Emendamenti alla normativa di Vigilanza per i confidi: contributi al dibattito

Wed 2 Sep 2009, 08.56 Stampa

Nel post di ieri ho raccolto questo commento di Pierpaolo Arzarello, che riprendo perché delinea un'agenda di problemi e di proposte che merita una discussione focalizzata
Concordo con voi che chiedere "sconti" alla Banca d'Italia, soprattutto in questo periodo di scadenza e dopo una proroga di circa un anno, non sia la strategia giusta.
Tuttavia vi chiedo se avete alcuni suggerimenti da poter proporre alle Federazioni dei confidi. A me sono venuti in mente alcuni punti:
1) eliminare le segnalazioni in centrale rischi (anche se in contropartita si dovrebbero perdere i flussi di ritorno);
2) chiedere alla Banca d'Italia un'interpretazione ufficiale sul trattamento contabile delle poste di bilancio caratteristiche dei confidi (vedi ad esempio le commissioni, i fondi rischi, le controgaranzie...). A suo tempo le Federazioni dei confidi avevano emanato dei chiarimenti sui bilanci confidi (avete presente i numeri 21, 41, 51 etc. degli schemi di bilancio?) mentre per gli Ias dobbiamo utilizzare le istruzioni, a volte molto scarne, degli altri intermediari 107.
3) Consentire una consistente esternalizzazione di servizi e controlli sulle Federazioni nazionali per contenere i costi di vigilanza;
4) Avevo pensato anche ad una ponderazione standard delle garanzie rilasciate al 75% (come se fossero tutti soci retail) per ridurre le necessità patrimoniali.... ma non sono troppo convinto.
Attendo i vostri commenti....
Ecco i miei commenti:
1) capisco, Centrale rischi richiede segnalazioni mensili e ad evento di deterioramento. L'attività correlata potrebbe assorbire una persona a tempo pieno. Mi chiedo però come può un intermediario specializzato nel rischio di credito fare a meno di questa fonte informativa, che tra l'altro "costringe" ad avere una procedura crediti allineata con gli standard bancari. Senza CeRi il confidi non può fare controllo andamentale, se non bussando alla porta delle banche convenzionate (cosa che deve comunque fare perché CeRi non fornisce indici di movimentazione). Alimentare CeRi (ma in genere gestire il processo del credito) richiede comunque un'integrazione informatica con le banche basata su protocolli standard di sistema. Quello che manca è questo.
2) Il periodo di consultazione sugli schemi di bilancio 107 è scaduto in luglio; era quella la sede per fare proposte, si potrebbe chiedere di riaprire la consultazione, per recepire quanto appreso nella predisposizione dei bilanci IAS per l'iscrizione a 107; io ci ho perso una settimana buona dopo ferragosto su quegli schemi;
3) Quali federazioni nazionali? Quelle dei confidi mi risulta che abbiano patrocinato delle convenzioni con fornitori di IT e di consulenza, ma non hanno investito in strutture tecniche per gestire direttamente l'outsourcing. La produzione "in economia" è essenziale per abbattere i costi, così come la presenza di offerte concorrenti (l'esperienza delle BCC insegna). Per le funzioni di controllo (internal auditing, risk management, compliance) e per quelle direzionali i confidi ricorrono a società di servizi professionali (consulting firm generaliste o boutique specializzate su banche e intermediari), salvo alcune che si sono appoggiate alle federazioni regionali delle BCC. Peraltro anche i fornitori esterni non nascono imparati, e il gap di competenze specifiche sulla garanzia si fa sentire, ci vorrà un anno per colmarlo;
4) Se c'è una procedura credito decente, non c'è problema a calcolare gli assorbimenti patrimoniali giusti; la concentrazione del credito è un aspetto delicatissimo, mi sembra pericoloso trattare a priori i portafogli come retail (ampiamente frazionati), di esposizioni sopra il milione di euro ce ne sono, specie nell'industria; c'è comunque il plafond sui grandi rischi da rispettare.
Altri commenti?

