. Anzi no, in chiusura il giornale cita Unicredit Group come esempio virtuoso di ricapitalizzazione con sole risorse private. Il Governo ha approvato ieri il DL n.155 che consente allo Stato di sottoscrivere azioni di banche con problemi di adeguatezza patrimoniale e di aggiungere per 36 mesi la propria firma alla garanzia sui depositi del Fondo Interbancario. Secondo alcuni commentatori, il DL prevede, in caso di interventi nel capitale, il ricorso ad azioni prive del diritto di voto, ma non sono riuscito a trovare appoggi per questa affermazione né nel testo, né nella relazione illustrativa, anzi si prevede una sospensione del voto capitario nel caso di banche popolari. Niente cifre, trattandosi di interventi eventuali e allo stato delle cose altamente improbabili. La nostra finanza pubblica non consente di strafare.
La crisi ci tocca attraverso i mercati finanziari: l'interbancario, che di fatto è stato soppiantato dalle banche centrali, e soprattutto la Borsa. Il banking book, impieghi e raccolta, appare solido. A dire il vero, so di qualche amico preoccupato che ha spostato i suoi depositi da una banca all'altra, o in posta. Sarà per l'esiguità del mio portafoglio finanziario, o per la mia avversione all'opportunismo (o la mia pigrizia), ma l'idea non mi ha sfiorato.
Non è che non mi preoccupi delle notizie che arrivano da New York, o da Londra. Nel mondo ballano 1,4 trilioni (1400 miliardi, stima del FMI) di dollari di perdite su attività finanziarie. Soldi che qualcuno ha investito e che non torneranno, che mangiano il patrimonio di quel qualcuno e passano, per la differenza, ai suoi creditori. Un drenaggio senza precedenti della ricchezza finanziaria, che può essere solo assorbito oggi oppure, col denaro pubblico, spalmato nel tempo. E tutti concordano (anch'io) sul fatto che i Governi debbano intervenire con la mano pesante come mai nella storia, perché l'alternativa sarebbe una depressione economica prolungata che avrebbe conseguenze incalcolabili, e trasferimenti selvaggi di ricchezza che potrebbero scatenare conflitti tremendi.
Che effetti avrebbe una recessione prolungata sulla salute finanziaria delle nostre imprese, con credito scarso e premi al rischio gonfiati? Le nostre banche hanno bilanci più solidi della media europea, ma l'economia reale? Veniamo da anni buoni (ce lo confermano i dati cumulativi di Mediobanca), ma non possiamo scommettere sulla tenuta dei margini e della struttura finanziaria in uno scenario di burrasca prima, e di recessione poi.
Tutti ora invocano interventi dall'alto: iniezioni di capitale pubblico nelle banche, ondate di liquidità, concertazione tra governi, ri-regolamentazione. Qui, nel nostro amato paese, godiamo ancora un'apparente serenità. Per non farsi contagiare dalla paura vedo una sola possibilità: darsi da fare, con azioni dal basso; convincere le imprese a ricapitalizzarsi, se ne hanno i mezzi; tenere in piedi il circuito di credito e garanzia a medio termine; stare vicini con umanità agli imprenditori costretti a uscire dal gioco, a chi perderà il lavoro.
Il massimo disordine finanziario non può cancellare il desiderio di bene, la disponibilità al sacrificio, l'operosità gratuita. Le piramidi di carta sono cadute, ma la realtà rimane, ci è data, la possiamo toccare, abbracciare ogni giorno. Non si è fatta da sola, e non si dissolverà come un sogno, o una scommessa bizzarra.
Esserci, rispondere, non c'è opzione più conveniente, oggi. Impegnarsi, liberamente, senza calcolo, costruire con chi ci sta. Forse in questo modo si potranno conservare degli spazi di ordine, di solidità, se la situazione dovesse peggiorare, e si darà massima efficacia agli interventi dall'alto, potendoli indirizzare verso le vere necessità con idee ragionevoli e nuove, se servirà.

