Scoffone (Casartigiani ed Eurocons): i fondi pubblici stile Bancomat basteranno ai confidi?
Sun 13 Jun 2010, 11.16 Stampa
Piergiorgio Scoffone (presidente di Euroconsult, responsabile delle relazioni esterne di Casartigiani Piemonte e consigliere di Finpiemonte) ha analizzato sul
sito di Eurogroup il tema delicatissimo del sostegno pubblico ai confidi, nello specifico a quelli del Piemonte. Riassumo i punti principali del suo intervento:
- un sistema che non fa sistema; in Piemonte operano venticinque confidi, hanno tutti "una storia importante", però non mettono in comune nulla: non solo servizi, ma neanche capacità di rappresentanza nei confronti di banche, istituzioni, interlocutori pubblici e privati. Ognuno, tranne Eurofidi, fa riferimento alla propria sigla associativa, con la quale molte volte esiste un legame funzionale anche in termine di gestione e non solo di rappresentanza; proprio perché il "sistema non fa sistema" continuano ad aumentare i costi di gestione dei vari confidi (vedi bilanci 2009).
- la dipendenza da risorse pubbliche; oggi, a parte Unionfidi ed Eurofidi, tutti i confidi non sono in grado né di generare risorse proprie per incrementare il proprio patrimonio, né sono in grado di aumentare il loro capitale sociale rivolgendosi direttamente ai propri soci; la patrimonializzazione resta a carico quasi esclusivo dell'operatore pubblico; nonostante il consolidamento effettuato dalla Regione Piemonte in capo ai confidi piemontesi di cinquanta milioni di prestiti erogati nel tempo, averne sottoscritti altri venti con versamenti diretti nel 2009, si stima che ai confidi serviranno almeno altri cinquanta milioni nel 2010, poi altrettanti nel 2011 e così via; sino a quando la Regione Piemonte o le Camere di commercio potranno continuare a svolgere la funzione di "Bancomat" per i confidi piemontesi?
Questo il sasso lanciato da Scoffone. La tesi non è esplicita, ma se facciamo un collegamento con il
ricorso di Eurofidi (che come Eurocons fa capo ad Eurogroup / Finpiemonte) contro l'esclusione dai bandi per i confidi della Lombardia, possiamo completare il ragionamento fino alle probabili conclusioni: non si può finanziare una miriade di confidi con fondi pubblici, non ci sono abbastanza soldi e soprattutto quei pochi che ci sono vengono bruciati dai costi di (sovra)struttura. E' più equo ed economico finanziare i soggetti efficienti.
Prima che vi scateniate nei commenti, vorrei portare altre evidenze e dire la mia:
- Scoffone ha ragione quando denuncia come obsoleto e inefficiente il modello di molti confidi associativi (ma non generalizziamo, ci sono esempi virtuosi); è giusto chiedersi se ha senso spendere soldi per mantenere, qualora tali, dei soggetti fermi a quindici anni fa, che non sanno generare da soli le risorse e soprattutto le idee per cambiare missione; e passi quando il confidi sostiene (come altre società di servizi) le strutture associative (non ha più il surplus per farlo, però), ma è vergognoso quando piccoli club di associati ed amici, blindati negli organi amministrativi, si ritagliano compensi e garanzie a loro uso e consumo;
- al tempo stesso, non mi sono mai entusiasmato del modello Eurofidi, pur nutrendo stima per la professionalità delle persone che lo guidano; dipende anch'esso dal sostegno patrimoniale dell'ente pubblico e delle banche socie, sebbene preveda anche gli apporti dei soci PMI; ricorre sistematicamente al trasferimento del rischio, ieri con forme di garanzia "strutturata" con cap finanziato dagli stessi associati, oggi con i conferimenti a fondo perduto dei soci e la contro-garanzia del Fondo centrale; mobilita credito addizionale (le banche lo cercano per questo), ma in condizioni di costo poco trasparenti, e non solo per gli apporti a fondo rischi, ma anche per le reti distributive (filiali e mediatori creditizi affiliati) costose e molto orientate ai volumi; forse è un modello più efficiente in termini di costi di struttura per euro garantito (forse), ma che valore aggiunto lascia alle imprese? Migliora la qualità nell'utilizzo del credito e nel rapporto con le banche? E' un modello sostenibile rispetto al rischio di selezione avversa (nel senso che allontana le imprese migliori)?
Non voglio assolutamente innescare un talk show uno contro tutti. Pongo in evidenza, cari amici dei confidi, che siamo bloccati. Lo status quo porta alla lotta per la sopravvivenza, ovvero per le risorse e le contro-garanzie pubbliche. Ma nell'arena sono scese le banche con richiesta crescente di garanzie dirette al Fondo centrale. I confidi non hanno più ragione di esistere se la loro missione diventa sopravvivere, e basta. Occorre ripensare tutto. Abbiamo perso troppi anni. Occorre buttarsi a lavorare sui molti punti critici da cui dipende il futuro dei confidi (e dei servizi associativi collegati): selezione e pooling del rischio, pricing, efficienza operativa, assistenza alle imprese, efficacia dell'aiuto pubblico. Affrontando i problemi, si scoprirà che le ragioni per collaborare (cambiando, beninteso, tutti quanti, compresi i big) sono più forti di quelle per arroccarsi e farsi la guerra.
Lo stesso Scoffone auspica confidi che sappiano "fare sistema".
Luca