Cartolarizzazione dei prestiti alle PMI: mono- o multi-originator?

Wed 14 Jun 2006, 07.10 Stampa

Nei progetti che sto seguendo su confidi e garanzie pubbliche, tra le possibili soluzioni, si guarda con interesse alla cartolarizzazione dei prestiti alle PMI nelle sue tre versioni: tradizionale (vendita dei prestiti a una società veicolo che emette titoli di diversa seniority); sintetica (acquisto di protezione sui prestiti, di solito con un credit default swap, ed emissione di titoli credit-linked di diversa seniority che incorporano le tranche "basse" del contratto di protezione, più un'eventuale copertura del rischio senior con un bank CDS), e virtuale, o tranched cover (garanzia dei rischi di prima perdita su un pool, e calcolo del rating del rischio residuo che non viene trasferito ma solo sottoposto a rating esterno o interno).
L'impianto di valutazione nei tre casi è simile, e si basa sui modelli di rating delle strutture di tranching, che hanno rischio legato alla distribuzione delle perdite del pool sottostante che, come un budino, viene fatto a fette e ripartito tra i portatori delle tranche: chi sottoscrive la tranche junior di first loss di prende la fetta alta e centrale intorno alle perdite attese, chi assume i rischi mezzanine ha le fette a destra via via meno alte e più larghe, chi copre il rischio senior si prende la coda. Le fette vengono tagliate e servite man mano che le perdite si producono, anche se i meccanismi sono complessi perché le operazioni durano diversi anni e prevedono la distribuzione di interessi e i rimborsi secondo un ordine di priorità dei pagamenti (waterfall)che può tutelare con varia forza i diritti senior. Quando junior ha mangiato tutta la sua razione, si passa a servire mezzanine 1, poi mezzanine 2, ecc. Senior assiste allo spettacolo e sta tranquillo, perché sa che la sua fettina bassa e schiacciata gli arriverà soltanto in uno scenario catastrofico. Naturalmente a nessuno piace il sapore del budino quando la fetta viene servita.
Il cuore del modello è la distribuzione delle perdite previste. Questa è più stabile quando il portafoglio è ampio e frazionato (legge dei grandi numeri) e ben diversificato per settori, e i settori non sono troppo ciclici. In questo modo la dispersione delle perdite si contiene e si stima meglio, quindi si possono fisssare in modo robusto le percentuali di subordinazione (gli importi delle tranche subsenior) che rendono l'esposizione senior una vera tripla A.
Ne deriva che la tecnica si presta tanto meglio quanto più ampio e diversificato è il portafoglio. Se quest'ultimo proviene da una sola banca originator, è meno facile avere grossi numeri, solo una grande banca ci riesce. La tecnica diventa accessibile alle banche medio-piccole nel caso multi-originator. Qui però sorgono altri problemi di fiducia e moral hazard: ogni partecipante vuole assicurarsi che i suoi partner non mettano nel pool comune le peggiori schifezze che in breve tempo vadano a mangiarsi la tranche equity, squalificando l'intera operazione. Per scoraggiare questi comportamenti, si possono applicare dei meccanismi dinamici che penalizzino i partecipanti che mettono sub-pool con perdite ex post molto maggiori di quelle attese, ma in questo modo l'efficacia della garanzia, che deve essere incondizionata, va a farsi benedire. In alternativa, si può prevedere una segmentazione delle tranche emesse per sub-pool: come un'annata di vino imbottigliata per cru, il venditore di protezione compra tranche di rischio doc, quello originato dalla banca X piuttosto che dalla banca Y, o Z. In questo modo però perdiamo i benefici della dimensione e diversificazione del portafoglio: se la % di tranche junior è il 4%, è molto più probabile che venga superata dalle perdite su un sub-pool di 10 milioni di euro che sull'intero pool di 100 milioni, quindi occorre una percentuale di subordinazione più alta per arrivare a tranche senior tripla A.
Il rimedio è uno solo (oltre alla correttezza): occorre una valutazione indipendente, omogenea, competente e informata del rating sulle singole posizioni, opponibile a quella dell'originator. E' per questo che nei programmi di questo genere che coinvolgano confidi o agenzie pubbliche deve essere presente un livello di gestione diretta delle relazioni con le imprese beneficiarie, che si può ottenere legando l'intervento garanzia ad un servizio di consulenza finanziaria continuativa (sì, proprio quello, il business office).
Quindi occorrono investimenti formidabili sull'infrastruttura, sia sulla rete di assistenza alle PMI, sia sulla filiera di trasferimento del rischio. Sarebbe bene che regioni e confidi si consorziassero a livello nazionale (almeno) per portare avanti un disegno comune. E' un'idea che sto avanzando con discrezione nei progetti a cui collaboro, contro la tentazione di rivendere 10 volte la stessa soluzione parziale.

