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Documento di consultazione confidi: requisiti delle poste patrimoniali

Wed 21 Feb 2007, 06.00

Il documento del 12/2 prevede, per le banche di garanzia collettiva, gli stessi requisiti patrimoniali delle banche. Nel patrimonio ammesso, la Vigilanza può riconoscere poste presenti in bilancio non direttamente riconducibili a componenti del patrimonio di base e supplementare tipiche. I requisiti sono (cito):
- piena disponibilità per coprire prontamente eventuali perdite verificatesi sull’intero bilancio della banca;
- stabilità nel tempo. Nella valutazione di tale requisito si fa riferimento ai limiti minimi di durata stabiliti per la computabilità nel patrimonio di vigilanza degli strumenti innovativi di capitale, degli strumenti ibridi di patrimonializzazione e delle passività subordinate;
- possibilità, qualora la banca non produca utili, di posticipare o escludere eventuali forme di remunerazione comunque previste.
Per i confidi 107 il documento precisa quanto segue:
gli elementi positivi che concorrono alla quantificazione del patrimonio di vigilanza devono poter essere utilizzati senza restrizioni o indugio per la copertura dei rischi e delle perdite aziendali nel momento in cui tali rischi o perdite si manifestano. Pertanto, prima di computare nel patrimonio di vigilanza alcune poste di bilancio tipiche dei confidi (ad esempio, le riserve patrimoniali costituite con contributi pubblici aventi vincolo di destinazione), gli stessi le valutano con attenzione e ne documentano la conformità con i seguenti principi:
- piena disponibilità. Qualsiasi elemento del patrimonio di vigilanza (compresi i contributi pubblici) deve poter essere utilizzato senza limitazioni per la copertura dei rischi e delle perdite aziendali;
- stabilità. Nella valutazione di tale requisito si fa riferimento alle condizioni stabilite per la computabilità nel patrimonio di vigilanza degli strumenti innovativi di capitale, degli strumenti ibridi di patrimonializzazione e delle passività subordinate (es.: durata minima, condizioni per il rimborso).
Le regole sui 107 replicano quindi nella sostanza quelle per le banche di garanzia, con due differenze: aggiungono la menzione esplicita dei fondi alimentati da contributi pubblici, e inoltre delegano ai confidi la verifica dei requisiti di ammissibilità dei fondi.
Queste norme sono tra le più importanti del documento. Introducono cambiamenti di sostanza. Le attuali forme di apporto andranno riconfezionate: da riserve indisponibili destinate a copertura delle sole perdite sui crediti garantiti, spesso limitate a sotto-pool settoriali e/o territoriali, a conferimenti a capitale netto tout-court, o debiti subordinati. In entrambi i casi queste risorse saranno lì per assorbire ogni tipo di perdita, non solo quelle sulle garanzie.
Gli enti pubblici sponsor non saranno entusiasti: con queste regole perdono di fatto il controllo sulla destinazione dei fondi. Dovranno inoltre modificare i meccanismi di apporto. Se sottoscrivono passività subordinate, queste dovranno avere una scadenza e una remunerazione trasparenti.
Ho l'impressione che le Regioni, laddove pesano di più nel sostegno ai confidi, chiederanno più voce nella governance. Non a caso in diverse regioni sta crescendo il peso nel sistema garanzia delle finanziarie a partecipazione regionale.
Le alternative? Tenere un sistema di confidi 106, e per conformarsi a Basilea 2 innovare le strutture di garanzia basate su cartolarizzazione virtuale (tranched cover). Abbiamo quasi pronto un paper sulla praticabilità di questa opzione due. Vi anticipo che funziona soltanto se le banche convenzionate sono banche IRB, utilizzano cioè rating validati per Basilea 2.

