Un business office anche per la consulenza legale (e riflessioni sui contratti di garanzia)
Sat 23 Jan 2010, 09.08 Stampa
Nel mio recente viaggio in Abruzzo mi sono fermato sulla via del ritorno, per un incontro da tempo pianificato con i fratelli Nicola e Gabriele Iuvinale. Nicola e Gabriele sono avvocati in Teramo, e assidui frequentatori del blog. Da diversi mesi ci scambiavamo frequenti email per segnalare fatti, articoli e scambiarci opinioni. Conoscendoli di persona, ho capito meglio le ragioni del loro interesse per le questioni di cui mi occupo.
Conosco diversi avvocati. Mi sono fatto l'idea che la loro professione è l'applicazione di talento individuale a casi singoli. L'avvocato non serve nella normalità della vita di una persona o di un'azienda; entra in campo quando c'è una questione specifica, di solito un contenzioso, una lite, un procedimento giudiziario. In situazioni "distese" (la stesura di un contratto, la trasformazione di una società) è sufficiente il parere del commercialista. Se vale questa visione delle professioni legali, ne deriva un modello di business teso alla massimizzazione del numero e della complessità dei casi critici per i quali l'assistenza di un avvocato è indispensabile.
A quanto mi hanno raccontato, i fratelli Iuvinale puntano invece a un servizio di igiene giuridica e prevenzione, rivolto soprattutto alle piccole imprese, a cui forniscono un'assistenza continuativa sulle decisioni che hanno implicazioni legali. In questo i rapporti bancari hanno naturalmente un peso importante.
E' lo stesso modello di consulenza continuativa che da tempo propugno per il "mio" business office con riferimento alle decisioni amministrative e finanziarie delle aziende. Un modello di offerta che crea valore per il cliente nella normalità del rapporto, soprattutto perché elimina il costo degli errori da decisioni ingenue e affrettate. Un modello che genera un flusso di ricavi ricorrenti adeguato.
Non mi invento nulla. So di molti studi che stanno organizzandosi per offrire una consulenza integrata (aziendale e legale). C'è però ancora molto lavoro da fare per superare la legge di Gresham che porta ad una concorrenza esasperata sui servizi di base (poveri di valore che non sia l'adempimento di obblighi contabili e fiscali) e al gap di offerta (con alto costo/scarsa accessibilità) dei servizi di supporto direzionale. Dai primi un imprenditore impara poco o nulla, mentre i secondi sono un canale di diffusione di conoscenze oggi vitali.
Nicola e Gabriele lavorano con diversi confidi abruzzesi. Hanno raccolto un florilegio di casi critici (ne avevano dato un assaggio nei commenti al blog). Ad esempio, hanno fatto i conti con la crisi di identità giuscivilistica delle garanzie confidi: garanzie reali? Fideiussioni? Contratti autonomi di garanzia? Non è sempre chiaro, e nelle procedure di contenzioso possono capitare incidenti; ad esempio, i terzi garanti di un'impresa insolvente, dopo essere stati escussi da una banca, possono agire in via di regresso (si dice così?) verso il confidi in quanto co-fideiussore solidalmente responsabile.
Il nostro diritto delle garanzie sembra pensato per dare ai beneficiari facoltà di aggressione e rivalsa le più ampie possibili (pensiamo alle fideiussioni omnibus).Non è un caso che nei sistemi informativi bancari (e, di riflesso, in quelli dei confidi) le garanzie abbiano una gestione di grana grossa. I contratti di garanzia moderni, quelli disciplinati da Basilea 2, parlano invece di obbligazioni chiaramente etichettate per oggetto, grado di prelazione, condizioni di efficacia.
Perché di questi problemi del tutto pratici si discute poco o niente nei tavoli di lavoro sul diritto fallimentare e sulle convenzioni banche-confidi? Forse perché ci piace perdere tempo a chattare nel colorito e litigioso
social network tra banche e aziende in difficoltà?
Luca