Dottor Braggiotti, lei è stato capo delle attività internazionali, poi amministratore delegato e infine presidente della Comit, cioè dell’unica banca italiana che operava nel corporate e investment banking internazionale quando la globalizzazione finanziaria ha preso le mosse. Qual era la visione che lei aveva allora dei cambiamenti di lungo periodo sfociati infine nel collasso dei mercati? Una breve premessa a tutta la conversazione: io sono un bancario, non un economista. Sono stato allevato alla scuola della Comit dove ho vissuto per circa 50 anni. Era una scuola di merciaioli: l’attività classica consisteva nel fare credito alle imprese per l’acquisto delle materie prime, assisterle durante il periodo della trasformazione in prodotto finito e infine scontare gli effetti emessi sulla clientela. La finanza all’epoca era strettamente legata all’economia reale e noi abbiamo sempre operato bene in quel mondo, molto diverso da quello che è venuto poi: il deterioramento della finanza fine a se stessa, le bolle, il crollo finale dei mercati. [..] Lei era a capo della Comit quando il rischio finanziario dei sistemi era gestito principalmente dai grandi intermediari. Poi la "securitization" della finanza nelle Borse, la deregulation e la globalizzazione hanno diffuso strutturalmente il rischio nei mercati, ma il sistema alla fine non ha retto. A suo avviso il sistema tornerà ad essere "banco-centrico"? La "securitization", lo sviluppo dei derivati matematici ha aumentato enormemente i profitti degli intermediari con una finanza fittizia. Penso che nel mondo che sta rinascendo, la banca commerciale – quella della mia gioventù – tornerà protagonista, ma il mondo sarà molto diverso. Il consumo americano basato sull’indebitamento dovrà cambiare, ma non sappiamo ancora come. Io credo che tocchi anzitutto agli uomini di governo immaginare e costruire il mondo nuovo. E penso ai politici quarantenni che ci vivranno, non ai settantenni che non lo vedranno.
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