Luca

Commenti precedenti:

Marina (22/02/2007 10.43)

A proposito di riconfezionamento delle riserve indisponibili costituite da fondi pubblici, che cosa ne pensa del comma 881 della finanziaria 2007? Non le sembra impropria o scorretta la previsione di imputazione di tali fondi "a fondo consortile o al capitale sociale dei confidi"? Non sarebbe stato più corretto parlare di capitale netto così come evidenzia lei nella nota qui sopra? Comunque, dobbiamo prendere atto che la norma è espressa in questi termini e che dà anche il termine del 30 Giugno 2007 per deliberare il tutto.

Mi sembra un grosso problema: rischiamo di dover imputare a capitale (con forme tutte da verificare) risorse che invece servono oggettivamente oggi per far fronte alle perdite su garanzie e domani per far fronte al rischio complessivo dell'attività.

Che ne pensa?

Marina (22/02/2007 13.03)

Nel frattempo ho trovato i suoi commenti del 21 dicembre 2006 "novità sui confidi nella Legge finanziaria". A me resta comunque oscura la modalità di trasferimento di f.di di riserva a capitale sociale (per le coop) e a fondo consortile (per i consorzi). Chi sarà il titolare della quota di capitale dell'ex fondo pubblico traferita? l'Ente pubblico? con quali diritti di voto? La Legge quadro non consente agli Enti pubblici di diventare soci dei confidi, se già non lo erano prima dell'entrata in vigore della stessa legge (disciplina).

Luca (23/02/2007 00.47) n/a

Ribadisco che non ho idea di come si possa applicare il citato comma 881. Tanto più che, come lei fa notare, i fondi pubbici andrebbero imputati a capitale sociale e fondo consortile. A nome di chi, dato che gli enti pubblici non rientrano tra le tipologie di soci ammessi?

bartolo mililli (23/02/2007 23.29)

Gent.mi, mi permetto di suggerire l'istituto dell'acquisto delle azioni proprie come meglio esplicitato su questo link (studio notarile 59/2005)http://www.notariato.it/Notariato/StaticFiles/Studi_e_approfondimenti/59.pdf. Le azioni proprie non fanno computo per le votazioni assembleari come correttamente riportato al comma 33 dell'art. 13 della legge 326/2003. che qui di seguito riporto interamente. (33) Le banche e i confidi indicati nei commi 29, 30, 31 e 32 possono, anche in occasione delle trasformazioni e delle fusioni previste dai commi 38, 39, 40, 41, 42 e 43, imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici senza che cio' comporti violazione dei vincoli di destinazione eventualmente sussistenti, che permangono, salvo quelli a carattere territoriale, con riferimento alla relativa parte del fondo consortile o del capitale sociale. Le azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo nè sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. (Il comma 33 si applica ora, a seguito della legge finanziaria 2007 comma 882, anche alle società finanziarie previste dall'art. 24 del dlgs n. 114/98. Inoltre il comma 883 stabilisce che i confidi entro la data del 30/06/2007 provvedono "ad imputare al fondo consortile o al capitale sociale le risorse proprie costituite da fondi rischi o da altri fondi o riserve patrimoniali derivanti da contributi dello Stato, degli enti locali o territoriali o di altri enti pubblici. Tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio a fini di vigilanza dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione").

Luca (24/02/2007 12.38) n/a

Caro dottor Mililli, grazie di aver segnalato la nota sulle azioni proprie dei confidi. Ma nel merito dell'applicazione alla fattispecie prevista dal comma 883 mi sorge un dubbio: se i fondi pubblici sono destinati all'acquisto di azioni proprie, c'è una fuoriuscita di liquidità dal confidi e una parallela riduzione di capitale a fini di vigilanza (le azioni proprie in portafoglio vanno dedotte). Come si concilia questo con l'obiettivo di patrimonializzare i confidi aspiranti alla trasformazione in 107? Emettendo nuovo capitale sociale, sottoscritto da soci eleggibili? E l'ente pubblico che controllo mantiene sulle risorse a loro tempo conferite a fondo rischi? Qualche passaggio mi sfugge.

