Mala tempora e finanza delle Pmi
Sun 9 May 2010, 09.30 Stampa
Sono tornate le ceneri vulcaniche. Il cielo caliginoso sfuma i contorni di una crisi sistemica (parole del Presidente della BCE) della moneta e dei mercati finanziari europei. Schizzando sopra il 10%, i rendimenti dei bond ellenici hanno segnalato che i mercati non credono al piano di salvataggio da 110 miliardi. Un possibile break-up della moneta unica si profila, minaccioso come mai in passato.
I governi dell'Unione cercano di affrontare l'emergenza, ma colgo in loro l'angoscia di veder materializzare quello che mai doveva succedere. Nell'immediato, se vogliono essere credibili, le autorità devono dare mano libera alla BCE nell'acquisto di bond sovrani, come ha fatto la Fed nella fase più acuta post-Lehman. Così continuerebbe la serie di passaggi in linea del debito deteriorato, dagli attivi bancari, ai portafogli di titoli pubblici e ora (forse) alla circolazione monetaria. Lo faranno?
Non lo so, perché lo spirito dei comunicati non è
à la guerre comme à la guerre. La fase due (e tre, quattro, cinque ...) della cura prevede (finalmente?!) rigore nei conti, disciplina dei mercati finanziari (contro i rischi eccessivi e, oggi soprattutto, gli speculatori). Principi astratti. La realtà sarebbe una stretta draconiana della finanza pubblica, insufficiente a evitare alcuni default, la conseguente paralisi dell'intermediazione bancaria e una recessione ancora più profonda. Il tutto poi condito da default bancari e svalutazioni del cambio.
Se i tempi diventano duri, ma duri davvero, c'è chi è pronto a spargere sale sulle ferite, li abbiamo visti all'opera per le strade di Atene. Sì, perché in Europa (a differenza degli Stati Uniti) abbiamo ancora drappelli di rivoluzionari di professione in servizio effettivo, e tanti che da giovani avrebbero voluto esserlo. Se non ci fossero, la situazione sarebbe sempre durissima, ma meno esplosiva.
Ma anche senza scomodare i pronipoti dei nichilisti dell'ottocento, possiamo immaginare il malcontento che monterebbe andando a smontare lo Stato pletorico che ha somministrato un benessere illusorio nell'epoca d'oro del debito in euro a buon mercato.
In Italia siamo messi, come all'inizio della crisi, meglio dei cugini mediterranei (o irlandesi); per solidità delle banche e dei patrimoni privati siamo anche meglio dei partner più blasonati. Abbiamo i nostri enormi problemi di debito pubblico, ma forse siamo quelli che possono gestirlo senza intaccare bisogni primari, anzi in molti casi recuperando utilità reale ed efficienza della spesa. Ma dobbiamo correggere la follia della redistribuzione della ricchezza dai figli verso i padri e i nonni, e dalle attività che rischiano a quelle protette (ma le seconde saranno sempre meno, se i soldi pubblici finiscono, e guai a sprecarli per mantenerle in rianimazione).
Perché scrivo questo, dopo una settimana dominata dallo
scoop del nuovo Titolo V del TUB, con le annesse questioni di importanza capitale come la natura unitaria o duale dell'
Organismo di vigilanza sui confidi?
Non è per vezzo da editorialista (nel senso di automobilista) della domenica. C'entra con le "nostre" questioni. Le situazioni di incertezza, come quelle in cui siamo e verso cui andiamo, o deprimono, o risvegliano. Le imprese italiane devono prepararsi a navigare in acque agitate o tumultuose. Per farlo, servono consapevolezza e strumenti. E soprattutto, il far conto sulle proprie forze, meglio se associate con quelle di altri partner.
Dopo anni di bonaccia relativa (nell'Europa a 15) prepariamoci a veder ballare tassi e cambi. Non facciamoci cogliere impreparati dal probabile aumento dell'Euribor. Impariamo a fare piani di business e finanziari con monete diverse, inflazione variabile, opportunità da cogliere con rigiro velocissimo.
Anche gli strumenti che macinano numeri, veicolano informazioni, processano pagamenti, guidano le decisioni sono importantissimi. I sistemi di contabilità e di regolamento più sofisticati li hanno sviluppati in Brasile con l'inflazione mensile a due cifre. Speriamo di non arrivare lì, ma in ogni caso prepariamoci. Senza questi radar, i pur vitalissimi imprenditori nostrani non riusciranno a fare business, andandolo a scovare in capo al mondo, nei paesi giovani che hanno più energie per crescere.
Per questi motivi torno ad occuparmi con gusto dell'Organismo gestore dell'elenco e art. 112 nuovo TUB, di portale finanziario per le Pmi, e a riprendere in mano gli attrezzi che si usavano nei turbolenti anni settanta/ottanta. Ci siamo passati attraverso quella lunga crisi da stag-flazione. I miei genitori, da giovani, hanno superato una guerra terribile, e quanto mi sta aiutando la serenità che ricordo nei loro racconti di quel periodo. Si va avanti, non c'è motivo di disperarsi.
Non tutti la pensano come me in fatto di priorità. Nel dibattito sulle "nostre" questioni, ancora ci sarà chi si dispera per un posto in più in qualche CdA, chi dice le cose che gli hanno detto di dire, chi è intelligente (ma non si applica), beh, lo lasceremo parlare da solo, che non si offenda per questo.
Venga a lavorare con noi, diventeremo amici.
Luca