Luca

Commenti precedenti:


Sapio (riportato da Luca) (02/09/2009 09.34) n/a

1) La Centrale Rischi è necessaria per evere un minimo di andamentale.

Claudio D'Auria (02/09/2009 10.12)

Sono completamente d'accordo con Luca.

ALla CR non si può rinunciare. Ci si pensò per un cero periodo in Bankit (estate 2007), ma poi le Associazioni dei Confidi stesse proposero di confermare la partecipazione. Secondo me è giusto che sia così.

Sugli schemi di bilancio, si potrebbe avviare una procedura bilaterale con la Banca d'Italia, ma occorrerebbe avere una controparte autorevole. Assoconfidi è sparita. Le Federazioni varie mi sembrano impegnate a fare altro. Sono anni che dico che le Federazioni dei Confidi dovrebbero fare come l'ABI, servizi per i confidi, rappresentanza unitaria per le problematiche con la Banca d'Italia. Direi che le Federazioni stanno gestendo i rapporti con Confidi, da un lato, Banca d'Itala, dall'altro, senza aver stabilito quale deve essere il loro ruolo in un mondo che cambia.

Chiudo con una piccola precisazione. La normativa già consente un metodo standardizzato-semplificato per il calcolo del rischio di credito (con ponderazione standard è 100% per tutti). Proporre una procedura semplificata specifica per i confidi mi sembra fuori luogo. La determinazione del portafoglio retail non mi sembra un problema così complicato, basta avere procedure corrette e, magari, affidarsi a qualche consulente esperto.

Sapio (02/09/2009 14.37) n/a

Una curiosità : il Fondo PMI gestito da MCC non accede alla Ceri né segnala.

Proviamo a buttare giù uno schema di Bilancio che vorremmo proporre, poi troveremo a chi, quando ed in quale veste. Stabiliamo però prima quale deve essere lo scopo. Es. rendere possibile un calcolo di verifica del Total Capital Ratio ???? Mi sembra uno scopo difficile da raggiungere con i soli dati di Bilancio.

Luca (02/09/2009 15.25)

L'informativa esterna del fondo Pmi avrebbe bisogno di una rinfrescata, specie adesso che "spende" la firma dello Stato.

D'accordo sull'idea di elaborare un prospetto di bilancio confidi. Io però partirei dagli schemi attuali dei 107 incrociati con le segnalazioni di Vigilanza sempre dei 107, nei quali si possono specificare le informazioni con il massimo dettaglio, oltre allo schema gerarchico con il quale aggregarle. Da lì si deve e si può tirare fuori tutto, compreso il calcolo del capital ratio.

Pierpaolo Arzarello (02/09/2009 15.30)

Ok, le mie ipotesi di lavoro non hanno avuto molto successo... (salvo forse quella sui bilanci).

Altre idee? Come consulenti abbiamo tutti lavorato sulle domande di iscrizione di qualche confidi al 107. Possibile che ad un certo punto del lavoro nessuno abbia pensato "questo mi sembra proprio un adempimento inutile o spropositato visto che parliamo di un confidi!?!?"

Luca (02/09/2009 15.35)

Non parlerei di insuccesso, anzi, mi pare che stiamo discutendo di possibili alternative.

Sapio (02/09/2009 15.51) n/a

Un mio vecchio pallino per Banche e Confidi: che nel C.Ec. l'accantonamento per perdite sia subito dopo il costo della provvista (a formare, in minuendo, il margine di interesse) e non sprofondato giù fra i costi generali.

Luca (02/09/2009 16.27)

Sono d'accordo. Il problema delle rettifiche è che entrano ed escono da tutte le parti, non è banale isolare la parte che va a coprire le perdite attese su esposizioni in bonis dalle rettifiche su posizioni già deteriorate.