Dario Boilini (24/02/2007 21.50)

Credo di fare cosa utile riportando brani della circolare Federconfidi in argomento

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Finanziaria 2007, articolo 1, comma 881 ' Imputazione dei fondi di origine pubblica al capitale sociale/fondo consortile dei confidi

La legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2007) ha disposto, all'articolo 1, comma 881, quanto segue:

... omissis...

Si tratta, come messo in evidenza in precedenti comunicazioni, di una disposizione di particolare rilievo ai fini dello sviluppo dei confidi in quanto ne favorisce la capitalizzazione, processo particolarmente importante ai fini della loro crescita, soprattutto nel caso di trasformazione in intermediari vigilati.

Si riportano, di seguito, alcune indicazioni e considerazioni riguardanti i profili applicativi della norma quanto ai soggetti e ai fondi interessati dalla stessa, alla decadenza dei vincoli di destinazione e alle modalità e ai tempi per avvalersene.

Considerazioni e indicazioni che sono state condivise, al fine di favorire un'applicazione univoca della disposizione in oggetto, da tutte le Federazioni appartenenti ad ASSO CONFIDI ITALIA.

Soggetti ai quali è applicabile il comma 881

Il comma 881 appare applicabile a tutti i confidi senza che assuma rilievo essenziale la loro iscrizione nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del t.u.b., ovvero la loro trasformazione in banche di credito cooperativo.

L'obiettivo della norma è, infatti, quello di 'accelerare lo sviluppo dei confidi anche - ma non, dunque, esclusivamente - 'mediante fusioni o trasformazioni in intermediari finanziari vigilati o in banche di credito cooperativo'.

Decadenza dei vincoli di destinazione

La norma, come detto, consente ai confidi di ''imputare al fondo consortile o al capitale sociale le risorse proprie costituite da fondi rischi o da altri fondi o riserve patrimoniali derivanti da contributi dello Stato, degli enti locali o territoriali o di altri enti pubblici'.

La disposizione precisa inoltre che 'tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio a fini di vigilanza dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione'.

In sostanza, ai sensi del comma 881 tutti i confidi possono imputare i fondi di origine pubblica al capitale sociale/fondo consortile anche nel caso in cui questi siano gravati da vincoli di destinazione.

Confluendo nel capitale sociale/fondo consortile, vale a dire in una posta con una generica funzione vincolistica e organizzativa, vengono ovviamente meno eventuali vincoli di destinazione.

Ciò assume particolare rilievo ai fini della trasformazione dei confidi in intermediari finanziari vigilati. Perdendo eventuali vincoli di destinazione, infatti, i fondi provenienti da contributi pubblici potranno essere utilizzati per far fronte a tutte le obbligazioni assunte dal confidi divenendo parte del 'patrimonio di vigilanza', che è l'aggregato preso a riferimento da parte dell'Autorità di vigilanza per verificare il rispetto, da parte dei confidi vigilati, del coefficiente patrimoniale.

Si spiega, così, anche l'espresso riferimento della norma all'attribuzione unitaria dei fondi al patrimonio di vigilanza, 'senza vincoli di destinazione'.

Quanto alla natura dei vincoli, vengono meno tutti quei vincoli di destinazione che limitano l'utilizzo dei fondi propri dei confidi derivanti da contributi pubblici solo a una parte del territorio sul quale gli stessi confidi operano, ovvero a una parte dei loro soci o della loro attività.

Nel dettaglio, i vincoli destinati a decadere sono quelli:

di natura territoriale: decadono, ad esempio, i vincoli che impongono a un confidi regionale di utilizzare i fondi pubblici esclusivamente per garantire imprese operanti in determinate province;

riferiti a particolari tipologie di investimento ovvero a specifiche finalità: a titolo esemplificativo, decadono i vincoli che impongono di utilizzare i fondi pubblici esclusivamente per garantire affidamenti a medio termine o affidamenti riferiti a investimenti in innovazione tecnologica.

destinati a specifiche classi dimensionali di imprese: decadono i vincoli che limitano l'utilizzo dei contributi pubblici alle sole piccole o alle micro imprese consorziate.