Luca
Fri 10 Oct 2008, 03:13 PM - Stampa
... use of probabilistic methods for the estimation of risks did just blow up the banking system [...] the banking system, betting against Black Swans, has lost over 1 trillion dollas (so far)
Sono, come sapete, un assiduo lettore di Nassim Taleb e oggi ho cercato in rete qualche suo intervento sulla crisi. Ho trovato un paper recente (metà settembre) sul sito della Edge Foundation (its informal membership includes some of the most interesting minds in the world).
Il saggio si intitola: The Fourth Quadrant: A Map of the Limits of Statistics. Dà una mappa dei problemi decisionali e mette in guardia dal quarto quadrante, dove stanno le opportunità che producono payoff complessi soggetti a distribuzioni ignote o con fat tails: il territorio dei cigni neri, dove la statistica applicata scolasticamente porta a schiantarsi. Dal sito potete scaricare anche un'appendice tecnica dove si presentano evidenze statistiche (teoriche ed empiriche) a sostegno della tesi di Taleb.
Per Taleb, il risk management delle distribuzioni gaussiane ha reso le banche cieche. E' difficile dargli torto, anche se le forze che hanno spinto verso il collasso, ovvero i deficit di bilancio e commerciale degli USA, la massa di liquidità che si è spostata nel mondo per coprirli e i conseguenti boom a catena dei mercati finanziari, erano imponenti.
Ma adesso cerchiamo di rimettere insieme i pezzi, a mettere alla gogna ci pensi qualcun altro.

Luca
Thu 9 Oct 2008, 10:50 AM - Stampa
Impegnato, come tutti voi, nel seguire le notizie sulla crisi e i suoi rimedi (non le riporto qui perché sono troppo frequenti e ci sono fonti migliori), vi segnalo questo intervento del presidente di Confartigianato, Guerini, in cui si ricorda di non dimenticare, tra interventi di decine di migliaia di miliardi, le imprese a cui servono fondi per decine di migliaia di euro.
(AGI) - Roma, 8 ott. - “Chiediamo che vengano subito messi in campo tutti gli interventi piu’ idonei per evitare che gli effetti della crisi finanziaria, gia’ oggi subiti dalle nostre imprese con restrizioni nei finanziamenti, si abbattano sui piccoli imprenditori con una ulteriore stretta creditizia”. Lo sollecita il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini il quale sottolinea: “Non accettiamo che le piccole imprese, protagoniste dell’economia reale del Paese di cui rappresentano il 99,4% del tessuto produttivo, paghino le conseguenze piu’ gravi dell’economia di carta’ e della finanziarizzazione sfrenata”. “Proprio per il ruolo e per il peso economico rappresentato dalle piccole imprese - aggiunge il Presidente Guerrini - ci ha sorpreso che le rappresentanze delle piccole imprese non siano state convocate al tavolo aperto oggi dal Ministro dell’Economia per affrontare la crisi finanziaria”. Il Presidente Guerrini, inoltre, fa rilevare che “una delle migliori armi di difesa contro lo tsunami della crisi finanziaria e’ rappresentata dal sistema di garanzia mutualistica dell’artigianato nel settore del credito”. Guerrini chiede pertanto di “valorizzare il ruolo dei 251 Consorzi e Cooperative fidi dell’artigianato, strumento di mutualismo solidaristico capillarmente diffuso in tutto il Paese e al quale si rivolge il 42% degli artigiani per ottenere i finanziamenti necessari allo sviluppo dell’impresa”. [...] “Le storiche difficolta’ delle piccole imprese nell’accesso al credito bancario - conclude Guerrini - sono ora diventate ancora piu’ critiche. E’ quindi ancora piu’ urgente potenziare il ruolo dei Consorzi Fidi, valorizzando la loro funzione fondamentale che consiste nel fornire garanzie per consentire ai piccoli imprenditori di ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione”.
I confidi di fronte a una possibile stretta creditizia, e prima ancora, l'impatto della crisi sulla finanza delle piccole imprese: temi sui quali dovremo tornare.

Luca
Wed 8 Oct 2008, 11:18 AM - Stampa
Lo scorso 3 ottobre lo IASB ha approvato delle linee guida che ammettono nei mercati inattivi (tranquillizzante eufemismo) regole più morbide e soggettive di fair value accounting che seguono quelle assunte dal FASB negli USA, ratificate dalla SEC (come riportavo qui). Per dare alle banche un leva in più per arginare l'impatto contabile delle perdite, i ministri finanziari europei hanno deciso di «raccomandare» l'immediata applicazione delle suddette linee guida. A rigore per il regolamento UE 1606/2002 si sarebbe dovuto attendere una revisione ufficiale dei principi IAS, ma l'Ecofin ha preso le vie brevi consentendo di forzarne l'applicazione, almeno in via temporanea.
Per i dettagli leggete questo articolo di Meazza e Rocca sul Sole 24 ore.

