Multiaffidamento, una trappola o una risorsa?
Tue 14 Jul 2009, 10.37 Stampa
Da un articolo di Tito Boeri, "
Il credito senza cultura", uscito oggi su Repubblica
Bene anche sviluppare istituti come il multiaffidamento che, come messo in luce da Fabiano Schivardi su lavoce.info, potrebbe evitare che le piccole imprese si vedano chiudere i rubinetti del credito contemporaneamente da tutte le banche (mediamente sono 5 per ogni piccola impresa) presso cui prendono a prestito.
Secondo l'opinione corrente, e specialmente oggi con i modelli automatici di scoring andamentale, quando una banca revoca un'impresa multiaffidata è probabile che le altre seguano a ruota (il classico gioco del cerino acceso). Il citato
articolo di Schivardi, la vede diversamente (cito)
È anche possibile che un’impresa multiaffidata incontri minori difficoltà a sopperire alla chiusura di una linea di credito ottenendo credito addizionale da una delle banche di cui è già cliente. [...] È possibile che le grandi banche siano più interessate dal multiaffidamento, mente le piccole a vocazione locale tendono di più a essere il prestatore principale di imprese locali. Se è così, è necessario pensare a politiche che contrastino la tendenza. [...] Forme di coordinamento fra le banche creditrici sono quindi possibili e potrebbero evitare il firm run. Potrebbero anche rendere più facile ristrutturare il debito dell’impresa, evitando comportamenti opportunistici da parte di singole banche. Episodi di questo tipo sono numerosi e hanno portato a buoni risultati. Il caso più noto è quello della ristrutturazione del debito Fiat da parte di un pool di banche, che ha permesso all’impresa di rilanciarsi. Estendere su larga scala questo metodo è complicato, perché richiede il coordinamento delle scelte creditizie rispetto a migliaia di imprese.
Un messaggio interessante: banche, trattate il piccolo negoziante o il terzista come la Fiat, si tratta soltanto di trovare modi efficienti di "coordinare le scelte creditizie rispetto a migliaia di imprese". Una visione molto alta del problema: chi dobbiamo chiamare, un bravo esperto di teoria dei contratti?
E ancora Boeri, chiudendo il suo
articolo, afferma che cose del genere non si fanno per una mancanza di cultura:
Ci vogliono banche che, invece di fornire credito a prezzi stracciati ai soliti noti, imparino a selezionare i progetti imprenditoriali, sapendo valutare le potenzialità che ci sono in molte piccole imprese.
Non sono argomenti su cui intendo scherzare, accetto una sfida di questo tipo. Ma ci rendiamo conto del lavoro immane che c'è da fare, a livello di cultura (d'accordo), di strumenti giuridici e finanziari, di procedure, di impegno sul caso specifico, per gestire le crisi aziendali in maniera coraggiosa e collaborativa? Occorre sporcarsi le mani, e avere buoni motivi per farlo. Il resto sono discorsi.
Luca