Luca

Commenti precedenti:


Alfredo L.C. (11/07/2006 17.04)

Gentile Prof. Erzegovesi

ho scoperto da qualche giorno il blog e il progetto di ricerca che sta coordinando.

Complimenti per la modalità, la evidente passione per la materia ed un grande in bocca al lupo per gli ambiziosi obiettivi che si è posto.

Con altrettanta passione mi leggerò il materiale che il suo gruppo sta producendo e produrr■, ma al momento vorrei fare una breve riflessione su uno degli argomenti di recente affrontati nel blog (cartolarizzazione prestiti pmi).

Mi occupo da ca. 10 anni per una banca italiana di finanza per le pmi (gestore corporate) e analisi rischi finanziari (financial risk management).

Da qualche anno inoltre come consulente mi occupo di cf outsourcing (risk management e analisi finanziaria) e cf advisoring (ristrutturazione finanziaria e pianificazione strategica).

Con la duplice ottica ho lavorato alla strutturazione di un bond multidistretto e vi riporto alcune riflessioni maturate dalla specifica esperienza.

La massa critica (almeno 200/250 mln €), la granularità e la distribuzione geo/settoriale degli impieghi è di fondamentale importanza per l'ottenimento di condizioni di mercato realmente vantaggiose

Le criticità del multi-originator esistono (fiducia) ma sono facilmente superabili con i meccanismi dinamici. Sono inoltre decisamente attenuabili in caso di nuove origination.

La segmentazione delle tranche per sub-pool è efficace ma decisamente costosa.

Il modello del business office è sicuramente affascinante ed assolutamente valido ma se comprendo bene (la lettura estiva mi aiuterà senz'altro!) presta il fianco a mio avviso a due importanti criticità:

per raggiungere volumi elevati di impieghi occorre una diffusione massiva con lunghi tempi di gestazione

i costi di diffusione e prima strutturazione dell'operazione sarebbero abbastanza rilevanti e recuperabili solo se si pianifica un programma di emissioni

Infine una breve considerazione. Uno strumento del genere deve a mio avviso offrire alle pmi una ulteriore porta di accesso verso capitali a buon prezzo e possibilmente senza garanzie aggiuntive, anzi deve liberarne alcune. Non deve offrire (solo) alle banche l'opportunità di cedere loan, magari non eccezionali. Quindi combinando nuovi impieghi finalizzati (investimenti, capitalizzazione, ecc..) e standardizzati (qui interviene il modello di analisi condiviso con chi dovrà dare il rating all'emissione) con strumenti di garanzia integrati (confidi di I e II livello) rafforzati da agenzie pubbliche (es FEI) si potrebbe raggiungere un primo obiettivo in tempi ragionevoli utile per le banche e imprese medio-piccole.

Buon lavoro

Alfredo L. C.

Luca (12/07/2006 11.57) n/a

Grazie dei commenti, che condivido in pieno, specialmente là dove dice che le soluzioni devono comporre un nuovo sistema di offerta dove siano potenziati i canali di finanziamento, finalizzati e standardizzati, e di garanzia per le Pmi.

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