Troppi crediti fiscali per accantonamenti non deducibili: rischio falcidia per il patrimonio delle banche italiane?
Mon 4 Jan 2010, 09.42 Stampa
Mi segnalano un articolo di Quaglio sul Sole 24
In «Basilea 3» la mina dei crediti fiscali, da cui cito
«Con riferimento alle deduzioni prudenziali dal patrimonio di vigilanza, verrà valutata la possibilità di dedurre le attività per imposte anticipate solo per l'importo che eccede una certa proporzione del capitale di migliore qualità, in modo da evitare che diversità nei trattamenti fiscali nazionali creino eccessive disparità di trattamento (ad esempio il trattamento fiscale nazionale per gli accantonamenti a fronte del rischio di credito)». Il linguaggio è quello ultra-tecnico della Vigilanza, ma quello sui tax assets nei bilanci delle banche italiane resta il warning più diretto che la Banca d'Italia ha rivolto al sistema creditizio nazionale (e al Governo) nel suo commento a caldo sull'ormai cosiddetta «Basilea 3». Un avvertimento che si è inserito nella dialettica sempre accesa tra Tesoro, Bankitalia, Abi e imprese, sotto l'occhio di Piazza Affari. E che ha registrato un'eco immediata nell'intervista [di cui in. post] rilasciata al Sole 24 ore dal direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini (vedi edizione del 27 dicembre).
[...] Nel concreto contabile delle banche italiane, entrano in gioco gli ingenti crediti fiscali accumulati negli anni per il trattamento nazionale delle perdite su impieghi. Queste – a normativa corrente – sono deducibili nel conto economico annuale solo entro il tetto dello 0,30% del portafoglio crediti. Il resto viene capitalizzato e ripartito nell'arco di 18 anni. È così che, ad esempio, UniCredit denunciava al 30 settembre scorso attivi fiscali per 12,3 miliardi su un totale di bilancio di 957 miliardi e con 59,3 miliardi di patrimonio consolidato. E Intesa Sanpaolo, alla stessa data, segnalava tax assets per 6,9 miliardi su 631 di totale per circa 52 miliardi di patrimonio. Per le due big - come per l'intero sistema italiano - le perdite su crediti sono attese ancora in aumento nei conti 2009 (l'ultima stima aggregata Abi parla di una ventina di miliardi) e non è affatto detto la tendenza s'inverta rapidamente nel 2010.
I difficili equilibri della finanza pubblica, specie in tempi di coperta troppo corta, non consentono di smontare in fretta i meccanismi di accumulo di debiti diversi: quelli verso i fornitori, quelli per rimborsi IVA, e anche quelli di cui parla l'articolo. Qui però la materia è ancora più delicata, perché si toccano gli equilibri della gestione dei rischi bancari: il prezzo di quelli sani e il costo di quelli a sofferenza, nonché la rappresentazione della relativa entità e copertura nei bilanci e nei confronti della Vigilanza.
La soluzione non è semplice. Forse ci sarebbe un uovo di Colombo: accelerare i tempi del contenzioso e arrivare prima a quantificare le perdite certe, quindi deducibili. Questo apre il dossier procedure di soluzione delle crisi, altro caso di ritardi patologici. Ma sarebbe utile fare qualcosa, non solo per sgonfiare la bolla delle deduzioni differite, ma anche per dare più agilità al sistema produttivo che si riorganizza per uscire dalla crisi.
Luca