La situazione attuale richiede di evitare due scorciatoie opposte, ma con uguali possibili conseguenze negative sui principi essenziali del mercato e dell'autonomia imprenditoriale dei banchieri. La prima è quella della deriva verso una qualche forma di controllo amministrativo del credito, che noi italiani dovremmo essere gli ultimi a rimpiangere perché anche i più giovani sono in grado di vedere quali effetti devastanti ha prodotto. Come ha affermato il governatore della Banca d'Italia Draghi in parlamento, bisogna evitare «interferenze politico-amministrative nelle valutazioni del merito di credito di singoli casi. Il credito è, e deve restare, attività imprenditoriale, basata su un prudente apprezzamento professionale della validità dei progetti aziendali». La seconda è quella di regole drastiche che impediscano alle banche ordinarie di svolgere attività d'intermediazione in titoli. Sarebbe la riedizione del Glass-Stegall Act di 70 anni fa, ma questa volta applicato a livello mondiale. Un taglio gordiano sulla cui efficacia l'analisi economica è molto scettica e che soprattutto appare assai difficile da realizzare nel momento in cui la securitisation ha reso il rapporto fra banche e mercati finanziari non più di alternativa, ma di complementarietà. Per realizzare lo stesso obiettivo, si può intervenire con gli strumenti tradizionali della vigilanza prudenziale e aumentare significativamente i requisiti di capitale per i rischi come quelli di mercato e di liquidità collegati all'attività finanziaria in senso stretto. Si può intervenire spostando una parte significativa degli strumenti derivati verso i mercati regolamentati, in modo che il rischio di controparte possa essere immediatamente calcolato e coperto. Insomma, l'attività speculativa non si può eliminare dal mondo finanziario, ma si può controllare e soprattutto si può fare in modo che gli speculatori lavorino fondamentalmente con i soldi propri e non con quelli degli altri.
«Le banche esistono per servire il pubblico ed è quello su cui si dovrebbero concentrare. Le altre attività provocano conflitti di interessi e rischi. E se si cerca di controllare questi rischi con una supervisione più mirata si creano frizioni e difficoltà e alla fine si fallisce»
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