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Onado: più Europa nella Vigilanza e nella nuova Legge Bancaria

Tue 14 Apr 2009, 06.39

Articlo come sempre da leggere di Marco Onado in prima del Sole 24 ore di oggi. Ecco il passaggio conclusivo
I mercati finanziari europei appaiono oggi meno integrati rispetto a un anno fa (lo segnala anche il rapporto "Financial integration in Europe" pubblicato dalla Bce nei giorni scorsi). Nello stesso tempo, i poteri di fatto delle autorità nazionali si sono talmente rafforzati che oggi una forte espansione estera, sia pure in Europa, non porta alcun vantaggio concreto. Come ha affermato il presidente dell’authority britannica Fsa, Lord Turner, occorre per il futuro o più Europa o più poteri nazionali. Scartando la seconda alternativa, che alla lunga metterebbe in dubbio anche l’integrazione monetaria, occorre puntare decisamente verso la prima, cioè verso un livello finalmente europeo di regolamentazione. Ma questa soluzione, che finalmente comincia ad essere condivisa (si veda da ultimo il rapporto de Larosière sulla supervisione Ue) non comporta solo la decisione su quale sia l’organo a cui assegnare i poteri. Se vogliamo definire le regole che possano in futuro evitare i disastri cui abbiamo assistito, vanno definiti in tempi rapidi anche le linee essenziali della futura legislazione europea che il nuovo regolatore sovranazionale dovrà applicare. Altrimenti ci si limiterà a un ritocco puramente di facciata e le linee di divisione nazionali continueranno ad essere decisive.
I punti su cui è necessario un accordo europeo sono molti, ma l’esempio forse più significativo riguarda la possibilità che in futuro vengano poste limitazioni più o meno severe all’attività di negoziazione in titoli per conto proprio (il cosiddetto "proprietary trading") che ha dispensato profitti nella fase favorevole del ciclo (alimentando bonus e remunerazioni eccessive), al prezzo di rischi che hanno compromesso la stessa sopravvivenza di molte banche. Ci si chiede quindi se occorra separare, magari con divieti di legge, l’attività bancaria tradizionale da quella tipica delle investment bank di oggi, che Lord Turner definisce anche "casino banking" (e mai doppio senso fu più meritato).
È sicuramente opportuno creare incentivi perché le banche possano ritrovare il contatto vero con i risparmiatori da una parte e le imprese dall’altro. È tuttavia improbabile che la soluzione più efficace sia la proibizione pura e semplice (il nuovo Glass-Steagall Act che qualcuno invoca). Ma se, come pensa il Gruppo dei Trenta, si può intervenire con regole adeguate e soprattutto con una vigilanza più efficace, è evidente che non abbiamo ancora avviato il dibattito né su quale modello di banca l’Europa vuole per il suo futuro, né su quali poteri concreti debbano essere affidati a un organo sovranazionale che tutti oggi sembrano auspicare. Sono queste le due domande cruciali da cui dipende la possibilità di recuperare il grave arretramento sulla strada dell’integrazione europea, determinato dalla crisi.
Severe diagnosi, istanze di macro-riforme, ma piedi di piombo con la finanza ad alta leva: sì a regole più efficaci (e complicate), no a proibizioni e barriere. Non mi aspetto vere novità da questo approccio.

Luca

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