Luca
Tue 7 Oct 2008, 12:12 PM - Stampa
Come annunciato qui, venerdì 26 settembre si è svolto a Macerata il convegno "XBRL: il presente e il futuro della comunicazione economico-finanziaria". E' stata una giornata di lavoro intensa e ricca, oltre che un'occasione per rivedere persone amiche e conoscerne di nuove. Complimenti al collega Andrea Fradeani che col pieno supporto dell'Università di Macerata ha organizzato molto bene l'evento.
Durante la pausa pranzo ho partecipato a una riunione del gruppo di studio e attenzione di XBRL dell'Accademia Italiana di Economia Aziendale, con molti qualificati colleghi di area ragionieristica.
Potete scaricare da questa pagina le relazioni presentate (tra cui quelle dello stesso Andrea, la mia sulla PEF e quella di Davide Panizzolo sulle tassonomie multimensionali).

Luca
Mon 6 Oct 2008, 02:49 PM - Stampa
L'altalena dei prezzi di Borsa del nostro maggior gruppo bancario ci ha sfiorato la faccia come una folata gelida, la settimana scorsa. Rimango convinto del fatto che il nostro sistema rimane tra quelli meno colpiti dai focolai da cui si è sviluppato il contagio (subprime e veicoli di investimento ad alta leva). Però, adesso che si susseguono di qua e di là dell'Atlantico annunci di banche insolventi seguiti talora da salvataggi e talaltra da fallimenti il livello di incertezza si è fatto critico. Forse vi può interessare la lettura della situazione fatta da un'oasi di tranquilità bancaria, il nostro Trentino.
TRENTO - Cassa del Trentino, la finanziaria degli enti pubblici guidata da Piero Giarda, fornirà liquidità al sistema bancario trentino se la situazione prodotta dalla crisi dei subprime dovesse diventare più difficile. L'indicazione è emersa ieri nel vertice convocato a Piazza Dante dal presidente Lorenzo Dellai con i responsabili delle banche, delle compagnie assicurative e dei consorzi fidi locali. C'erano presidenti e direttori di Cassa Centrale delle Rurali, Mediocredito Trentino Alto Adige, Banca di Trento e Bolzano, Itas, Confidimpresa, Cooperfidi, Cooperativa Artigiana di Garanzia e dello strumento «di sistema» Cassa del Trentino (nella foto, la sede di via Grazioli). È stato varato un tavolo tecnico congiunto che martedì entrerà nel vivo delle proposte operative. Dall'incontro è emerso prima di tutto che nessun istituto finanziario locale lamenta problemi di stabilità. Gli effetti della crisi in Trentino non destano per ora preoccupazioni. I sistemi di garanzia funzionano e, nel caso del credito cooperativo, sarò tra poco operativo il nuovo fondo nazionale di garanzie incrociate. Tuttavia qualche banca è vicina a utilizzare il 100% della raccolta. E le piccole imprese, che incassano i crediti più in ritardo, stanno cominciando ad avere difficoltà nell'accesso ai finanziamenti. Per ampliare la provvista, le Casse Rurali di recente erano ricorse alla cartolarizzazione dei mutui. Mediocredito invece, che non raccoglie dal pubblico retail, si era rivolto al mercato obbligazionario internazionale. Ora tutto questo è più difficile. Si fa fatica a reperire liquidità sui mercati perché le banche non si fidano le une delle altre: non si sa chi abbia in carico i prodotti finanziari «cattivi». Così Piazza Dante mette sul piatto la possibilità che Cassa del Trentino faccia, almeno temporaneamente, da «banca delle banche». Cdt potrebbe raccogliere sui mercati ulteriori risorse, oltre a quelle che reperisce per le necessità dei Comuni, da mettere a disposizione degli istituti locali. Può farlo perché ha il rating tripla A e le banche internazionali sanno che non ha pacchetti avvelenati in pancia. Oggi sui mercati lo spread a dieci anni è di due interi punti percentuali. Cassa Spa riesce a finanziarsi con uno spread di frazioni di punto. La banca locale avrebbe quindi della provvista più a buon mercato. Non è l'unico nuovo ruolo di Cassa del Trentino immaginato da Piazza Dante. L'istituto gestirà anche le istruttorie per i mutui delle famiglie. Intanto Dellai lunedì vedrà anche le banche nazionali presenti da più tempo sulla piazza trentina, come Unicredit, Banco Popolare, Sella Nord Est.

