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Il Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia

Wed 8 Dec 2010, 10.03

Con qualche giorno di ritardo, riprendo i messaggi lanciati dal Governatore Draghi nel Rapporto sulla stabilità finanziaria presentato a Roma il 1° dicembre.
Cito alcuni passaggi dalla sintesi:
In Italia la situazione finanziaria e la redditività delle imprese sono in miglioramento, ma risentono ancora degli effetti della crisi. Le tensioni emerse durante la recessione si sono propagate all'interno del sistema produttivo attraverso l'allungamento dei tempi di pagamento tra imprese. Il grado di indebitamento delle aziende non è fuori linea nel confronto internazionale, ma l'alta quota di debiti a breve termine e la prevalenza tra le passività a lunga scadenza di contratti a tasso variabile accrescono, in prospettiva, i rischi connessi con un rialzo dei tassi di mercato.[...]
La qualità del credito risente ancora della recessione del 2009, ma i dati più recenti forniscono segnali di stabilizzazione del flusso di nuove sofferenze. In base a stime coerenti con l'evoluzione attesa delle principali variabili macroeconomiche, nel 2011 il tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti diminuirebbe sia per le famiglie sia per le imprese. Queste previsioni sono connotate da incertezza, legata soprattutto all'evoluzione del quadro macroeconomico.[...]
I risultati economici delle banche risentono ancora degli effetti della recessione. Nei prossimi mesi la redditività bancaria potrà beneficiare della ripresa dei prestiti e del possibile graduale miglioramento della qualità del credito. Le prospettive sono rese però incerte dal basso livello dei tassi, dai timori circa l'intensità della crescita dell'economia e da possibili, nuove tensioni sul mercato dei titoli sovrani. In futuro, un duraturo innalzamento della redditività richiederà di incidere stabilmente sui costi, che in rapporto ai ricavi risultano ancora superiori alla media europea.
Non male quindi, lo stato di salute. Nel testo del rapporto (pag. 33-45) si mettono però a fuoco due problemi aperti (o meglio, congelati). Il primo è la dispersione dei tassi di ingresso in sofferenza tra banche. Il tasso di default è mediamente più basso per i gruppi maggiori (pur con differenze). Non sempre le banche più esposte sono più capitalizzate, anche lì è forte la dispersione. Qualche banca potrebbe soffrire.
Il secondo problema è l'incerto esito delle moratorie:
Le prospettive dei rischi creditizi sono anche connesse con l’esito delle operazioni di consolidamento e ristrutturazione del debito delle imprese, in particolare quelle di media e grande dimensione. In non pochi casi, aziende in attesa di un accordo definitivo per la ristrutturazione dei crediti hanno pattuito con le banche moratorie o congelamenti temporanei degli affidamenti. Vi è però il rischio concreto che tali operazioni, se non accompagnate da adeguati piani di ricapitalizzazione e da realistici programmi di ristrutturazione delle aziende affidate, possano causare alle banche perdite su crediti nei prossimi anni.
Raccomando il commento di Marco Onado sul Sole 24 ore di oggi. Secondo Onado:
[...] il messaggio fondamentale che viene dal rapporto è la conferma del nesso inscindibile tra stabilità finanziaria e crescita economica. Dunque, se vogliamo continuare ad avere un sistema finanziario robusto ed efficiente dobbiamo proseguire nel rigore in finanza pubblica, ma soprattutto mettere finalmente in campo misure credibili per la crescita economica. Detto in altri termini, non è pensabile che la crisi finanziaria più grave degli ultimi cent'anni non finisca per erodere i (non molti) punti di forza di un'economia che ha visto il suo tasso di sviluppo ridursi progressivamente dal 3,4% degli anni Settanta alla stasi dell'ultimo decennio.
C'è una marea di lavoro da fare. Molti sono già al lavoro nel loro "particulare". E' il momento di unire le forze.

Luca

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