Oracolo (02/09/2009 17.03) n/a

Il problema è che solo ora i confidi si stanno rendendo conto dei costi indotti dalla trasformazione in soggetto vigilato, in termini sia di persone improduttive per le funzioni di controllo che di costo per i sistemi informativi, e sono spaventati dall'idea di dover ribaltare tali costi sulla clientela, visto che già adesso vendono a tariffe non molto remunerative.

Tali costi di struttura mal si conciliano con le dimensioni stabilite per l'obbligo di trasformazione in 107. Inoltre non mi risulta che l'impianto normativo delle segnalazioni di un 107 sia stato particolarmente semplificato rispetto a quello di una banca tipo unicredit. Per cui 'sti poveri confidi come faranno a starci dietro?

Sarebbe bello se le federazioni nazionali si fossero trasformate in fornitori di servizi, standardizzando le logiche di processo, ma come osserva Luca, la strada che hanno intrapreso è diversa, e non so se sia la più economica per i confidi.

Prevedo grandi aggregazioni, per avere economie di scala sulle funzioni improduttive, e grandi disgregazioni, per stare sotto il limite dei 107. Senza offesa per gli amici buddisti, ma la via di mezzo questa volta sembra non funzionare.

Oracolo (02/09/2009 17.15) n/a

Una domanda: supponendo di esternalizzare in outsourcing:

1) le funzioni di controllo (internal audit, risk management, compliance)

2) il sistema informativo le segnalazioni di vigilanza e le comunicazioni alla centrale rischi.

e

3) di computare a parte i costi di startup (riorganizzazione, piano industriale, formazione delle persone)

Qualcuno ha idea dei costi annui che un confidi 107 si senta chiedere per i punti 1 e 2?

Cristiano (02/09/2009 17.20)

Condivido pienamente le preoccupazioni/considerazioni del Prof. Arzarello, soprattutto ai punti 1 e 2:

1) mentre l'utilità di accedere alla Ce.ri. è indiscussa, ancora non vedo che valore aggiunto può dare un confidi nelle segnalazioni al sistema.

2) io mi aspettavo, e sarebbe stato opportuno, che B.I. (anche alla luce delle esperienze dei soggetti già ammessi al 107) desse degli standard precisi sui dati di bilancio IAS, sulle valutazioni connesse, incrociate con le segnalazioni di vigilanza;così facendo B.I. si sarebbe trovata con dati abbastanza omogenei da capire e valutare: invece mi sembra che ognuno faccia o abbia fatto percorsi individuali (con interpretazioni proprie )e con rappresentazioni e risultati finali diversi.

Luca (02/09/2009 17.23)

Condivido la rappresentazione, molto sensata, fatta da Oracolo. Segnalo però che la complessità e il costo delle funzioni "improduttive" non è una variabile esogena, e che l'incidenza sul prezzo della garanzia non dipende solo dalle dimensioni. Le normative sono le stesse, ma la loro applicazione è diversa in funzione delle dimensioni e della complessità dell'intermediario (vale il principio generale di gradualità, inoltre si può espellere la complessità inutile, ad esempio andando sul metodo standard semplificato per il rischio credito, evitando di avere portafogli per negoziazione, dichiarando di non assumere rischio di cambio, etc.).

Per controllare i costi, i confidi devono prendere in mano, da soli o consorziati, la macchina produttiva di queste funzioni di supporto e di controllo. Ribadisco, guardate all'esperienza delle piccole banche, BCC e non. Cinque anni fa si davano per spacciate, oggi ci sono ancora e molte hanno un cost-to-income più basso dei gruppi maggiori, grazie all'outsourcing, alla parsimonia e al buon senso.

Ultimo dettaglio: vedo che in molti confidi molte lavorazioni (pratiche di fido, riscontri contabili con banche, etc.) sono ancora MANUALI! Forse c'è spazio per automatizzare e magari diventare 107-compliant con meno costi.