Francesco Terreri, l'Adige, 4 ottobre 2008
Il Governo della Provincia autonoma è quindi pronto a supportare le banche locali con un funding a rating sovrano di massima qualità, originato dal suo braccio finanziario, la Cassa del Trentino. Nel nostro piccolo, assistiamo ad un fenomeno di ritrovato protagonismo del pubblico sulla scena finanziaria. I mercati interbancari sono ingessati, i canali di provvista all'ingrosso (depositi e bonds) viaggiano a prezzi penalizzati da un premio per il rischio sistemico, i capitali fuggono verso impieghi più liquidi (meglio se assicurati) e titoli pubblici. Finché il sistema bancario internazionale resta in fibrillazione gli emittenti pubblici solidi hanno un vantaggio di costo e di disponibilità che è molto, molto invitante. Attenzione però a non illudere le banche che interventi di questo tipo assumano peso strutturale. Danno un grado di libertà in più per sbloccare l'impasse in cui ci troviamo, ma non possono crescere senza limiti e durare troppo a lungo. La crisi va affrontata nel focolaio in cui si alimenta, i mercati monetario e del credito.
La finanza pubblica del Trentino è tripla A, e ha i margini per rimanere eccellente, ma rischia di deteriorarsi se si carica una fetta consistente dei rischi di liquidità e di default del mercato del credito provinciale.
Nell'articolo qui sopra riportato, si menziona un altro fenomeno di cui si sente parlare: l'aumento del credito di fornitura, con le piccole imprese in veste di datori netti. Sarebbe importante accertare se è un falso allarme o se davvero la stretta creditizia sta inducendo le imprese a sfruttare i canali sostitutivi, come appunto il credito commerciale. Con, dall'altro lato, la crescita della raccolta bancaria verso le imprese, in sostituzione della raccolta interbancaria sempre più scarsa e cara.
Occorre cercare con tutte le energie la strada per uscire dalle secche, fosse anche lunga e costosa, e tenere i nervi saldi. Non è tempo di cure palliative.

Luca
PS: Sulla situazione e sulle possibili azioni a livello provinciale si parla anche in questo articolo del Trentino.
Fri 3 Oct 2008, 10:26 AM - Stampa
Ha preso il via il 1 ottobre uno dei più grandi consorzi fidi in Italia, con oltre 60.000 imprese socie. Si chiama Unifidi ed è frutto di un accordo storico fra 18 cooperative di garanzia dell’Emilia Romagna, un progetto comune tra Confartigianato e CNA. Ne ho avuto notizia da Google alert attraverso comunicati di singoli confidi aderenti, come questo. Se qualcuno ci segnala riferimenti più precisi, avremo gli elementi per valutare questo progetto, che punta alla creazione di un futuro 107.

Luca
Thu 2 Oct 2008, 10:31 AM - Stampa
Il puntualissimo Sapio ha apprezzato la discussione sul trattamento delle garanzie erogate dal Fondo MCC ai fini delle segnalazioni di Vigilanza. Ora mi sollecita con un ulteriore quesito: gli interventi degli enti territoriali attraverso fondi di garanzia, quando configurano un nuovo soggetto giuridico "fondo", da segnalare autonomamente, e quando no?
Commenti benvenuti.

