ll costo della recessione sull'«Azienda Italia»? Quarantadue miliardi di debiti finiti in ristrutturazione per le medie e piccole aziende, quelle Pmi che sono l'ossatura del tessuto industriale del Paese. Ma il prezzo della crisi è stato salato anche per le banche, costrette a stralciare oltre il 35%. Un terzo dei crediti erogati è andato in fumo. Dopo l'abbuffata di finanza degli anni del boom (e della bolla) molte aziende si sono trovate stracariche di debito, spinte dal cocktail di denaro a basso costo e boom dell'M&A. Poi, con la crisi e il credit crunch, hanno iniziato a saltare i famigerati covenants (i parametri di oscillazione tra debito e liquidità generate fissati dalle banche): anche aziende sane e robuste si sono all'improvviso ritrovate con un debito che, prima sopportabile, è diventato insostenibile. Nell'ultimo anno e mezzo, sostanzialmente dall'inizio della recessione, 65 tra le principali aziende italiane hanno dovuto mettere una toppa al problema dei troppi debiti. Dal più semplice sforamento dei parametri, alle rinegoziazioni, fino alle soluzioni stra-giudiziali per evitare le insolvenze. Quest'ultima è stata la formula più utilizzata, introdotta dalla nuova legge fallimentare. L'elevato numero di rinegoziazioni e ristrutturazioni è il segnale indiretto delle ferite lasciate dalla crisi.
Commenti precedenti:
Nic&Gabri (20/08/2010 15.24)
Luca l'articolo ci offre lo spunto per riprendere il discorso avviato nel post del 17 sulla denuncia di Rossi.
Nemesi, ci sono tante, tante aziende anche piccolissime che scelgono strade giuste per affrontare la crisi e risolvere i problemi.
Molto dipende anche dai consulenti e da quello che consigliano...
L'articolo ce lo conferma: le soluzioni stragiudiziali introdotte dalla nuova legge fallimentare per evitare le insolvenze
sono state le formule più utilizzate.
Qualcosa di buono vi è ancora: basta saperlo cogliere.