Modelli per il rischio di credito: la task force di Basilea valuta ciò che offre il mercato.
Thu 25 Feb 2010, 12.10 Stampa
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha pubblicato un breve rapporto su
Vendor models for credit risk measurement and management. E' molto sensato andare a vedere quel che offre il mercato all'industria bancaria, oggetto di una normativa alquanto esigente in materia di adeguatezza del capitale per il rischio di credito: come si sa, il primo pilastro non consente di applicare i modelli interni di portafoglio, ma il secondo pilastro esige dalle banche (con requisiti più stringenti al crescere delle dimensioni) un monitoraggio a 360° delle perdite potenziali.
Bene, i modelli più diffusi dei
vendor sono ben lontani dal coprire a 360° le esigenze di misurazione dei profili di rischio. I più trattano la distribuzione delle frequenze di default basata sulle PD. Pochi modellano le LGD, e nessuno l'EAD. La documentazione sull'impianto concettuale e i processi di calcolo è parziale (qui gioca la protezione della proprietà intellettuale), ed inoltre serve a vendere almeno quanto a spiegare che cosa si compra. RIsulta difficile per i potenziali acquirenti stilare matrici comparative di qualità, prestazioni e costo delle diverse piattaforme. I modelli sono spesso venduti insieme con dataset di calibrazione, che nel caso dei modelli di maggior notorietà e diffusione sono "sbilanciati" verso i debitori di maggiori dimensioni e/o emittenti di titoli. Anche la personalizzazione non sempre è possibile e controllabile nei suoi impatti.
Il gap tra modelli concettuali accettati dalla teoria (e suffragati dalle Autorità) e strumenti applicabili con efficacia sul campo è ampio, e si è allargato con la crisi, basti pensare alle performance tragiche nella stima del rating delle CDO subprime. Si sono commessi degli errori che sono certo di sottostima degli input elementari, a cominciare dalle PD, ma anche il motore di aggregazione del rischio, e in particolare gli algoritmi della correlazione tra i default, hanno fatto la loro parte nel banalizzare l'analisi del rischio.
Tant'è che mi viene da chiedermi se stiamo costruendo i modelli post-crisi (di seconda o terza generazione) su fondamenta solide. Non è che serve una rivoluzione copernicana nella valutazione e gestione del rischio di credito?
Luca