Resta ovviamente inteso che la norma non riguarda:

il vincolo riferito all'utilizzo dei fondi provenienti da contributi pubblici esclusivamente per l'esercizio dell'attività propria dei confidi ai sensi dell'art. 13 l.326/03;

eventuali vincoli di restituzione delle risorse pubbliche in caso di scioglimento del confidi, ovvero di modifica dell'attività.

Fondi interessati dalla decadenza del vincolo di destinazione

In merito ai fondi derivanti da contributi pubblici interessati dalla norma in oggetto si forniscono, di seguito, alcune indicazioni di carattere generale per una loro puntuale individuazione.

Innanzi tutto, il comma 881 riguarda esclusivamente 'risorse proprie dei confidi'.

In altri termini, la norma riguarda soltanto quei contributi pubblici (provenienti dallo Stato, degli enti locali o territoriali o da altri enti pubblici) che siano stati concessi ai confidi a integrazione dei propri mezzi patrimoniali, o comunque da essi acquisiti a titolo definitivo - non rilevando a tal fine un eventuale vincolo di restituzione in caso di cessazione dell'attività del confidi - e che siano stati appostati in bilancio tra le riserve patrimoniali.

La norma non riguarda, ovviamente, i fondi assegnati in gestione ai confidi, ma che sono rimasti di proprietà di terzi (in genere, pertanto, da appostare nei conti d'ordine).

Ai fini di una corretta individuazione dei fondi da poter imputare a capitale sociale/fondo consortile si suggerisce sia ' e soprattutto ' di verificare i contenuti della delibera dell'ente erogante, sia di fare riferimento all'appostazione in bilancio di tali fondi.

In relazione a quanto sopra si segnala che può accadere:

che la delibera non sia sufficientemente esplicita o chiara;

che i fondi siano stati erroneamente appostati in bilancio.

Nel primo caso si consiglia di verificare l'appostazione in bilancio e, eventualmente, di confrontarsi con l'ente erogante per accertarsi che l'ente stesso consideri le risorse assegnate ai confidi di loro proprietà e non le inserisca nel suo bilancio.

Nel secondo caso sarà opportuno - in occasione dell'Assemblea che provvederà a imputare i fondi a capitale sociale/fondo consortile - correggere l'errore.

Si ribadisce che l'eventuale vincolo di restituzione in caso di scioglimento del confidi o di cambiamento dell'oggetto sociale non preclude la possibilità che il confidi sia comunque titolare delle somme ricevute.

Si segnala che resta dubbio il caso dei fondi di prevenzione dell'usura.

Tali fondi entrano a far parte dei mezzi patrimoniali dei confidi venendo appostati in una voce di riserva. Ciononostante su di essi grava un vincolo di restituzione in caso di mancato utilizzo.

A riguardo - anche in considerazione della delicatezza della finalità alla quale tali fondi sono destinati e del fatto che sono in corso approfondimenti con il Ministero dell'Economia - si suggerisce di astenersi, almeno per il momento e salvo contraria indicazione, dall'imputarli a capitale sociale/fondo consortile.

L'imputazione a capitale sociale/fondo consortile di fondi derivanti da contributi pubblici è consentita dalla legge senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione degli enti eroganti. Tuttavia, può essere utile contattarli per porre in luce la ratio della norma e la sua validità ed efficacia in termini di rafforzamento del sistema della garanzia mutualistica, rassicurandoli al tempo stesso sul corretto impiego delle risorse.

Ciò appare particolarmente utile nell'ipotesi in cui i confidi siano tenuti a rendicontare agli enti eroganti l'attività svolta con i fondi derivanti da contributi pubblici, in quanto andranno concordate modalità di rendicontazione dell'attività svolta in relazione ai territori ovvero alle finalità per le quali erano stati concessi i contributi pubblici svincolati.

