Domenica a San Marino per parlare di fondazioni bancarie

Mon 7 May 2007, 04.11 Stampa

Ieri ho parlato all'Assemblea dei soci dell'Ente della Cassa di Faetano. Collaboro con questa Fondazione sanmarinese da qualche mese (ne accennavo qui). L'Ente nasce nel 2001 dalla Banca di San Marino scrl (già Cassa rurale di Faetano) a seguito del conferimento dell'azienda bancaria nella Banca di San Marino spa, avvalendosi di una legge sammarinese che si ispirava a principi simili della "nostra" legge Amato del 1990. E' un caso speciale di fondazione di origine bancaria, che origina da una banca cooperativa e non da una Cassa di risparmio - ente morale. Particolare è anche la governance: il CdA rappresenta la base sociale dell'ex cassa rurale, quindi operatori economici della Repubblica del Titano. L'ente detiene il 90% circa della Banca. Il suo presidente, Fabio Gasperoni, mi ha chiesto di intervenire all'Assemblea per parlare delle Fondazioni bancarie italiane, e delle possibili indicazioni per le strategie dell'Ente.
Il CdA dell'Ente Cassa di Faetano vuole preservare l'identità storica della sua banca, prendendo le distanze da un modello di banca offshore sotto casa. Negli ultimi anni a San Marino sono nate circa 10 nuove banche, e molte di queste vivono delle finestre di arbitraggio normativo e fiscale rispetto all'Italia, o (peggio ancora) di transazioni sospette. La Banca di San Marino nasce invece come banca del territorio, una vocazione che l'Ente vuole custodire.
Preparando l'intervento ho avuto l'occasione di tornare a interessarmi delle 88 Fondazioni di origine bancaria. Non tutti sanno che, accanto alle grandi fondazioni del nord (ex Cariplo, San Paolo, Verona, Torino) che sono nell'azionariato dei due maggiori gruppi bancari (Intesa-San Paolo e Unicredito), operano circa 15 Fondazioni locali che ancora detengono il controllo di ex-Casse di risparmio regionali (ad esempio la Tercas di Teramo o la Sparkasse di Bolzano). La legge Ciampi (N.461/1998) aveva imposto alla Fondazioni la riduzione delle interessenze nella banche "conferitarie" sotto il 50%. Nel 2003, tramite il DLgs n. 143, quest'obbligo è stato eliminato limitatamente alle Fondazioni con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro oppure operanti in regioni a statuto speciale (leggi Sparkasse).
A fine 2005, si è avuto un altro tentativo di ridimensionare i poteri amministrativi delle fondazioni: con la legge n. 262/05 sulla "Tutela del Risparmio", si introduceva la sterilizzazione del diritto di voto sulla quota di partecipazione eccedente il 30%, con l'esclusione del caso appena citato delle Fondazioni "minori". Questa discriminazione rispetto agli altri azionisti delle banche è stata poi revocata dal DLgs n. 303/2006.
Il modello di governance bancaria imperniato sulle fondazioni è peculiare, ma anche robusto. E' servito a tenere a distanza di sicurezza le ingerenze della politica, dando priorità a una mission (solo in apparenza più debole) di natura non profit, garantita da CdA espressi dalla società civile. Per poter finanziare le loro iniziative nel campo dell'arte, della cultura, della ricerca, della promozione dello sviluppo sociale ed economico, le Fondazioni sono motivate alla buona gestione del loro patrimonio, ivi comprese le partecipazioni nella banche conferitarie.
Trovatemi, in Italia, un azionariato migliore (si intende azionisti coi soldi, quelli veri ...).

Luca

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