Crediti ristrutturati per 42 miliardi, più di un terzo sono perdite per le banche
Fri 20 Aug 2010, 12.26 Stampa
Il
Sole 24 ore commenta un report che circola tra le banche d'affari milanesi relativo a un campione di medie e piccole aziende "eccellenti", quotate e non:
ll costo della recessione sull'«Azienda Italia»? Quarantadue miliardi di debiti finiti in ristrutturazione per le medie e piccole aziende, quelle Pmi che sono l'ossatura del tessuto industriale del Paese. Ma il prezzo della crisi è stato salato anche per le banche, costrette a stralciare oltre il 35%. Un terzo dei crediti erogati è andato in fumo.
Dopo l'abbuffata di finanza degli anni del boom (e della bolla) molte aziende si sono trovate stracariche di debito, spinte dal cocktail di denaro a basso costo e boom dell'M&A. Poi, con la crisi e il credit crunch, hanno iniziato a saltare i famigerati covenants (i parametri di oscillazione tra debito e liquidità generate fissati dalle banche): anche aziende sane e robuste si sono all'improvviso ritrovate con un debito che, prima sopportabile, è diventato insostenibile. Nell'ultimo anno e mezzo, sostanzialmente dall'inizio della recessione, 65 tra le principali aziende italiane hanno dovuto mettere una toppa al problema dei troppi debiti. Dal più semplice sforamento dei parametri, alle rinegoziazioni, fino alle soluzioni stra-giudiziali per evitare le insolvenze. Quest'ultima è stata la formula più utilizzata, introdotta dalla nuova legge fallimentare. L'elevato numero di rinegoziazioni e ristrutturazioni è il segnale indiretto delle ferite lasciate dalla crisi.
Il titolo parla di Pmi, in realtà di tratta di un'analisi che riguarda casi da decine di milioni di debito, a cominciare dalle imprese finanziate da operatori di private equity con formule di tipo leveraged. Nella
copia dell'articolo trovate una tabella con l'elenco dei debitori in sofferenza.
Luca