Il suddetto confronto risulterà in ogni caso necessario in prospettiva futura: sarà infatti fondamentale ai fini del rafforzamento patrimoniale dei confidi - in particolare per quelli che si trasformeranno in intermediari vigilati - che eventuali contributi pubblici assegnati ai confidi a titolo definitivo dopo il 30 giugno 2007 siano concessi senza vincoli di destinazione.

Modalità di imputazione al capitale sociale/fondo consortile e allocazione in bilancio

Per avvalersi dell'opportunità offerta dalla norma in oggetto l'assemblea dei confidi, in sede straordinaria (v. ad es. l'art. 2524, comma 3, c.c.), dovrà assumere una deliberazione di aumento gratuito del capitale sociale/fondo consortile.

Si segnala che, trattandosi di aumento gratuito del capitale sociale/fondo consortile, dovrà comunque essere statutariamente esclusa la possibilità di restituzione ai soci uscenti del valore nominale della parte della loro quota corrispondente all'aumento gratuito.

Inoltre, qualora lo statuto non preveda il voto capitario (un voto qualunque sia l'entità della quota) lo statuto dovrà prevedere la sterilizzazione dei relativi diritti di voto.

La delibera di aumento del capitale sociale/fondo consortile, come precisato nel comma 881, dovrà essere adottata entro il 30 giugno 2007.

Per evidenti motivi di convenienza organizzativa si suggerisce di convocare l'Assemblea straordinaria in occasione dell'Assemblea annuale di approvazione del bilancio, ferma restando, ovviamente, la possibilità di convocarla in data diversa, purché anteriore al 30 giugno 2007.

Si mette comunque in evidenza che la suddetta delibera non riguarderà il bilancio 2006, ma avrà effetti sul bilancio 2007.

Per i confidi che si trasformeranno in intermediari vigilati nel corso del 2007, sarà in ogni caso possibile includere i fondi imputati a capitale sociale/fondo consortile nel patrimonio di vigilanza sin dalla data della delibera di imputazione.

In merito al bilancio 2007 si suggerisce di specificare nella Nota integrativa che nel capitale sono confluite, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 881 della legge finanziaria per il 2007, risorse provenienti da contributi pubblici, indicandone l'ammontare, le norme di riferimento e i vincoli di destinazione decaduti.

Luca (25/02/2007 17.57) n/a

Grazie di aver inserito questo articolato documento. Davvero notevole l'azione di lobbying svolta da Asso Confidi.

Mi restano però diversi dubbi:

1) A chi si intestano le quote di capitale sociale o fondo consortile originate dall'aumento di capitale gratuito?

2) Come può una norma statale mutare coercitivamente la destinazione di fondi assegnati a valere su interventi di competenza regionale?

3) Siamo sicuri che la conversione in capitale sia l'impiego più efficiente ed equo di queste risorse pubbliche?

4) E' ragionevole la casualità nell'effetto redistributivo tra enti locali e confidi?

La circolare di federconfidi raccomanda: "L'imputazione a capitale sociale/fondo consortile di fondi derivanti da contributi pubblici è consentita dalla legge senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione degli enti eroganti. Tuttavia, può essere utile contattarli per porre in luce la ratio della norma e la sua validità ed efficacia in termini di rafforzamento del sistema della garanzia mutualistica, rassicurandoli al tempo stesso sul corretto impiego delle risorse."

Temo che le rassicurazioni non bastino, a meno che il Governo abbia preventivamente concordato il provvedimento con le Amministrazioni regionali e gli altri enti sponsor (non so se l'abbia fatto).

Temo che la norma aprirà un contenzioso, con molto lavoro per costituzionalisti e giuscommercialisti.

Dario Boilini (25/02/2007 23.21)

Sono in grado di suggerire la risposta solo al quesito 1).

Le quote di capitale sociale vanno assegnate ai soci in proporzione alle quote possedute.

Per non violare il vincolo di non distribuzione degli utili lo statuto deve prevedere che, in caso di recesso di un socio, a questo non possano essere rimborsate le quote ottenute gratuitamente.

