Italiani, attenti: Taleb ci vede male (forse)

Fri 6 Feb 2009, 06:43 AM Stampa

Ad una cena al World Economic Forum di Davos (vedi pezzo sul New York Times), c'erano diversi tra i profeti della crisi, oggi trattati come saggi venerabili: Niall Ferguson, storico, autore del libro “The Ascent of Money: A Financial History of the World”; Nouriel Roubini, noto come Dr. Doom (lui stesso si presenta così); Nassim N. Taleb, autore del libro “The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable”; Robert Engle, professore di econometria alla New York University e padre dei modelli GARCH, e Daniel Kahneman,psicologo e padre, tra le altre cose, della finanza comportamentale (e anche premio Nobel per l'economia!). Hanno offerto tutti previsioni cupe sull'economia globale. Nassim Taleb si è poi lasciato andare durante la cena sul fallimento di Lehman. ‘I Was Happy Lehman Went Bust’ pare abbia detto, aggiungendo che alla notizia era short sul titolo, e ci ha pure tratto profitto. Ha soggiunto “I hate traders” spiegando che il business dei derivati è tutto e soltanto nel trovare modi per approfittarsi dei clienti.
Di Taleb voglio però raccomandarvi un intervento più ricco e thought provoking. E' un intervista di Bloomberg (qui il video). Taleb parla della Russia e dice che il recente downgrading non dice nulla (non prende sul serio le agenzie di rating), la Russia è un paese solido, robust, meglio attrezzato contro la crisi di molti paesi occidentali, anche grazie al suo regime autocratico che garantisce sicurezza e alla quasi assenza di una classe media che rischia l'impoverimento e può alimentare conflitti sociali. Che il baricentro economico, lo diceva già nel '98, sta spostandosi da New York - Londra - Berlino a Dubai - Mumbay - Shangai. Che le economie emergenti verranno fuori meglio perché non sono governate da economisti che hanno studiato negli USA il Dynamic stochastic general equilibrium, ma sanno di storia e development economics (è per questo che Roubini ha previsto la crisi, Bernanke no). Che la crisi porterà ad uno sviluppo più moderato, infrastruttura finanziaria più semplice e "ridondante". Più liquidità, meno leva. I servizi bancari di base, legati alla moneta e ai pagamenti, dovrebbero diventare servizi di pubblica utilità, e nazionalizzati. La finanza che assume rischi dovrebbe stare in un campo nettamente separato.
Dà anche la lista dei paesi più fragili: gli USA (New York e California per primi), il Regno Unito, la Spagna, l'Irlanda e (pausa di 1,5 secondi) l'Italia. Perché? siamo quelli che rischiano di impoverirsi di più, per motivi diversi. Mi ha messo preoccupazione, ma ho letto molte cose nell'esitazione a dire "Italy" alla fine dell'elenco. Il nostro paese può ancora sbloccarsi e togliersi dal piano inclinato. Ma ci vorrebbe una miracolosa conversione di popolo.
Ma ascoltate l'intervista se volete farvelo spiegare in modo più convincente.

Luca
PS 7/2 Del sopracitato Niall Ferguson il Corriere pubblica oggi un articolo di cui trovate su FT.com la versione inglese, e qui una più estesa.

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