Il pensiero di Tremonti sulla crisi in un articolo
Sun 15 Feb 2009, 03:56 PM Stampa
Il Corriere del 12 febbraio ha pubblicato un articolo del Ministro Tremonti "
Patologie del mercato e piano di Obama". Sarà pubblicato su
Italianieuropei, la rivista diretta da Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Il pezzo mi era sfuggito, e me l'ha opportunamente segnalato Dario Boilini. Ci trovate gli spunti portati dallo stesso Ministro al G-7 di questi giorni, primo fra tutti la priorità del
legal standard, ovvero della drastica limitazione delle zone franche cui si sono approdati i portafogli di trading con gli hedge fund e le partecipazioni di controllo con i fondi di private equity, facendo shopping tra paradisi fiscali e giurisdizioni compiacenti. Tremonti, prima di entrare in politica, ha seguito questi sviluppi da professore e avvocato tributarista. Ha quindi visto le cose come andavano, e non come venivano ingenuamente dipinte dai retori dei mercati finanziari completi (per lo più economisti persi per la matematica e indifferenti alla storia).
Cito dall'articolo due metafore:
Il capitalismo, e dentro il capitalismo lo strumento principe della società per azioni, si basano tra l'altro sul criterio della partita doppia. E questo è, come dire, un tributo che va pagato a un antico francescano, a fra' Luca Pacioli. Il criterio della partita doppia si organizza fondamentalmente e essenzialmente sulla distinzione tra conto patrimoniale e conto economico. Non esiste l'uno senza l'altro e non esiste l'altro senza l'uno. Diversamente, l'ultimo capitalismo si è liberato dal vincolo della partita doppia. Si è spostato solo sul conto economico, abbandonando la base del conto patrimoniale. Questo non è stato solo un passaggio contabile, è stato soprattutto un passaggio politico e morale. Il conto patrimoniale è infatti il mondo dei valori. Il conto economico è invece il mondo dei prezzi. Il conto patrimoniale è un mondo in cui vedi la struttura, la storia, l'origine, il presente e il futuro di una società, e anche la sua missione industriale e morale. Il conto economico è invece un'altra cosa. Se tutto il capitalismo vira sul conto economico e cessa di essere orientato nella logica della lunga durata, come è invece tipico e proprio del conto patrimoniale, se diventa corto e breve, perché così è la logica del conto economico, se non conta più la durata della società, ma l'anno sociale, questo a sua volta diviso in semestri, in trimestri, in fixing giornalieri, allora è chiaro che quasi tutto cambia.
[...]
Se il male è il debito — un eccesso di debito — la cura non è data da altro debito addizionale, privato o pubblico che sia. Salvare tutto è missione divina. Se si pensa di salvare tutto, con l'ultima istanza dei governi, con i debiti pubblici, finisce che non si salva niente e si perdono alla fine anche i bilanci pubblici.
Salvare il possibile è invece missione politica. La forma di pensiero da applicare in questa prospettiva è nuovissima e, anzi, vecchissima, è insieme secolare e sapienziale. È quella biblica: sabbatica o giubilare. E consiste nel separare il bene dal male. Salvare le famiglie, le industrie, la parte delle banche autenticamente funzionale per lo sviluppo. Separare il resto, immettendolo in veicoli ad hoc, stabilire una moratoria di tassi e di tempi, sterilizzare i relativi valori nei bilanci. Il nome tecnico può cambiare: bad bank o chapter 11, ma la sostanza è la stessa, chiusa in una formula di radicale separazione del bene dal male, del funzionale dallo speculativo. Il futuro non può in ogni caso essere il seguito o la proiezione del passato. I secoli passati sono stati, nelle relazioni economiche internazionali, soprattutto i secoli del gold standard. Il nuovo secolo deve, può essere il secolo del legal standard. Fatto da regole non limitate alla finanza, ma estese alla struttura sostanziale del capitalismo, come è degenerata negli ultimi anni. Senza nuove regole il superamento di questa crisi, fatto con i vari piani di salvataggio o con la bad bank, sarebbe infatti solo la preparazione della nuova.
I commenti italiani non sfigurano per niente nel forum globale sulla crisi, anzi (oltre ai politici, anche gli accademici, come
Zingales). Siamo un paese di gente sveglia, aborriamo le affermazioni di principio che girano intorno alla questione, andiamo a prendere il toro per le corna. Abbiamo una missione storica in questa crisi. Ragionando, proponendo, ma soprattutto mostrando i passi da fare, piccoli e concreti.
Luca