Per quanto al punto (2) anche io ho forti dubbi. Unico conforto è che, se non vado errato, analoga disposizione è presente nell'art.13 della legge quadro in favore dei confidi che si trasformano per diventare 107 o banche di garanzia.

No mi è chiaro il quesito (4)

Luca (26/02/2007 07.59) n/a

Sul punto 1, alla luce della sua precisazione e della legge quadro l'apporto a capitale è fattibile.

Quanto al punto 4, intendevo il fatto che questa norma può avere effetti discriminatori: si "premiano" i confidi che hanno già disponibilità di fondi, magari perché lavorano con moltiplicatori bassi (dovuti alle piccole dimensioni dei portafogli o alla scarsa capacità di selezionare i rischi), o perché hanno da poco ricevuto nuove assegnazioni non ancora consumate;

gli enti pubblici che hanno dato i fondi in gestione "sotto la linea" non se li vedono incamerati, quelli che li hanno apportati a riserve indivisibili invece sì: perché li si tratta diversamente? i primi avevano implicitamente già scelto di devolverli?;

i timori sono accresciuti dal fatto che il comma 881 si applicherebbe a prescindere dalla scelta di trasformarsi in 107;

pensiamo poi ai confidi a presenza interregionale, come si fa a far scattare in questa maniera meccanica e aleatoria una potenziale redistribuzione di risorse pubbliche tra regioni?

C'è il solito rischio, di avere una soluzione istituzionale (i 107) faticosamente raggiunta dopo non poche resistenze e di fare i salti mortali per farla partire perché quello ha stabilito la legge.

Da tempo auspico che vengano messi al centro del dibattito i modelli di business e organizzativi per l'evoluzione del settore. La normativa sui 107, da sola, non dà una ricetta buona per tutti.

Dario Boilini (02/03/2007 14.42)

Sempre sul punto 4.

Sinceramente degli 'effetti discriminatori' non mi preoccupo, da tempo ho smesso di vedere certe cose in termini di giusto / non giusto.

Anche questa disposizione, come tutte le altre, favorira' alcuni e penalizzerà altri. La speranza è che possa comunque produrre effetti positivi.

Nel mio Abruzzo alcune coop di garanzia operano con fondi rischi, di origine pubblica, di consistenza superiore ai finanziamenti, non alle garanzie, che garantiscono.

Un altro aspetto indiretto del comma 881 mi fa pensare, quello degli aiuti di stato.

Cerco di spiegarmi meglio.

I contributi che il nostro confidi riceve dalla regione, per espressa previsione normativa, sono dati al confidi per garantire posizioni delle imprese industriali. Queste devono dichiarare che il valore del beneficio mediato che ricevono (la garanzia) non eccede, sommato ad eventuali altri, il de minimis.

Il Confidi, se non per la gestione documentale, non è preso in considerazione, i contributi non vanno a lui, vengono appostati in bilancio in fondi intoccabili se non per addebito insolvenze.

Ma ora, facendo l'operazione come consiglia federconfidi, quei contributi vanno a capitale sociale.

In presenza di insolvenze il confidi, in assenza di altre risorse, scarica (immagino) la sofferenza a conto economico e le addebita di fatto sul capitale sociale. Fin qui tutto regolare, con i fondi pubblici ho pagato quello che avrei pagato prima.

Ma allo stesso modo scaricherei sul CS perdite dovute a meri costi di gestione. In questo caso i fondi pubblici operano, di fatto, come contributi alla gestione del confidi.

Questo non rappresenta aiuto di stato al Confidi? non è censurabile dalla commissione europea?

I dubbi sono forti.

PS: ho visto che ha messo in linea il paper sulle cartolarizzazioni virtuali, lo leggo e mi faccio sicuramente vivo.