Luca (02/09/2009 17.45)

Cristiano:

*su CeRi, stiamo parlando di informazioni che è laborioso trasmettere mensilmente a Banca d'Italia; ma il confidi di queste informazioni non può fare a meno per le segnalazioni trimestrali e per i suoi processi di controllo interno; se ne lascia la gestione alle banche, deve comunque farsele dare. Io preferirei un assetto nel quale magari si lavora di più, ma si hanno i dati sotto controllo. teniamo poi conto che i confidi potrebbero avere esposizioni non convenzionate presso banche (che so, prestiti per cassa, o garanzie su appalti), queste non le segnalerebbe nessuno come garanzie ricevute.

*su IAS, Banca d'Italia non impone gli schemi, ma integra le pratiche di settore con le esigenze dettate dai principi contabili e dalle esigenze di vigilanza; i confidi sono intermediari del tutto nuovi, sugli schemi di bilancio occorre lavorare insieme, basta coordinarsi (guardiamo all'esperienza bancaria del PUMA2, che è un progetto interbancario); formalmente si può utilizzare il processo di consultazione con Banca d'Italia sulle versioni draft.

I confidi che sui problemi nuovi chiudono le questioni con "Dovete dircelo voi!" si illudono di poter guidare un auto dal sedile posteriore.

Pierpaolo Arzarello (02/09/2009 22.26)

Provo a rispondere ad Oracolo.

Da quanto ho potuto vedere il costo annuo tra sistema informativo adeguato e vigilanza per un confidi dovrebbe aggirarsi intorno ai 250 mila euro.

Per i confidi appena sopra soglia non esiste altra possibilità che esternalizzare.

Il problema a questo punto è trovare un buon fornitore di servizi che conosca bene il mondo dei confidi (difficilissimo) e non chieda cifre "imbarazzanti"...

Oracolo (03/09/2009 09.24) n/a

Grazie Pierpaolo, concordo.

Io ho visto un business plan di qualcuno che pensava di offrire quel genere di servizi in outsourcing ed il punto di equilibrio era sull'ordine di grandezza di quanto da te riferito.

E' anche se dai tutto in outsourcing hai bisogno poi di qualche referente interno...

Mi risulta però che un confidi non vigilato, che non spende per vigilanza, e che ha solo un sistema informativo non sottoposto a regole esterne, sia abituato a spendere un decimo di quella cifra, per canoni.

Per questo li vedo un po' traumatizzati.

Oracolo (03/09/2009 09.45) n/a

Luca,

>Per controllare i costi, i confidi devono prendere in mano,

> da soli o consorziati, la macchina produttiva di queste funzioni di supporto e di controllo.

ho ben presente il modello delle BCC trentine, e ammiro il buon senso e la pragmaticità dimostrata.

I confidi mi sembrano però tante piccole parrocchie, innamorate della loro maniera di far le cose, piuttosto che della sostanza. Anche il più piccolo dei confidi cerca soluzioni "boutique" anche se non ha le risorse per sostenerle.

Chi (quale istituzione) avrà la forza di imporre una maniera comune di svolgere la pratica di fido?

Se non ci si mette d'accordo col buon senso, poi la selezione la fa il mercato, con criteri "dimensionali", con aggregazioni continue di piccoli confidi da parte dei confidi più grossi "vincenti" che in qualche modo han superato la fase iniziale critica.

Sapio (03/09/2009 09.53) n/a

Vorrei il parere della comunità su questo argomento: convenienza di una banca a partecipare ad un Confidi che poi farà operazioni con la banca partecipante. E' un'opzione economicamente valida? Ha senso per una banca garantire se stessa tramite una sua partecipata?

Luca (03/09/2009 10.31)

Oracolo si domanda: "Chi (quale istituzione) avrà la forza di imporre una maniera comune di svolgere la pratica di fido?" Risposta ovvia "La Banca d'Italia" che però non impone una maniera comune, ma verifica requisiti organizzativi adeguati. Le soluzioni di boutique si devono misurare anche sul rispetto di questi requisiti. Questo vale ovviamente per chi è o sarà 107.

