Nuovi schemi di credito+garanzia: obiettivo trasparenza
Sat 16 Jun 2007, 10.55 Stampa
Oggi ho fatto il punto sui vari progetti o tavoli di lavoro su confidi e sistemi di garanzia ai quali partecipo. Sono davvero numerosi, e questa settimana se ne sono aggiunti due nuovi, molto interessanti, dei quali non posso ancora raccontare. Da questo osservatorio, ho tratto alcune considerazioni che vorrei discutere con voi, gentili visitatori.
Su tutti i tavoli, il cambiamento sta al centro dell'attenzione. Nessuno contesta la necessità di innovare rispetto all'esistente. Il difficile comincia quando si mettono a punto e si discutono le ipotesi di cambiamento. E' ovvio che i diversi interlocutori hanno priorità e preoccupazioni diverse, e questo solleva ostacoli di vario genere. Ma il problema vero, per come lo percepisco, è un altro: non sono chiari gli obiettivi comuni, e quindi i criteri con cui pensare e confrontare le possibili soluzioni.
Ci sono due punti in particolare che meriterebbero di essere analizzati esplicitamente e accuratamente: (a) l'impatto in termini di volumi e (b) il costo delle filiere di credito+garanzia.
(a) I confidi hanno la missione di far accedere al credito imprese che altrimenti sarebbero razionate dalle banche. Riescono ad adempiere questa missione con efficacia? Difficile rispondere senza una stima di due
gap di domanda di finanziamenti, quello che senza il loro intervento non sarebbe soddisfatto, e quello che rimane da soddisfare dopo il loro intervento. Su questo punto c'è grande disparità di opinioni.
(b) Una filiera di credito+garanzia impatta sul costo finale del credito per l'impresa. Questo costo ha una struttura composita, fatta di componenti evidenti (il tasso pagato alla banca, la commissione di garanzia), di altre componenti meno visibili (le commissioni di istruttoria, altre spese di pratica, depositi cauzionali individuali o collettivi, anche questi talora duplicati tra banca e confidi) e di componenti indirette (il costo degli altri servizi bancari di cui fruisce l'impresa). Anche limitandosi alle sole componenti dirette, non è facile arrivare ad una misura chiara e confrontabile. Ci sarebbe bisogno di una misura di questo genere, una sorta di TAEG di filiera, espresso come spread annualizzato sul tasso di provvista a rischio zero (l'Euribor o il tasso swap). Una struttura è efficiente se riesce ad offrire credito chirografario per una data forma tecnica e classe di rating ad un
TAEG filiera più basso del
TAEG banca di mercato. Chi conosce il TAEG filera? Io non l'ho mai visto esplicitare. Il paradosso è che spesso l'intervento dell'ente di garanzia rende più opaco il tasso "finale" per l'azienda.
Chiaramente i due aspetti, impatto e costo, sono interconnessi. Uno schema di garanzia può erogare credito per importi limitati a condizioni molto vantaggiose, ad esempio applicando moltiplicatori bassi, o selezionando soltanto imprese di buona qualità. Peraltro con dimensioni limitate i costi amministrativi incidono di più e si mangiano una buona parte dei benefici dell'attenuazione del rischio, che tra l'altro non è ottimizzata su portafogli di dimensioni ridotte. Quel che si ottiene, nel migliore dei casi, è un'offerta contingentata di credito garantito a prezzo politico. Una larga parte della domanda rimane insoddisfatta, e si rivolge al credito garantito a prezzi di mercato o al credito non garantito. Se non esistesse questa domanda insoddisfatta, non avremmo assistito allo sviluppo impetuoso dei mega-confidi inter-regionali, che non lavorano certo a prezzi politici. Qual è alla fine il costo del debito per le piccole e medie imprese sulle varie componenti di offerta?
I modelli di misurazione del gap di domanda e del TAEG di filiera sono tutt'altro che banali, ma sono necessari per non navigare a vista. Penso che dovrò rimettere mano a carta, matita e modelli Quantrix per capirne di più.
Luca