Grazie

Luca (02/03/2007 16.52) n/a

Concordo che bisogna essere tolleranti, ma non troppo. Io temo proprio il caso che lei fa: "coop di garanzia operano con fondi rischi, di origine pubblica, di consistenza superiore ai finanziamenti, non alle garanzie, che garantiscono." Non solo è iniquo, ma è del tutto inefficiente lasciare risorse pubbliche col criterio "chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, ...". Tanto più che al sistema confidi serve un robusto riassetto. Se i soldi in circolazione rimangono là dove sono, 106 o 107, non c'è alcun incentivo.

L'altro punto, l'esposizione del capitale a qualsiasi perdita dei confidi, e non solo a quelle su crediti, c'è effettivamente un problema di aiuti di Stato, che però l'UE ha risolto salomonicamente introducendo un regime forfetario de minimis, per cui gli schemi di garanzia agevolati possono garantire entro de minimis fino a 1.500.000 euro in tre anni per un max dell'80% dell'importo. Non si va a vedere l'equivalente sovvenzione di cui l'impresa beneficia. Ne abbiamo discusso in un altro blog. All'UE non importa che un Paese bruci risorse in un sistema sistema inefficiente che non aiuta le imprese. Alle imprese dovrebbe importare, penso.

Saluti e grazie dell'assiduità con cui segue il blog.

Pierpaolo Arzarello (19/03/2007 23.43)

Invio le mie personalissime osservazioni sul tema del comma 881 dell'articolo 1 della Legge Finanziaria 2007

In primo luogo non ho ben capito come mai il legislatore non sia intervenuto modificando direttamente il comma 33 del D.L. 269/2003 ma abbia generato una norma ad hoc creando un po' di confusione (le due norme sono apparentemente simili ma sono scritte in maniera sostanzialmente differente) ed alcune evidenti sovrapposizioni.

La giustificazione che mi è stata data è che la Finanziaria è una 'norma transitoria', quindi destinata a perdere i propri effetti dopo il 30 giugno 2007, mentre il comma 33 è una norma cosiddetta 'a regime'.

Vediamo di analizzare quindi quali sono le differenze tra le due norme:

COMMA 881 (Finanziaria 2007)

1) entro il 30 giugno 2007

2) Confidi 106 e 107

3) provvedono

4) imputare al fondo consortile capitale sociale

5) risorse proprie

6) fondi rischi o altri fondi o riserve patrimoniali

7) costituiti da contributi dello Stato, enti locali o territoriali o di altri enti pubblici

8)

9) risorse attribuite al patrimonio di vigilanza senza vincolo di destinazione

10)

COMMA 33 (Art. 13 D. L. 269/2003)

1) senza limiti di tempo

2) Banche di garanzia e Confidi 107

3) possono

4) imputare al fondo consortile capitale sociale

5)

6) fondi rischi e altri fondi o riserve patrimoniali

7) costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici

8) senza che ciò comporti violazione dei vincoli di destinazione eventualmente sussistenti, che permangono, salvo quelli a carattere territoriale

9)

10) le azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.

Asso Confidi Italia, il coordinamento nazionale delle associazioni di rappresentanza dei confidi, ha emanato un parere interpretativo sul comma 881 del quale si riportano i passaggi principali oltre ad alcune mie personali considerazioni (in corsivo):

- si tratta di una disposizione che favorisce la capitalizzazione dei confidi;

- si applica a tutti i confidi (106 e 107);

Ai confidi 107 si applica tuttavia anche il comma 33 dell'art. 13. Quale delle due disposizioni prevale? Ritengo che la Finanziaria prevalga, almeno in un primo momento, quanto meno per il vincolo temporale (Inoltre non mi risulta che ad oggi esistano ancora confidi 107).

- l'imputazione dei fondi a capitale è una facoltà, non un obbligo;

A questo proposito personalmente nutro alcune perplessità di ordine semantico sul testo della legge in quanto testualmente viene affermato che i confidi 'provvedono' e non che 'possono provvedere' il che non sembra lasciare grandi margini di discrezionalità. Tuttavia non posso ignorare che il parere di Asso Confidi rappresenti in qualche modo la volontà di chi ha 'caldeggiato' questa norma a prescindere dalla sua formulazione tecnica.

