Un fondo chiuso per Pmi più forti, nel patrimonio ma non solo

Wed 16 Dec 2009, 17.02 Stampa

Oggi presso il Ministero dell'economia, alla presenza del Ministro Tremonti e di numeri uno dei maggiori gruppi bancari e della Cassa DDPP, è stata presentato il progetto di Fondo italiano di investimento per le Piccole e Medie Imprese. Ne parla a caldo il Sole 24 ore:
«Il campo diretto d'azione del Fondo sono le imprese - ha sottolineato Tremonti - ma i benefici si estenderanno automaticamente all'indotto». Il fondo è rivolto a circa 15mila imprese italiane con fatturato compreso tra 10 e 100 milioni di euro, ma, ha spiegato il ministro, gli effetti di una loro aggregazione e di una loro maggiore patrimonializzazione saranno positivi anche sulle imprese che hanno una dimensione minore. Esattamente il ministero dell'Economia, la Cassa depositi e prestiti, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Abi e Confindustria si pongono l'obiettivo di costituire nei tempi più brevi possibili una società di gestione del risparmio che collochi quote di un fondo comune di investimento mobiliare chiuso riservato a investitori qualificati. Scopo del fondo è quello di favorire i processi di patrimonializzazione di piccole e medie imprese o l'aggregazione fra imprese per un progetto di sviluppo.
[...] Obiettivo dimensionale del Fondo, ha spiegato il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, «è tre miliardi di euro. Un primo closing sarà pari a un miliardo e sarà sottoscritto dalle banche sponsor e dalla Cassa depositi e prestiti. Un ulteriore miliardo potrà essere raccolto presso investitori istituzionali.
Idea interessante e ardita (annunciata qualche settimana fa), che punta ad abbattere le barriere di separazione tra il capitale di rischio esterno e le Pmi italiane. La finanza in primo piano. Vale la pena di crederci, e di impegnarsi al massimo perché funzioni.

Luca

Commenti precedenti:


Sapio (16/12/2009 20.08) n/a

c'è già stata una cosa così, si chiamava Fime (Finanziaria Meridionale) e ci ho lavorato. Chiusa e liquidata con perdite. Anche in quel caso le maggiori banche furono obbligate a partecipare, anche se non ne avevano voglia.

Luca (17/12/2009 09.13)

In tutti i progetti di ristrutturazione e rilancio della finanza d'impresa ci vuole un soggetto tecnico forte, che prenda in carico le proposte dal livello politico, le verifichi nella fattibilità e le declini in termini realizzativi. E i singoli gruppi bancari non bastano a creare questo soggetto: la loro partecipazione, come per la Fime di cui parla Sapio, sarà più facilmente motivata da timori o convenienze immediate. Qui ci vuole un movimento di persone, che aderiscano alle proposte per un'insopprimibile tensione a costruire. Queste persone possono stare ovunque, sotto i riflettori o in un ufficio a lavorare.

I vertici possono fare ben poco.

Nicola e Gabriele (17/12/2009 09.39)

Un pensiero illuminato.

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