Commenti precedenti:
Gigi (23/09/2010 10.16) n/a
E' grave quello che è successo in Unicredit, soprattutto per la mancanza di una strategia chiara.
Con dei pretesti si è allontanato un amministratore veramente indipendente dalla politica (nonostante le simpatie, mai nascoste) per sacrificarlo ai piccoli ma forti interessi delle fondazioni (espressione degli enti locali) che a distanza di 20 anni dalla legge Amato - Ciampi, ancora pretendono di essere protagoniste dentro la gestione delle banche, cosa che non è contemplata nel nostro ordinamento, nonostante i proclami di Bossi (riprendiamoci le banche!).
La politica localistica di basso profilo ha vinto sugli interessi di una grande banca e di tutto il sistema economico italiano (una banca mal governata, e proprio dagli azionisti, non puo' servire al meglio i suoi clienti). Ancora una volta i campanili hanno vinto sulla razionalità.
L'Italia ha perso un'altra occasione per dimostrare di essere qualcosa di più di una mera espressione geografica (non a caso, le fondazioni hanno utilizzato lo straniero pur di fare i propri meschini interessi).
Luca (23/09/2010 11.55) n/a
Diceva Bismarck: le banche sono troppo importanti per lasciarle in mano ai banchieri. Forse hanno vinto quelli che la pensano così.
Speriamo che i politici di varia provenienza e cabotaggio non combinino guai peggiori dei banchieri ad alta leva.
Anche i politici possono seguire varie scuole di pensiero. La posizione "no-global finance", attribuita a Tremonti, porta a maggiori interventi del pubblico nelle banche. Può essere usata a fin di bene (pensiamo a cosa è stato l'IMI per il finanziamento dell'industria, prima dei disastri tipo SIR).
Speriamo che i nuovi zar del credito siano persone di mente vigorosa e braccio inflessibile, perché c'è molto da studiare, tenendo a debita distanza gli incompetenti e gli ingordi.
Gigi (23/09/2010 12.07) n/a
Speriamo....(del resto la speranza è l'ultima a morire).