- l'imputazione dei fondi/riserve a capitale comporta la decadenza dei vincoli di destinazione;

La norma contenuta nella Finanziaria non lo dice espressamente (lo prevede solo ai fini del patrimonio di vigilanza) ma non sembra esserci altra ragionevole interpretazione.

- questa parte di capitale può essere utilizzata per far fronte a tutte le obbligazioni del confidi;

- riguarda le risorse proprie del confidi, quindi i contributi acquisiti a titolo definitivo;

- per i fondi dell'antiusura meglio non procedere all'imputazione;

- non è necessaria una preventiva autorizzazione da parte degli enti erogatori dei contributi;

- utilità di un contatto preventivo degli enti erogatori;

Secondo il mio personale parere questo passaggio è fondamentale soprattutto visto che l'imputazione dei fondi/riserve a capitale è una facoltà.

Mi viene in mente il vecchio proverbio 'meglio un uovo oggi o una gallina domani?' Meglio incrementare il capitale sociale oggi con i fondi erogati in passato dagli enti o meglio continuare ad avere contributi da parte degli stessi anche nel prossimo futuro?

Gli amministratori di un confidi (che di solito sono coloro ai quali rivolgo le mie consulenze professionali) mi chiedono un parere sull'argomento: cosa posso rispondergli?

L'operazione indubbiamente è allettante (aumentiamo il capitale, perdiamo i vincoli di destinazione, magari utilizziamo gli interessi che prima erano vincolati per le spese di gestione etc.) ma dopo che ne facciamo delle insolvenze se gli enti pubblici non ci sostengono più?

Io sono dell'avviso che tale delibera vada condivisa con gli enti in modo che non si creino fratture. Sono convinto inoltre che una buona spiegazione (con il passaggio di questi fondi a capitale il confidi può diventare un 'confidi 107' e dare un servizio migliore alle imprese) sia meglio di un'operazione che può avere, passatemi il termine un po' provocatorio, la connotazione di un 'esproprio' legalizzato.

- assemblea in sede straordinaria;

Per i confidi consorzi ritengo sia sufficiente l'assemblea ordinaria (capitale variabile e nessun richiamo alle norme del codice civile sulle società per azioni). Riterrei inoltre ammissibile l'assemblea ordinaria anche per i confidi cooperative come previsto dallo studio 5307/I del Consiglio Nazionale del Notariato. Si tratta infatti di un'operazione che in linea di massima non comporta modifica dello statuto salvo non siano presenti clausole in aperto contrasto con l'operazione in esame.

- lo statuto deve prevedere che queste somme attribuite pro quota ai soci non possano mai essere restituite.

Il problema non dovrebbe sussistere in quanto tale aumento di capitale non dovrebbe essere imputato ai soci pro quota per assimilazione con quanto avviene nel caso di acquisto di azioni proprie da parte delle società per azioni (come del resto correttamente indicato nel comma 33 dell'art. 13). Ritengo che nel libro soci la posizione individuale di ciascun socio impresa non vada quindi modificata.

- queste somme non possano essere attribuite ai soci in caso di recesso, esclusione etc.

Questa previsione dovrebbe già essere contenuta negli statuti in quanto prevista dall'art. 13, comma 18, del D.L. 269/2003

.

- sterilizzazione dei relativi diritti di voto (vedi art. 13, comma 33)

- delibera entro il 30 giugno 2007, eventualmente contestuale a quella di bilancio

Visto che i tempi sono stretti e non mi risulta che gli enti pubblici abbiamo ancora preso una posizione sul tema, forse meglio fare due assemblee piuttosto che deliberare senza avere prima approfondito l'operazione e le sue conseguenze.

- evidenziazione in Nota integrativa nel bilancio 2007 del passaggio di riserve a capitale.

Luca (20/03/2007 11.39) n/a

Grazie dell'opportuna lettura comparata con la legge quadro, e delle ragionevolissime considerazioni e proposte, che condivido.