Riguado ai costi dell'outsourcing dell'IT, quello che pesa non sono tanto le tariffe base per anno, quanto i costi di avvio, le interfacce con l'esistente (che spesso si deve tenere perché la nuova soluzione non fa ancora tutto), le personalizzazioni, le varie ed eventuali. Per questo auspico una capacità interna di seguire il progetto, per capire quando è meglio dar fuori e quando invece fare in casa, attrezzandosi ovviamente per saperlo fare. Lo stesso può valere, mutatis mutandis, per la consulenza sui controlli interni.

Sapio: la banca (dico cose note) può sponsorizzare il confidi come ente sostenitore, non diventarne socio. Potrebbe far nascere delle finanziarie o banche di garanzia non mutualistiche. Penso che la risposta alla tua domanda (conviene?) dipenda dalla possibilità di acquisire risorse pubbliche. E un punto di appoggio esterno per "articolare" il pricing e l'impatto economico dei default può tornare utile.

Sapio (03/09/2009 11.21) n/a

Luca: pensa ad Eurofidi, confidi partecipato da banche per il 31%. Lavora anche "a mercato", cioè senza distribuire aiuti pubblici.

Luca (03/09/2009 11.43)

Allora forse (forse) vale il secondo motivo (vantaggi dell'articolare). Le risorse pubbliche peraltro ci sono anche loro, e non sono irrilevanti rispetto allo sviluppo dell'operatività "a mercato".

Sapio (03/09/2009 11.54) n/a

Luca: se il confidi lavora "a mercato", una banca vi partecipi allo scopo di farsi appoggiare pro-quota il lavoro, in pratica, garantisce se stessa. Se il confidi distribuisce aiuti (pubblici) in forma di garanzia, allora la banca partecipa ad una società di servizi.

Sapio (03/09/2009 11.56) n/a

Correggo: la banca che vi partecipi......

Luca (03/09/2009 12.36)

Sapio, un amico direttore di banca mi diceva che le case automobilistiche, quando hanno i piazzali pieni, vendono vetture a concessionari esteri che finanziano loro stesse. E' azzardato leggere nel caso che fai dinamiche analoghe?

Sapio (03/09/2009 12.59) n/a

Lo vidi fare ad una soc.tà di elettronica. Vendeva ad una controllata estera ciò che era invendibile in Italia e migliorava il bilancio italiano. Tanto chi andava a fare il consolidato con un bilancio di Singapore.

Nell'analogia che fai tu i concessionari sono indipendenti o partecipati? Nel primo caso è una vendita spintanea ma quasi regolare, nel secondo no. Cioè la realtà prima o poi si manifesta in forme spiacevoli (l'importante che si manifesti sotto altri manager).

Detto ciò l'analogia si ferma qui. Dietro scelte economicamente insensate c'è solo l'ignoranza, non il desiderio di truccare il bilancio.

Pierpaolo Arzarello (03/09/2009 14.05)

Condivido le posizioni del Prof. Erzegovesi: i costi si abbattono solo facendo squadra ed abbiamo visto più volte che i confidi amano l'individualità. Quanti confidi 106 hanno ancora un sistema informativo autoprodotto? Alla fine ritengono di risparmiare ma spendono il doppio...

Per l'ingresso delle banche nei confidi personalmente sono molto scettico... ritengo che ogni soggetto debba concentrarsi su quello che sa fare e cercare di perseguire il proprio oggetto sociale. I confidi nascono con scopo mutualistico e con la finalità di agevolare l'accesso al credito delle pmi... non mi sembrano le stesse finalità di una banca. Forse sono rimasto indietro e la storia mi sta passando davanti agli occhi... Posso solo aggiungere che secondo me confidi 107 ben strutturati ed organizzati, con una corretta politica di pricing, possono ancora vivere di sola garanzia mutualistica ed aiutare concretamente le imprese socie.

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