Luca
Thu 2 Oct 2008, 10:19 AM - Stampa
E' stato presentato ieri il rapporto della Fondazione Rosselli, curato da Donato Masciandaro e Giampio Bracchi che nel comunicato stampa hanno sottolineato i nessi con l'attualità.
Secondo il rapporto il modello di banca territoriale, criticato negli scorsi anni come arretrato e non in grado di cogliere le nuove sfide della finanza globale, si trova ora in una posizione di forza. Oltre a quella formale prevista da Basilea 2, infatti, la banca italiana, grande o piccola, può contare su di una raccolta di informazioni informali sui propri clienti che le deriva dalla sua capillare presenza sul territorio, a prescindere se sia essa società per azioni o una banca popolare.[...] Inoltre le imprese ricorrono per la quasi totalità ai finanziamenti bancari assicurando agli istituti di credito ricavi tali che scoraggiano la ricerca di fonti di guadagno diverse quali la finanza strutturata. Le banche territoriali inoltre, nota il rapporto, hanno il vantaggio di riuscire a fare fronte ai cicli economici con un comportamento anticiclico ma tuttavia scontano le deficienze del paese in termini di infrastrutture, sicurezza e ordine pubblico. Inoltre resta ancora molto da percorrere in termini di efficienza per trovare l'equilibrio ottimale fra radicamento e dimensione. (ANSA).
Opinioni simili le aveva espresse pochi giorni fa ai media il direttore dell'ABI Giuseppe Zadra. Parafrasando un famoso carosello, ringraziamo la nostra buona stella (e speriamo che non ci abbandoni).
Il rapporto è pubblicato da Edibank e può essere acquistato qui.

Luca
Wed 1 Oct 2008, 03:58 AM - Stampa
Gentili visitatori, ho deciso di rimettere il naso fuori dal mio laboratorio per seguire la tempesta perfetta che sta dando spettacolo sui mercati finanziari. Fino a ieri mi tenevo alla larga per un senso di vertigine, preferendo occuparmi dei miei corsi e del mio passatempo preferito, programmare in linguaggio Ruby. Adesso però basta.
Colgo uno spunto tecnico. La crisi non è dovuta a errori tecnici, sia ben chiaro: non sono i buchi nel framework di vigilanza degli USA che hanno causato l'epidemia dei subprime, hanno solo contribuito a celare la sua diffusione. La forza trainante è stato il boom immobiliare con un bassissimo costo della liquidità e una massa enorme di capitali alla ricerca di alti rendimenti. Capitali extra-USA, per la maggior parte. Molte banche di qua e di là degli oceani hanno seguito quest'onda prendendosi rischi apparentemente controllati (rating medio accettabile del portafoglio strutturati), ma sotto sotto esplosivi (correlazione tra default, downgrading, illiquidità da mismatching di scadenze).
Ora che la bolla è scoppiata non sono le regole di fair value accounting a causare i fallimenti delle banche, costringendole a svalutare pesantemente i loro titoli strutturati downgraded. Il problema è che ci sono delle enormi perdite potenziali, ma non c'è più un mercato che le prezza. I pochi prezzi che si vedono sono da fire sale. Gli auditor vorrebbero diligentemente applicarli al mark-to-market dei portafogli, con effetti devastanti sul conto economico. Da questa news di Reuters apprendiamo che la SEC intende allentare i criteri di mark-to-market in questi non-più-mercati: non è possibile, né ragionevole, rilevare prezzi degli asset (mark-to-market, livello 1); non si possono nemmeno applicare modelli di pricing inserendo valori osservabili dei fattori specifici degli strutturati, come le griglie delle PD, e le relative volatilità e correlazioni (mark-to-model, livello 2); rimane il mark-to-estimate, livello 3, dove la banca valuta il suo portafoglio con modelli basati su proprie ipotesi sensate. La SEC è orientata ad ammetterlo. Non è l'optimum, ma è arduo sostenere che i primi due sono meglio.
Il livello 3 non è la soluzione. La vera soluzione la stanno confezionando Paulson e Bernanke con il troubled asset relief program da 700 miliardi di dollari, che dopo una prima bocciatura sarà probabilmente approvato. I titoli 'ntussecosi (direbbe il mio amico Gennarino) vanno così in quarantena, rilevati con fondi pubblici, via dai bilanci delle banche e dal mercato. Il Governo carica sul bilancio pubblico il rischio della reale entità delle perdite latenti, potrebbe anche guadagnarci rispetto ai prezzi a cui li rileverà dalle banche. Sul mercato rimangono titoli degni di essere valutati. Il fair value accounting è salvo.
Il piano passerà? Basterà a evitare il credit crunch, la caduta libera dei prezzi immobiliari, la depressione? Mi auguro di sì, anche se la scommessa è audace.

Luca