La migrazione oltralpe delle imprese italiane
Mon 8 Nov 2010, 12.43 Stampa
Repubblica-Affari&Finanza parla oggi delle imprese italiane che si trasferiscono in Ticino (le lombarde) o in Carinzia (le nordestine). Quelle regioni, già favorite da bassa fiscalità, stabilità sociale, infrastrutture e servizi efficienti, stanno lusingando le imprese estere con esenzioni fiscali e previdenziali molto aggressive.
E le imprese italiane cedono al fascino, o piuttosto cercano rifugio dai mille impedimenti che ostacolano il fare impresa in Italia. Anche nel mio entourage personale ne conosco diverse. E non parliamo solo del quartier generale della società, spesso trasmigrano anche attività ad alto impiego di lavoro, nella manifattura e nei servizi. Si tratta di una delocalizzazione meno appariscente di quella verso i paesi a basso costo del lavoro, ma per certi aspetti è più pericolosa. In alcuni casi patologici l'imprenditore se ne va per sottrarsi allo strascico legale di una crisi aziendale, ma in molti altri fugge da un ambiente dove troppe cose costano di più, non si trovano o non funzionano.
Onore al merito delle imprese che rimangono in Italia, grazie alla capacità miracolosa di fare cose da sole. Ma se non facciamo un triplo salto in avanti nella capacità di fare cose insieme, imprese con imprese, e imprese con enti pubblici, siamo condannati ad impoverirci, economicamente e umanamente.
Dal mio osservatorio di cose creditizie, professionali e informatiche, la capacità di fare cose insieme soffre di una mancanza di vigore e di responsabilità che è prima di tutto nella testa e nel cuore delle persone che contano.
Deve succedere un disastro per darci la sveglia?
Luca