A tutti gli imprenditori: micro-rimedi contro la crisi
Sat 25 Oct 2008, 12.27 Stampa
E' un sabato mattina di lavoro tranquillo a casa, in mansarda. Due piani sotto, il forno lavora: torta di mele e pane fatto in casa. Avvolto, ma non distratto, dai profumi ho guardato questo
intervento di Nouriel Roubini. 45' serrati sulla crisi. Grande lucidità, ampiezza e profondità di visione, spietato realismo: il peggio è davanti a noi, non già alle spalle. Le Borse possono scendere un altro 30%. I fallimenti delle imprese negli USA (e altrove) avranno un'impennata, un'altra botta per le banche. Rischi di default e crisi valutarie in una ventina di paesi emergenti in Asia, Est Europa, Sudamerica. Un sistema finanziario che sfiora il collasso: perdite e squilibri finanziari che si gonfiano a dismisura, investitori in fuga da rischi di qualsiasi genere, Governi, Banche centrali e Fondo monetario che devono caricarsi di tutto quello che i mercati rigettano. La cappa incombente di una recessione globale che potrebbe durare anni. Consigli? Via da qualsiasi asset rischioso, via dal dollaro (saremo inondati da T-Bonds emessi per pagare il conto dei salvataggi, chi li comprerà?), rimanere su investimenti liquidi e sicuri, leggi titoli di stato a breve e medio termine di paesi non piccoli e politicamente stabili.
Roubini non gioca a fare Nostradamus: il panorama è questo, il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi. Mi chiedo: si può fare qualcosa? O lo possono soltanto i governi? Siamo frastornati dai numeri, il male e i rimedi si pesano a trilioni di dollari o di euro (migliaia di miliardi!), l'ordine di grandezza del PIL di un paese.
In Italia, l'arsenale strategico anti-crisi è sguarnito: un trilione e passa lo abbiamo speso un po' alla volta negli anni ed è già debito dello Stato. E' questa la nostra forza: poter contare soltanto sulle persone. Lo dicevo
due settimane fa, ma ci voglio tornare sopra con qualche riflessione più specifica. Aspettando i macro-rimedi decisi "colà dove si puote", ecco il mio menu di micro-rimedi, per non stare con le mani in mano. Lo sottopongo all'attenzione degli imprenditori italiani:
- intelligenza, nel senso di intelligence, ovvero seguire quello che sta accadendo e cercare di capire, anticipare i problemi, quelli vicini (come la crisi di un distretto produttivo) e quelli lontani (come il default di un paese emergente); e soprattutto quantificare gli impatti; in Italia abbondiamo in materia prima, ma siamo carenti nel prodotto finito;
- valore aggiunto, ovvero il reddito prodotto e ripartito tra lavoratori, creditori, azionisti ed erario; è questa la misura di performance che deve guidare le imprese di questi tempi; basta con i "nuovi paradigmi" della creazione di valore e l'EVA, con questi premi al rischio è negativo, con poche eccezioni; ci si accontenti di far durare un'azienda nel tempo (è già tantissimo); questo patto tra stakeholder può funzionare in un paese, come l'Italia, di imprenditori-lavoratori;
- capitale di rischio, se l'azienda ha le chance per farcela, deve essere ricapitalizzata; non seguite il consiglio di Roubini, o meglio, tenete al sicuro i risparmi per la pensione, ma con il resto finanziate le attività d'impresa (e che la fiscalità aiuti); il capitale serve per consolidare, ristrutturare, innovare; ci vuole coraggio, il ROE per qualche anno non sarà brillante, e un bel po' di capitale andrà a coprire perdite pregresse e future; ma se c'è partita, si deve giocare, ne sarete fieri, meglio che averli messi in un hedge fund; l'alternativa è lasciare questo compito allo Stato, ma non è detto che lo faccia meglio, non ne ha per tutti, e alla fine presenta il conto ai figli e ai nipoti;
- corresponsabilità, ovvero quel che faccio ha un respiro ampio, può costruire un'economia più vitale, un mondo migliore; concretamente vuol dire collaborare (con fornitori, clienti, banche, soci esterni, consulenti, enti pubblici, politici), ognuno attento al suo particolare, ma tutti protesi con la coda dell'occhio verso una possibilità di bene comune; provate a immaginare come potrebbero funzionare meglio le filiere produttive e la financial supply chain usando meglio l'informatica, pagando puntualmente, condividendo equamente i rischi, i profitti e le perdite; e già che ci siamo, buttiamo via le inefficienze e le cose malfatte. Utopia? L'alternativa è la giungla, mors tua, vita mea, peggio di adesso;
- compagnia, abbiamo visto che i soldi si dissolvono, valgono soltanto le persone; vista da soli, la crisi farà paura; meglio trovarsi, ma non per convegni autocelebrativi o declamatori; trovarsi a cena fuori, dieci, venti persone (ristoratori, accoglietele con generosità di cibo, vino e prezzi speciali); raccontarsi quello che sta succedendo, capirne il senso, far presente un bisogno, proporre iniziative; e se c'è tempo, chiudere con un canto di montagna, o napoletano, o di Lucio Battisti; da cosa nasce cosa, non abbiamo idea di quello che può accadere da un incontro semplice, libero, tra persone che hanno a cuore se stessi, che non fuggono dalla realtà.
Bene, queste le mie proposte per il livello micro. Per il livello macro, come tutti, spero nei reggitori degli equilibri geopolitici ed economici, che facciano le cose giuste. Attraversiamo un passaggio epocale. Wall Street come Berlino, muri che cadono e la storia che si rimette in movimento.
Qualunque cosa accada, sarò sempre disponibile per discutere a tavola di micro-rimedi e cantare
Col cifolo del vapore.
Luca